Claudio VergnaniSe siete stanchi dei soliti vampiri belli e dannati, se ammazza vampiri come la bella Buffy e l’aitante Blade sono per voi ormai sorpassati e siete annoiati dagli stereotipi del genere, vi facciamo conoscere al Thriller Café dei personaggi davvero originali ridotti a essere degli ammazza vampiri per sopravvivere nella quotidianità di una realtà modenese divenuta specchio di una instabilità economica giunta oramai al parossismo, demitizzando il vampirismo a una pura e degradata opera di pulizia “etnica”. Generati dalla penna di Claudio Vergnani, i personaggi Vergy e Claudio hanno esordito con il romanzo “Il 18° Vampiro”, proseguendo il filone tragicomico di una realtà urbana immersa tra squallore metropolitano e violenza dai tratti surreali con “Il 36° Giusto”, edito sempre da Gargoyle Books. Dopo questa lettura vi guarderete intorno anche voi più guardinghi e forse uscirete di notte con un paletto nascosto nello zaino: sì, perché la capacità di Vergnani è quella di offrire una visione verosimile del mondo che ci circonda, mantenendo vivo il rispetto per la lingua italiana anche attraverso giochi di parole e citazioni che non appesantiscono la lettura, bensì conferiscono allo scritto spessore e acume.

D: Considerato l’avvicinarsi delle feste, dacci una motivazione per la quale si dovrebbe regalare il tuo libro per Natale…
R: E’ rischioso, se non sei perfetto dici sciocchezze, se sei onesto non comprano, direi… se uno ha qualche soldino da investire in un libro, “Il 36° Giusto” vale la pena di essere acquistato perché propone una storia, uno stile, alcune soluzioni di lavoro sulla lingua, spero innovative e positive. Poi è un libro onesto, credo si percepisca lo sforzo, pur nella finzione, di inserire condizioni sulla società, il confronto con il proprio essere e gli altri. Il mio romanzo vuole rispettare il lettore, che acquista sì un horror ma con elementi di ironia e approfondimento di sentimenti.”

D: Ci sono descritte scene molto divertenti ne “il 36° Giusto”: ridi anche tu quando rileggi i tuoi libri?
R: Sì, li ho letti a distanza di tempo, a brani, per rinfrescarmi la memoria; mi viene da ridere perché alcuni passaggi me li ero dimenticati. Anche se mi spiace perché poi penso che lo riscriverei in modo diverso: sono molto critico con me stesso.

D: Quanto impegno metti nel realizzare tante pagine…
R:Ci sono libri anche più grandi dei miei, ma in realtà non faccio fatica perché i miei personaggi hanno una propria vita, mi faccio ispirare da persone vere…

D: E’ meglio rischiare un nuovo format di linguaggio o ripercorrere la stessa strada che ti ha portato al successo?
R: Mi piace rischiare… l’idea di proporre a chi legge una minestra riscaldata mi sembra una scorrettezza, non è una critica per chi lo fa per questioni di produzione, per chi deve convivere con il compromesso, sono solo un po’ perplesso quando nella letteratura così detta “alta”, vengono spacciate per profonde le banalità, sentite e risentite… Capisco il meccanismo ma cerco di evitarlo. Non ho un sistema, “Il 18° vampiro”, il mio primo romanzo, è nato come hobby, con “Il 36° Giusto” è stato diverso, c’erano delle date da rispettare ma non avvertivo la fatica di scrivere. Non credevo all’inizio quando mi dicevano che i personaggi prendono vita da soli, in realtà i miei, forse perché ispirati da persone che conosco, non ho dovuto costruirli, e poi la visione del mondo in termini provocatori è proprio la mia. Non c’è retorica, qualunque sia la storia raccontata è essenziale, Tutti alla fine si finisce per essere un po’ banali, mi piace sentirmi uno scrittore che non usa la retorica.

D: All’interno del cimitero, per ricordare una scena del tuo libro, tu e il tuo compagno vi imbattete in un individuo particolare, perché hai scelto di descriverlo come un nanetto ivoriano?
R: Per descrivere Matthew mi sono rifatto a un personaggio davvero così, anche se non era di colore nella realtà; l’ho conosciuto quando avevo una ragazza francese, lei me ne parlava spesso, pur essendo americano era lontano dal prototipo, erano tutti alti e belli, lui era l’opposto. Ritornerà nel terzo episodio che sto terminando di scrivere.

D: Il fascino della donna non demorde neanche quando la donna è una vampira?
R: Una vampira che ti toglie la vita da un lato può raffreddare gli ardori, ma hanno una carica erotica forte, anche nel gesto di succhiare il sangue. Nel terzo episodio ho voluto chiarire il rapporto con le donne, quando scherzano su di loro i due protagonisti, Claudio e Vergy, sono terribilmente critici, ma in fin dei conti anche se hanno dell’umorismo non sono sessisti, spesso infatti si accompagnano a Elisabetta che è tra le più coraggiose. Loro rispettano la lealtà, la coerenza, il coraggio anche di aver paura, di chi sa di essere sconfitto ma va avanti, a discapito di quello che sarà. Anche l’Amica è un cardine della storia, la mia è una visione certo maschile ma mi auguro, al di là delle battute che scrivo, di far comprendere il mio rispetto per loro.

D: Sei superstizioso?
R: Mi piace pensare di no… anche se sono il primo a riconoscere che se dovessi vedere qualcosa di strano… non è detto che non lo diventerei…

D: La tv ci abitua ogni giorno a seguire il crimine in primis facendolo diventare quasi uno spettacolo di prima serata, cosa ne pensi?
R: E’ così ma non guardo quei programmi, anche se non li giudico, non sono nelle mie corde. Concordo sul fatto che le notizie vanno date, devo dirvi però che faccio fatica a pensare che anche programmi che non hanno a che fare con questi argomenti, trovino escamotage per parlare di quello, in quel caso è sciacallaggio, ma se nel 2010 siamo ancora al punto che andiamo a fare le foto sui luoghi dei delitti… allora non dovrebbero insistere sul lato educativo della tv.

D: Perché non ti invitano a Porta a Porta?
R: Non mi conoscono per invitarmi, ma se mi conoscessero non mi inviterebbero lo stesso (ride), e poi chiamano chi è già conosciuto o chi può dare un parere autorevole, io non sono più qualificato di un altro. E poi, mi ci vedete da Vespa che mi invita a entrare con il din don del campanello? Mi scapperebbe da ridere. In Italia la tv tende a preferire quello che puoi controllare, non amano chi instilla il dubbio. La tv è un po’ uno spettacolino, non aiuta le persone a farsi una propria idea, è un po’ chiusa, ma se sentissi di avere qualcosa di valido da dire… andrei…

D: Credi che sia un bene raccontare la morte senza lutto come fai nei tuoi romanzi? Aiuta a sdrammatizzare?
R: E’ un aspetto importante, complimenti… non mi hanno portato spesso a parlare di questo. L’horror è letteratura di evasione, sta nell’editore decidere se quello che pubblica è offensivo o meno, è vero, molte morti sono atroci nel libro ma ho visto la morte da un punto di vista diverso in guerra! Quando rispondi al fuoco molte cose non fanno più parte di te, le tue convinzioni, devi decidere a che punto fermarti. La morte vista in tv ha una sua pietas, un concetto aulico, lì viene spogliata da tutto, ecco perché non mi stupisce che gli amici del protagonista del libro siano così comici anche di fronte alla morte. Nel romanzo c’è spazio per la pietà ma è celebrata all’interno della persona perché vuole sopravvivere.

D: Hai voglia di raccontarci qualcosa di più sulla tua esperienza in guerra?
R: Molti anni fa facevo parte di un contingente di paracadutisti in Libano, è un errore pensare che un giovane addestrato non possa morire, perché invece succede! Ne muoiono tanti anche ora che stiamo parlando, sono persone giovani che sparano, ma non come in Vietnam che erano obbligati a farlo, oggi i ragazzi non hanno meglio da fare, vogliono una vita avventurosa, poi vanno e muoiono…

D: Hai cambiato quindi visione sulla morte?
R: Penso di sì, se l’affronti è diverso: la morte dicono è come il sole, non puoi fissarla assiduamente. Ci sono persone che arrivano a infierire sui cadaveri, c’è chi si abitua a vederla… e arriva persino a giocarci. Ho visto bambini esultare davanti a corpi impiccati, come possono crescere quei bambini?

D: Sappiamo che uno dei protagonisti è nato da quella esperienza…
R: E’ vero… è in guerra che ho conosciuto Vergy, il co-protagonista, faceva il soldato per mestiere, ma la realtà è un’altra cosa… per tornare al romanzo, se mi trovassi davvero di fronte a dei vampiri forse darei di stomaco e non uscirei mai più di notte, ma se sei costretto, a quel punto vai oltre. Nel mio romanzo cerco di salvare i vivi, e facciamo di tutto con il mio gruppo per riuscirci.

D: L’ironia sarà un elemento presente anche in altri romanzi che scriverai?
R: Sì perché fa parte del mio carattere… mi aiuta a stemperare alcune cose, anche prendersi troppo sul serio, la vedo come un’aspirina anche se non cura tutti i mali.

D: Un aggettivo per descrivere il tuo ultimo romanzo?
R: Onesto nei confronti del lettore e divertente… ma me ne avete chiesto solo uno…

D: Va bene così, li accettiamo entrambi! Mangi davanti al pc quando scrivi?
R: No, mi sono autodisciplinato e poi ho letto che la tastiera del pc è piena di batteri, mi immagino questi virus che banchettano.

D: Faresti leggere il tuo libro a un bambino?
R: Non sono per la censura, sono possibilista sul fatto che faccia nascere riflessioni, non c’è insistenza di sesso nel romanzo. I miei personaggi sono piuttosto tranquilli da quel lato: se si vietano alcune cose poi i ragazzini le fanno, leggere o meno un mio libro è un fatto di sensibilità della persona non di età. Vi faccio un esempio, un padre mi ha detto che leggeva il libro insieme alla figlia, eliminando le parti che a suo avviso erano più forti, la ragazzina che ha circa 12 anni mi ha detto che la pagina tal dei tali era la sua preferita, sono andato a verificare a quale scena si riferisse e devo dire che era una scena che non posso ripetere in questo contesto.

D: Allora lasciamo la curiosità a chi scoprirà cosa racconti nelle pagine del romanzo…Ti senti vuoto dopo che hai lasciato un libro che ti è piaciuto?
R: Con l’età forse cambia l’entusiasmo, o forse dipende solo dal momento, sì ho provato quel vuoto di cui fate cenno, quando la sera prendo un libro dal comodino è come trovare un amico, in questo momento però sono meno ricettivo, proprio perché sono concentrato a finire il mio terzo romanzo…

D: Siamo curiose di vedere in quali altre avventure incapperanno Claudio e Vergy… Grazie Claudio per averci dedicato il tuo tempo, è stata una bella chiacchierata, poi sappiamo che c’è in programma anche la realizzazione di un cortometraggio ispirato ai tuoi romanzi…
R: Sì… vi terrò informate sui nuovi sviluppi, grazie ragazze per il vostro entusiasmo nei confronti dei miei romanzi.

Amici del Thriller Cafè avete capito qualcosa in più di questi simpatici ammazzavampiri? Se sì, non potete perdere l’occasione di farvi delle sane risate con i testi di Vergnani.

Articolo protocollato da Arianna e Selena Mannella

Arianna e Selena Mannella Collaborano al magazine Albatros per il quale intervistano personaggi del jet set nazionale e internazionale e con Thriller Magazine, nel quale curano la rubrica “Ordinaria Follia”. Sono addette stampa e editor.

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