Non ti lascerò – Chevy Stevens
È uscito il 18 aprile il thriller “Non ti lascerò” (titolo originale “Never let you go”), di Chevy Stevens. Pubblicato da Fazi Editore nella collana “Darkside”, con la traduzione di Giuseppe Marano, è il sesto romanzo (in circa sette anni) di un’autrice già nota in Italia per “Scomparsa” (Fazi, 2012) e per “Il passato di Sara” (Fazi 2014). Fin dal suo esordio letterario la canadese Stevens è entrata nella lista dei “New York Times best selling authors”, vincendo anche il prestigioso “International Thriller Writers Award”. I suoi libri sono tradotti e pubblicati in oltre trenta paesi, e alcuni sono stati opzionati per trarne dei lungometraggi.
Nell’antefatto siamo nel 2005, Lindsey Nash è sposata con Andrew, un uomo attraente che la porta in vacanza in Messico, insieme alla piccola Sophie, nello stesso resort in cui i due coniugi avevano trascorso la luna di miele. A dispetto delle apparenze paradisiache, il matrimonio di Lindsey è un inferno con dinamiche relazionali malate e perverse. Suo marito è infatti un uomo morboso, geloso e violento, al punto che la donna deciderà di fuggire con sua figlia.
Non riesce più a controllarsi col bere, quando è ubriaco diventa una furia. Penso che potrebbe farmi davvero del male. Vuole un altro figlio ma sto prendendo la pillola. Vorrei lasciarlo ma ho il terrore che in qualche modo mi porti via Sophie. Come posso tirarmi fuori da questa situazione? Non ho una carta di credito né un conto in banca. È tutto a suo nome. Sono in trappola.
Undici anni dopo la situazione è radicalmente cambiata: Andrew è stato arrestato per aver causato – mentre era in stato di ebbrezza – la morte di una donna. Sophie è un’adolescente ormai prossima ad iscriversi all’università, mentre Lindsey – anche grazie a un gruppo di sostegno contro la violenza domestica – è uscita dal proprio passato, si è fidanzata con Greg, ed è divenuta una piccola imprenditrice. Tutto sembra filare liscio, finché Andrew esce dal carcere. Allora cominciano ad accadere misteriosi incidenti.
Si tratta di suggestioni, oppure c’è dietro il vendicativo ex marito che sta orchestrando qualcosa di terribile?
Chevy Stevens ci trasporta negli abissi più oscuri dell’ossessione amorosa, giocando sul filo del rasoio e sul labile confine che separa l’amore sano da quello distorto e malato.
Sono molteplici i temi “domestici” affrontati in questo romanzo che richiamano alla memoria i numerosi casi di cronaca nera che affollano le pagine dei nostri quotidiani: infanzia complessa, violenza e rabbia represse che covano sottotraccia, alcolismo, dolori mai superati, incapacità di esprimere i propri sentimenti.
Il tema della vendetta, in qualche misura vagheggiata da parte di un personaggio violento uscito di galera, riporta alla memoria il lungometraggio di Scorsese “Cape Fear”, dove il sadico Max Cady (Robert De Niro – nel nostro caso Andrew) decide di trasformare in un incubo la vita di Sam Bowden (Nick Nolte), e della sua famiglia (la moglie Leight e la figlia adolescente Danielle, interpretate rispettivamente da Jessica Lange e Juliette Lewis – nel nostro caso Lindsey e Sophie).
Gli avvenimenti sono raccontati attraverso gli occhi delle due donne protagoniste, madre e figlia, e vengono quindi filtrati dalla loro dimensione interiore. Non a caso l’autrice utilizza il punto di vista in prima persona, facendo breccia nell’universo emotivo del lettore, il quale sarà facilmente portato ad immedesimarsi nei personaggi e nelle vicende. La componente introspettiva e psicologica è dunque centrale in questo thriller, come da buona tradizione nordica. La Stevens inoltre ricorre a tempi verbali differenti (presente e passato), facendo abilmente evolvere la narrazione per finestre temporali ed ellissi narrative che vanno dal 1997 al 2016.
All’interno di un plot abbastanza ordinario, che non varca la soglia di genere (quella del classico thriller psicologico nordico), questi intrecci aumentano la complessità, la dinamica e il fascino della storia, ed essendo tecnicamente ben eseguiti non sortiscono neppure l’effetto collaterale di confondere il lettore. Un discreto numero di colpi di scena e un buon finale completano l’opera, facendo di questo romanzo un buon prodotto di intrattenimento che con ogni probabilità soddisfa le aspettative almeno del lettore di genere.
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