matteo bortolottiGià nostro ospite ormai tre anni fa, torna al ThrillerCafé Matteo Bortolotti, del quale abbiamo recentemente recensito Il mistero della loggia perduta. Allungate l’orecchio dai vostri tavoli e origliate alla chiacchierata tra lui e Ivo Ginevra.

[D]: Ho già detto di prepararti un disgustoso lattementa. Tranquillo non è il tuo barman che ad ogni persona grida: “C’è qui Matteo Bortolotti lo scrittore”. Il nostro barista è come Rollo di Amsterdam avenue dei romanzi di Westlake, pertanto ti indicherà sempre come “quello del lattementa“. Ma Bortolotti scrittore beve davvero questa cosa stomachevole?
[R]: Grande Cocomero, magari fossi come Dortmunder! Bevo davvero lattementa. A me piace, e poi è pure… verde!

[D]: Oramai sappiamo tutti che l’idea di trasformarti in personaggio nei tuoi romanzi te l’ha data Loriano Macchiavelli, ma perché hai scelto proprio questo look pazzesco buono solo per daltonici?
[R]: Be’, tutti gli altri protagonisti del panorama del giallo mi annoiavano. E i vecchietti del bar sotto casa mia erano già stati presi! Perché questo look? faccio le cose seriamente senza prendermi sul serio. Uno scrittore scrive sempre di se, ma per farlo ha bisogno spesso di passare attraverso dei personaggi, quindi per rendere efficaci dei gialli come ‘Il mistero della loggia perduta’, ho dovuto trasformarmi in un personaggio, trattandomi esattamente come tratto tutti gli altri personaggi: senza favoritismi perché abbiamo lo stesso nome, anzi!

[D]: E scusa, già che ci siamo il Bortolotti scrittore, davvero va in giro con giacca verde e camicia hawaiana? Mi risultano degli avvistamenti in tal senso.
[R]: Una notte di qualche anno fa, un amico nelle forze dell’ordine mi chiamò trafelato, convocandomi all’Istituto di Medicina Legale: voleva un parere su alcune ‘strane’ ferite che avevano trovato su un cadavere. Io non riuscii a dirgli di no. Non mi sembrava vero. Era proprio come nei film. Mi sentivo fichissimo, così non pensai che avrei dovuto passare da casa per cambiarmi… Venivo da una festa anni ottanta! Indossavo una giacca verde, una camicia hawaiana e risultavo particolarmente colorato rispetto a tutta quella morte che avevo intorno. Ricordo ancora il dialogo che scambiai con lui.

“Ma come ti sei conciato, Matt?”
“Allegro.”
“E’ morta una persona!”
“Be’, quando sono entrato in quel frigorifero il morto sembrava quasi che mi sorridesse!”
“Era il rigor mortis.”
“E che ne sai, tu? Magari lo divertiva il mio abbigliamento. E’ allegro!”

[D]: Cosa ha voluto fare il Bortolotti scrittore con quest’ultimo romanzo rendendosi protagonista egli stesso?
[R]: Che ne dici di usare parole meno ‘definitive’ di ‘ultimo romanzo’? Per esempio… ‘nuovo romanzo’!
Ho voluto scrivere il primo di una-spero-lunga-serie di romanzi gialli, di spassose e delittuose commedie dove si ride molto, ma ogni tanto si potrebbe anche piangere, dove si dicono un sacco di bugie, ma anche qualche piccola verità. Dove, dopo tanti anni di sovraesposizione alla violenza, ri-puntiamo il dito sull’anticamera del delitto: il vizio.

[D]: Qual è il rapporto con il tuo alter ego?
[R]: Lo odio. E’ lo stesso rapporto che ogni scrittore ha coi suoi personaggi: gli creo problemi e lui li risolve. Maledetto! E a volte ci riesce proprio come lo farei io. Altre volte è più bravo, forse perché è anche un po’ più antipatico, un po’ più intelligente, un po’ più nei guai di me.

[D]: E io in questo momento con chi sto parlando con lo scrittore  o l’inguardabile?
[R]: Tutti noi siamo quello che ci raccontiamo di essere, a volte indeboliamo e rischiamo di diventare come ci raccontano gli altri. Tutti siamo autori del nostro personaggio, solo che spesso ci sfugge di mano. Io ho preso alcuni miei difetti e li ho amplificati disegnando un fumetto di me stesso, un fumetto che in alcuni casi ha molto di realistico. L’ho fatto per sparlare di me, del mio mondo, degli scrittori italiani, della nostra società.

[D]: La vicenda narrata nel tuo romanzo Il mistero della loggia perduta (ed. Felici) sembra piuttosto credibile, ma ha un reale un fondamento storico?

[R]: In questo primo giallo un maggiordomo viene trovato ucciso in modo particolarmente macchinoso e si scopre che la sua morte riguarda anche un tesoro della Massoneria. Per trovare il tesoro, il protagonista dovrà risolvere tre indovinelli lasciati da Giovanni Pascoli. Dunque, di vero c’è che Pascoli era massone come lo era il suo maestro Carducci, che la Massoneria alla fine dell’Ottocento propugnava ideali liberali e sosteneva quantomeno moralmente le rivoluzioni a tutti i regimi e le dittature. Di vero c’è che all’epoca l’allegra combriccola iniziatica era una fucina di libero pensiero e di democrazia. Poi chissà! Come dice anche Eco nel suo ultimo romanzo (ops!) la Massoneria è diventata una specie di spauracchio e di capro espiatorio per tutti. La Chiesa per prima, visto che i massoni, i carbonari, i giacobini, lottavano contro il Papa Re. Persino a sinistra tutti la schifano, quando si sa dai libri di Storia che le radici del socialismo sono piantate tra squadra e compasso. Allora di vero c’è, forse, che quando tutti danno sempre la colpa a qualcosa di esterno, di inafferrabile e ‘segreto’, di ‘deviato’ e ‘satanico’, probabilmente ci stanno prendendo per i fondelli, perché un nemico totale fa sempre comodo. Di vero c’è che non mi piacciono i pregiudizi, e mi sembrava divertente giocarci sopra. Senza risparmiare nessuno.

[D]: Cosa ti è piaciuto di più mentre scrivevi il romanzo?
[R]: Non è stato facile trasformare me stesso e alcuni dei miei amici in ‘personaggi’, mi sono divertito a guardarmi con gli occhi dei lettori, a indagare la mia città, a cercare tra i vizi e le complicità di chi tira i fili di Bologna. E non solo. La cosa più divertente è che ho ritrovato un vecchio amico: il giallo classico, il whodunit. Ho ritrovato nel sarcasmo di questo genere così finto eppure così vero, la forza per raccontare il mio mondo senza annoiare e senza fare l’intellettuale diarroico di verità rivelate. Questo non mi farà vincere dei premi. Lo so.

[D]: Al centro de Il mistero della loggia perduta c’è Bologna. Sappiamo tutti che la tua città la ami da morire, ma oggi nel 2012 cosa c’è che non ti piace più e vorresti cambiare?
[R]: C’è quello che già prima non funzionava, c’è una città che non va’ al passo con se stessa perché ha paura del cambiamento. C’è l’arroganza di chi si è sempre ritenuto vincitore perché stava dalla parte dei vinti, e questo è il più grande peccato di vanità e vigliaccheria che si possa commettere. C’è una città coraggiosa travestita da città ossessionata dai suoi fantasmi. Una città buona, nascosta sotto le macerie delle stazioni e dei partiti. Una città giovane travestita da forestiera dentro le case subaffittate ai fuorisede dell’Università, c’è una città arrabbiata che non ride più, lasciata fuori dai vernissage dei nuovi hipster radical chic. Gente che non ha il senso dell’autoironia, ma che la dovrà ritrovare. Io predico un’insurrezione fatta di sfottò e di lieto-fine, di guitti eroi giusti anche se considerati sbagliati, di giullari che ridono di se e fanno ridere gli altri smascherando la logorrea generale. Perché ridere è l’anticamera della rivoluzione. Oggi più che mai. Alleluia!

[D]: La maggiore soddisfazione che hai provato scrivendo Il mistero della loggia perduta?
[R]: Frasi come: “Ho letto il tuo romanzo e per tre ore ho riso!”, “Ho seguito la tua indagine… Volevo capire chi era l’assassino!”, “Scrivine ancora, la prossima volta che voglio dimenticare una giornata di merda voglio entrare in libreria e chiedere un Bortolotti!”, “Ehi, scrittore! Mi devi dodici euro!”.
Ehm, quest’ultima frase non mi ha dato soddisfazione. Le altre però…

[D]: Ho visto che sei anche molto attivo su internet ed hai un filo diretto con i lettori. Qual è il tuo rapporto con il pubblico? Cavolo! Sbaglio sempre Siete molto attivi…

[R]: ‘Il mistero della loggia perduta’ non è l’unico romanzo che ho scritto che vede la giacca verde protagonista. Mano a mano che lavoravo sul progetto, questa è diventata molto di più che una serie di romanzi. E’ diventato un mondo della storia che volevo condividere coi lettori, col pubblico nel senso più lato del termine. Un narratore non è nessuno se non ha qualcuno che lo ascolta, così ho deciso che per raccontare le avventure gialle di Matteo Bortolotti dovevo partire dalla base, ascoltare chi mi seguiva e cercare un contatto diretto con loro, e con questi mattoni costruire una casa comune. Si chiama ‘Professione Mistero’. Nel sito di professionemistero.it c’è Matteo Bortolotti, in giacca verde, declinato in tutti i modi possibili che le nuove tecnologie ci permettono di utilizzare. Stupide vignette ironiche, recensioni misteriose in cui consegno come voti delle ‘giacche verdi’, video in cui lo scrittore è protagonista di una serie di servizi riguardanti il mondo del mistero (e prende in giro alcuni televisivi), e poi ancora racconti inediti, anticipazioni… Ho persino spedito il prologo del romanzo una settimana prima che uscisse in libreria… in formato audio, però! Anche in questo caso l’ho fatto per giocare coi media, per esplorarli, e questo mi è valso il titolo di primo personaggio cross mediale italiano. Roba da matti. Non so nemmeno pronunciarlo.
Immaginate il dialogo a una festa, una modella mi si avvicina e chiede:
“Tu cosa fai nella vita?”
“Il personaggio cross mediale.”
“Ah, così vai in moto?”

[D]: Parlaci o se preferisci, parlateci pure dei tuoi/vostri  progetti futuri.
[R]: La parte che preferisco: progetti futuri. Dunque, se riesco a camparci continuerò a fare lo scrittore e lo sceneggiatore, ma non è facile senza un partito politico alle spalle, senza un parente famoso o senza un patrimonio di famiglia. Per ora, sono quasi sette anni che ci campo senza dovermi vendere come un guru o parlarvi per forza di mafia, camorra e ‘ndrangheta, ma avrò bisogno di voi! Del pubblico! E non sono il solo, come me ce ne sono molti altri.
E’ già pronta una seconda indagine cartacea di Matteo Bortolotti, la storia di una ragazza trovata morta in un fosso, senza nome, ma con strani segni sulla pelle. E poi ci sono una serie di brevi e divertenti indagini che usciranno esclusivamente su ebook. Racconti lunghi il cui primo s’intitola ‘Cinquanta sfumature di verde’ ed è ambientato sulla riviera romagnola…

[D]: Qual è la regola che ti dai quando scrivi?
[R]: Alla base di ogni buona storia c’è il conflitto.

[D]: A cosa non puoi rinunciare quando scrivi?
[R]: Alla comprensione di chi mi sta vicino, al supporto di chi mi vuole bene. Non è facile far capire agli altri che in certi giorni stai scrivendo anche quando bevi una birra.

[D]: Convinci i nostri lettori a leggere Il mistero della loggia perduta.
[R]: Se sono arrivati a questo punto dell’intervista sono già convinti.

[D]: Una domanda cazzona: In cosa si rincarnerebbe Bortolotti scrittore? E  il Bortolotti per daltonici?
[R]: Una risposta cazzona: entrambi ci rincarneremmo volentieri nella cyclette di Heidi Klum.

[D]: Un’altra domanda cazzona: Il Bortolotti, quello del romanzo, è un tipo sfortunato con le donne. E l’altro Bortolotti come va con le gentil sesso?
[R]: Tutti siamo stati sfortunati in amore. Tutti siamo stati ingannati, perché il più delle volte siamo noi stessi che ci inganniamo da soli. Ho vissuto molte avventure e qualche buon amore. Da quando indosso questa giacca verde, però, sono davvero fortunato!

[D]: Una domanda seria: che ho già fatta ad altri tuoi colleghi, ma è un argomento a cui tengo molto perché ho notato quanto la classe culturale italiana è insensibile al dramma del popolo Siriano, pertanto ti chiedo: Cosa diresti agli Stati Uniti ed ai principali governi europei tanto prodighi in Libia nella difesa dei diritti umani, quanto e nella stessa misura indifferenti in Siria? Dai Rimproverali! Sciogli le loro anime. Trova quelle belle parole che un grande scrittore come te può dire i questi frangenti, per smuovere le coscienze sociali.
[R]: Le parole migliori che in questo momento mi vengono in mente sono quelle di Stefano Tassinari, recentemente scomparso, cuore pulsante dell’Associazione Scrittori di Bologna quando io ne ero segretario. Sono le parole della sua bellissima e cruda poesia ‘Ti ricordi, America’.

“Peccato, America,
perché non hai capito neanche adesso
e allora fottiti, America,
per le tue guerre umanitarie,
le tue vendette corporali
il tuo Dow Jones che gioca all’altalena
il Ku Klus Klan, gli hamburger,
le pistole in ogni casa
le rappresaglie, i marines, le bombe sui civili
e l’inno cantato con la mano sul cuore
quando nemmeno sai, il cuore,
da che parte sta.
Fottiti, America.”

[D]: Ciao Matteo e grazie per l’intervista.
[R]: Ciao a tutti!

Articolo protocollato da Ivo Tiberio Ginevra

Scrittore giallo noir - Ornitologo - Giudice esperto FOI (Federazione Ornicoltori Italiana) specializzazione Ibridi, Esotici, Indigeni. Fondatore della casa editrice “I Buoni Cugini editori“.

Ivo Tiberio Ginevra ha scritto 73 articoli: