Jorge Franco è uno scrittore colombiano molto noto nel suo paese, ma finora non ancora tradotto in Italia. Esce adesso da Edizioni e/o, “Sparando al cielo”, tradotto niente meno che da Pino Cacucci, uno degli scrittori italiani che più conosce l’America Latina. Si tratta di un romanzo molto originale e non facilmente catalogabile, che mescola con successo una serie di tipologie narrative ben conosciute: la gangster story, il romanzo di formazione, l’epopea del ritorno a casa dell’eroe solitario. Peraltro, con una costruzione dell’intreccio che sovrappone tre periodi temporali tra loro distanti, che poi in qualche modo si collegano tra loro. Insomma, una sorta di originale sperimentazione che mi sembra perfettamente riuscita e che chiude con “El cielo a tiros” (titolo in originale di questo romanzo) una bella trilogia su Medellin, città natale dell’autore, cominciata con “Rosario Tijeras” (un successo enorme in Colombia, tradotto in film e serie tv) e “El mundo afueras”, purtroppo ancora senza traduzione in Italia.

Larry è il figlio di un luogotenente di Pablo Escobar, Libardo, che torna a Medellin per il funerale del padre, i cui resti sono stati ritrovati dopo dodici anni di sparizione. Libardo era stato ucciso nei mesi successivi alla capitolazione di Escobar ad opera di una fazione rivale e il suo tracollo aveva portato con sé tutto il suo clan. Larry era fuggito a Londra da Medellin (anche Franco ha vissuto per anni a Londra), per mettere in discussione il proprio passato, del quale era profondamente insoddisfatto. Scoprirà al suo ritorno, proprio nel giorno della festa nazionale dell’Alborada, una città lacerata e meravigliosa insieme, perennemente condizionata dalla malavita, ma allo stesso tempo anche ricca di fascino e di tradizioni antiche.

In questo Ulisse dei giorni nostri, che torna a Itaca dopo le peregrinazioni della vita, c’è ovviamente il tema classicissimo del ritorno a casa. Un mix di nostalgia, estraniamento, amore e odio (per chi l’avesse visto, mi ha ricordato tantissimo l’ultimo film di Martone, “Nostalgia”). Incapacità di ristabilire i legami familiari, ma insieme attaccamento atavico alle radici. Una “patria” difficile da riconoscere, travolta da una modernità volgare e per questo banale, contro la quale solo il tratto dissacrante dell’ironia (che come diceva Victor Hugo è la fase iniziale della libertà) può affrancare da una millenaria vocazione all’autodistruzione.

In questo romanzo dove il mix tra veri avvenimenti pubblici e vita privata di fantasia si mescolano abilmente (Ellroy docet?), il tratto ironico non manca per nulla, con dialoghi straordinari e una prosa veramente ben scritta (senza dubbio un pezzettino di merito se lo deve prendere Cacucci per la sua traduzione veramente bella), una dolce “ballata” per un Paese dominato dal malaffare, ma generoso e ricco di enormi manifestazioni di affetto.

Altri temi fanno da sfondo al romanzo e sono temi profondi. Il peso della famiglia in una tradizione dove questo istituto assume connotati claustrofobici, il confronto perenne con la morte e la voglia di affrancarsi da una vita che non si è scelto di vivere, ma che piuttosto ci ha scelto, condannandoci a restringere ulteriormente i nostri spazi di libertà. In questo senso, il romanzo di Franco può essere considerato un lungo inno alla forza della libertà. La libertà di infrangere le proprie tradizioni, di affrontare da solo i rischi di un’esistenza di stenti, piuttosto che vivere in famiglia una vita agiata, ma condannata alla prigionia. La libertà che si vorrebbe far apprezzare alla propria terra e alla propria gente, che purtroppo vive una schiavitù inconsapevole, figlia del fatalismo e di una tradizione di obbedienza.

La critica al mondo “moderno” da questo punto di vista è feroce. Un mondo che aumenta il proprio subdolo potere di soggiogarci, con tutte le nuove forme di schiavitù che ci impediscono di vivere una vita “normale”: dalla onnipresente droga, ai social, alla musica diventata sempre più “tribale”, nel senso deteriore del termine. Solo un pertugio si intravede nel buio di questo scenario. La forza travolgente e liberatoria dell’amore, che unisce saldamente gli individui e consegna loro quel piccolo segno di speranza in un mondo diverso, che forse, tutto sommato, può ancora essere possibile.

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Sparando al cielo
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Sparando al cielo
  • Franco, Jorge (Autore)

Articolo protocollato da Giuliano Muzio

Sono un fisico nato nel 1968 che lavora in un centro di ricerca. Fin da piccolo lettore compulsivo di tante cose, con una passione particolare per il giallo, il noir e il poliziesco, che vedo anche al cinema e in tv in serie e film. Quando non lavoro e non leggo mi piace giocare a scacchi e fare attività sportiva. Quando l'età me lo permetteva giocavo a pallanuoto, ora nuoto e cammino in montagna. Vizio più difficile da estirpare: la buona cucina e il buon vino. Sogno nel cassetto un po' egoista: trasmettere ai figli le mie passioni.

Giuliano Muzio ha scritto 125 articoli: