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Tra i tanti libri thriller che escono ogni mese segnaliamo oggi il romanzo di Alessandro Gramegna, Rifiuti Pericolosi.

Solo in apparenza semplice e lineare, la trama di quest’opera si sviluppa attorno alla scoperta di un uomo morto nel Naviglio Grande, un delitto che pone il commissariato di Abbiategrasso di fronte a un caso molto più complesso e sfaccettato di quanto inizialmente immaginato. Il contesto di una crisi economica che ha colpito la zona, soprattutto gli uomini di mezza età, aggiunge un elemento di suspense e realismo al racconto.

A partire da Diana Carbone e Luciano Bosetti, gli agenti incaricati di risolvere il caso, Gramegna dà vita a una serie di personaggi complessi, dai pensieri intricati e dalle emozioni vibranti. Personaggi reali, umani e vicini al lettore, che si muovono all’interno di un intreccio fatto di vite intricate, ciascuna con il proprio passato, i propri pregi e difetti.

Chiaramente, come tutti i gialli che si rispettino, gran parte della storia ruota attorno al cadavere, alla ricostruzione della sua vita, all’individuazione della sua identità: è questo il punto focale emotivo per il lettore, che sente l’urgenza di fare giustizia come se il morto fosse una persona cara.

Ma in Rifiuti Pericolosi Gramegna non si limita a servire al lettore un semplice giallo investigativo. Affronta infatti temi importanti come la crisi economica, le difficoltà lavorative e gli ostacoli sentimentali, mostrando come non solo la vita non si fermi neanche davanti a una tragedia, ma anche come sia difficile per chi resta affrontare un lutto e accettare che la vita non sarà più come prima.

Se la trama vi incuriosisce, qui un estratto:

Prologo

Attraverso le fessure delle persiane, la luce del mattino iniziò ad illuminare la sua stanza. Con un lungo sbadiglio e una vigorosa stirata di braccia, Diana si alzò dal letto e staccò l’allarme della sveglia, che avrebbe suonato cinque minuti dopo. Non le capitava da diversi giorni di dormire così bene e sentirsi tanto riposata il lunedì: la decisione di rincasare presto la sera precedente le aveva permesso di terminare con la giusta calma le rimanenti attività di quella Domenica Delle Palme, così da potersi addormentare con tranquillità e affrontare al meglio la nuova settimana.

Andò subito in bagno a lavarsi per poi ritornare in camera a vestirsi con un paio di jeans e un maglioncino verde. Un leggero tocco di trucco, che evidenziava ancor di più la bellezza mediterranea del viso, al volo le scarpe da tennis e poi pronta per uscire: destinazione Piazza Ducale per la consueta colazione fuori.

Scese a piedi i due piani di scale e, uscita dal palazzo condominiale in cui da diversi anni abitava, Diana Carbone, sovrintendente capo del Commissariato di Polizia di Abbiategrasso, si incamminò verso il suo bar preferito, il “Chiosco Sforza”, all’interno della piazza di Vigevano.

Giunta in strada, cominciò a pensare agli impegni lavorativi che la attendevano sia in ufficio che in esterna e in pochi istanti si trovò sul viale che portava verso il centro della città pavese. Studenti ancora assonnati, lavoratori già di corsa e pensionati rilassati incrociavano i loro percorsi e si avvicendavano nei numerosi locali, che popolavano i porticati ai lati della sontuosa cattedrale dedicata a Sant’Ambrogio.

Entrò nel bar e fu subito avvolta dal profumo di brioche calde, mentre il piacevole tintinnio delle stoviglie si mescolava alle voci fievoli degli avventori mattinieri.

“Buon giorno, Massimo.”

“Buon giorno, Diana. Per lei, il solito?” Rispose il giovane gestore.

“Certo, grazie. Cappuccino con cacao e un cornetto al cioccolato”, confermò Diana mentre si dirigeva verso un tavolino libero.

Sistemò la borsa a tracolla sullo schienale della sedia e, alzando lo sguardo, osservò il televisore acceso, collocato su una mensola di metallo. L’audio era al minimo, ma le immagini che stavano trasmettendo parlavano con chiarezza e descrivevano un tragico evento che si era verificato alcune ore prima in Abruzzo. Era la mattina del 6 aprile 2009 e dal telegiornale arrivavano le prime notizie di un forte terremoto avvenuto nella notte a L’Aquila e in alcuni comuni limitrofi: silenzio, sangue, edifici distrutti e macerie ovunque.

Rattristata da ciò che stava guardando, cercò di percepire le parole della conduttrice e dei giornalisti inviati sul posto. Qualche istante dopo essersi seduta, arrivò il barista che le portò al tavolo l’ordinazione e il contenitore con i vari dolcificanti. Diana versò l’intero contenuto di una bustina di zucchero di canna e diede poi un morso al croissant al cioccolato, ancora caldo. Terminò la colazione in pochi minuti e, ancora frastornata da quel che aveva sentito, pagò, salutò il gestore e uscì verso la piazza.

Camminò lungo il perimetro dei portici per dirigersi in un negozio di oggettistica, dove qualche giorno prima aveva notato un diffusore di aromi per la casa a forma di gufo, con la boccetta di olio essenziale al muschio bianco. A quell’ora l’esercizio era chiuso, ma osservando dalla vetrina poté intravedere l’articolo ancora disponibile. Mentre dava un’occhiata al resto degli oggetti esposti, il suo telefono squillò.

“Pronto, ispettore, che succede?”“Diana, buongiorno. Spero abbia già mangiato qualcosa. Venga presto in commissariato, abbiamo un’urgenza. Hanno trovato un cadavere nel Naviglio Grande. La aspetto qui.”

L’autore

Alessandro Gramegna è nato a Magenta nel 1978. Con una laurea in Scienze Ambientali, dimostra con Rifiuti Pericolosi di essere non solo un esperto del settore dei rifiuti ma anche un abile narratore capace di immergere i lettori in un mondo di mistero e emozioni.

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Rifiuti pericolosi. Un caso per Diana Carbone
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