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Ai lettori del Thriller Café probabilmente piace l’azzardo, stretto parente del rischio e in qualche modo componente della suspense. Sarà quindi gradito oggi il libro che segnaliamo: L’inchiesta del croupier, di Marco Paolucci. Si tratta di un giallo ambientato nelle atmosfere di Roma, dove un oscuro casinò galleggiante sulle acque del Tevere diventa il palcoscenico di un piano criminale chiamato “Punto tutto”. A indagare sotto copertura è il capitano dei carabinieri Filippo Bellodì, alle prese con l’assassinio del croupier Gonzalez. Da una parte le frizioni col procuratore Colapietra, dall’altra il sostegno del maggiore della scientifica Vittoria Martini, del capo procuratore Andrea Lollio e del sacerdote amico della vittima, don Cesare. Quest’ultimo in particolare si rivela cruciale per l’investigatore, che condivide con lui il proprio dramma familiare legato al suicidio del fratello.

Mentre Bellodì cerca di scagionare l’ex fidanzata della vittima, Alessandra Benvenuti, si imbatte in una rete di traffici illeciti. Grazie alle prove raccolte dal croupier e nascoste nella chiesa di don Paolo, riesce quindi a smascherarne gli orchestratori e a scoprire l’assassino. Ma la risoluzione del caso non pone ancora la parola fine alla storia, giacché il capitano si ritroverà di fronte a una nuova sfida…

Questa la trama in sintesi; se vi ha incuriosito, qui trovate un estratto del romanzo.

Estratto

La stanza era poco illuminata e solo alcune candele accese contribuivano a rendere l’atmosfera meno cupa; la loro fiamma riusciva a malapena a illuminare i quadri raffiguranti scene di caccia e pesca. Un pizzico di luce sarebbe dovuto entrare dalle finestre, ma l’ingresso era oscurato dalle tende di velluto rosso. Nulla poteva trasparire all’esterno.
In mezzo alle due finestre centrali si issava un’urna d’argento. Un po’ più in là, al centro della sala, la scena era occupata da un imponente tavolo quadrato in legno massello sul quale era stato appoggiato un candelabro con quattro candele spente. Da alcune bacchette di incenso accese proveniva un odore acre di resina, che infastidiva l’olfatto delle uniche tre persone presenti, strani individui con delle maschere nere sul volto.
Tutto era stato progettato per garantire l’anonimato dei personaggi coinvolti. Come ulteriore assicurazione di riservatezza, gli ospiti erano soliti rispettare tre semplici regole: nessuno di loro poteva scambiare una parola con il vicino, ognuno doveva rimanere sconosciuto all’altro ed era obbligatorio lasciare il proprio smartphone fuori, nel corridoio antistante. Con quelle direttive era estremamente complicato favorire la socialità.
Per passare il tempo, gli uomini mascherati preferirono adottare differenti strategie: uno guardò in basso, un altro il soffitto a cassettoni di legno e il più coraggioso si accese una sigaretta, che almeno in parte, con la sua punta fiammante, contribuì a rendere l’ambiente meno buio. Uno dei presenti, annoiato dall’attesa di qualche Godot che forse non si sarebbe mai presentato, si avvicinò alla porta e si mise a leggere il regolamento della sala.

Questo è un luogo di potere. Qui, poche persone effettuano delle scelte che influenzeranno la vita di molti. In questa aula possono accedervi solo uomini con il volto coperto, senza alcun dispositivo elettronico. Come in un aereo, il loro funzionamento potrebbe rendere critico lo svolgimento delle normali attività della nostra cabina di comando. Tutto ciò che viene detto, fatto, sentito o ordinato tra queste quattro mura deve rimanere riservato. I partecipanti hanno l’obbligo di portare nelle tombe i segreti rivelati, altrimenti al cimitero ci andrà chi ha tradito il giuramento. Se leggi questo regolamento, sei uno dei quattro, quindi, caro compagno, tieniti pronto perché anche oggi la tua fedeltà sarà messa alla prova. Non ci deludere, sai cosa rischi. Ricorda: Comes, in arcano.

Mentre uno dei tre individui si rinfrescava la memoria e leggeva le ultime righe minacciose del regolamento, la porta si aprì. Accompagnato da molta superbia, entrò un quarto personaggio con la maschera nera. Doveva essere il capo della banda perché, vedendolo entrare, gli altri tre uomini si misero in fila e, uno ad uno, gli si avvicinarono per baciargli il mignolo della mano destra, in segno di rispetto. Dopo aver onorato il capo, tutti si diressero verso il tavolo. Prima di sedersi, ognuno venne invitato ad accendere una candela del candelabro quadrato, preoccupandosi del lume posto di fronte. Quando tre candele su quattro furono pronte, il capo diede fuoco all’ultimo stoppino con il suo accendino. Alla tavola quadrata erano seduti in quattro, pronti per prendere delle decisioni molto gravi; il destino di quella notte era carico di segreti, vendette e intrighi.
Di fronte a ciascun ospite, appoggiata sulla tavola, c’era una cartellina contenente dei fogli. In alto, sull’angolo destro, compariva un timbro rosso con il classico messaggio di riservatezza: top secret.

L’autore

Marco Paolucci nasce a Roma nel 1989. Laureato in ingegneria, lavora nel settore dell’energia e nel tempo libero si dedica alla passione per i libri. Spinto dalla gratitudine verso una delle opere che ha amato, il giorno della civetta, si è avventurato nella stesura del suo primo manoscritto, L’inchiesta del croupier. Un giallo ambientato nella sua città d’origine dove vive felicemente con la moglie.

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L'inchiesta del croupier
  • Paolucci, Marco (Autore)

Articolo protocollato da Redazione

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