Matteo Strukul è uno scrittore padovano che ci ha abituato a numerose incursioni nella Storia. Ha scritto romanzi storici, thriller ambientati in diverse epoche del passato, biografie di personaggi più o meno illustri. E per le sue opere ha ricevuto diversi riconoscimenti. Oggi recensiamo qui al Thriller Cafè il suo ultimo romanzo, uscito per Newton Compton, che si intitola “Il cimitero di Venezia”.

La storia che Strukul ci racconta è ambientata nel Settecento veneziano e mescola personaggi realmente esistiti e personaggi inventati. Tutto prende le mosse da un famoso dipinto: il rio dei Mendicanti di Canaletto e proprio Giovanni Antonio Canal detto il Canaletto è il protagonista del romanzo. Strukul infatti immagina che, a causa di una persona che il pittore aveva involontariamente ritratto nella sua opera, il Doge in persona senta il bisogno di convocare Canaletto e incaricarlo di un compito particolarmente delicato: seguire la persona in questione e capire come mai si trovasse in quel luogo mentre veniva realizzata l’opera pittorica. Sullo sfondo incombono da un lato l’epidemia di vaiolo che funesta la città, dall’altro una serie di delitti cruenti che mietono vittime tra le giovani donne di famiglie patrizie, gettando la città nel terrore. E il Doge Alvise Mocenigo vuole vederci chiaro anche su questo e chiede al Canaletto di trovare informazioni anche su questi omicidi efferati.

Tutto pensava Antonio Canal di dover fare nella sua vita fuorché l’investigatore. Sovrapponendosi oltretutto alle autorità inquirenti che lo vedono di pessimo occhio e non perdono occasione per minacciarlo. Per fortuna, il pittore veneziano potrà affidarsi all’aiuto dei suoi amici mecenati Owen McSwiney e Joseph Taylor, che lo aiuteranno con le loro amicizie influenti a decifrare l’enigma. Ecco quindi che si compone un terzetto di investigatori formato da personaggi storici realmente esistiti, al quale l’autore affida, in modo molto originale e anche ben riuscito, attraverso l’indagine, una sorta di “inchiesta sociale” ante litteram nel cuore del Settecento veneziano.

Il romanzo si legge tutto di un fiato per merito di tre elementi che si combinano in modo vincente. Un linguaggio che viene utilizzato per i dialoghi e le descrizioni che riesce a ricostruire fedelmente lo spirito dell’epoca, senza risultare pedante. Un intreccio costruito in modo eccellente, senza creare complicate strutture narrative, ma mantenendo la linea di azione primaria costituita dalle sequenze in cui è protagonista Canaletto, al quale in modo pulito e semplice si riportano poche derivazioni minori. Infine, ma forse prima per importanza, una capacità notevole di delineare con poche brevi descrizioni lo scenario meraviglioso nel quale si svolge la vicenda. Come Strukul stesso ci confida nelle note al termine del libro, questo romanzo è un atto d’amore dell’autore nei confronti del Settecento Veneziano, epoca d’oro dell’arte veneziana con i vari Goldoni, Vivaldi, Tiepolo, oltre al Canaletto e a molti altri. E in più, atto di amore verso la città, unica e sublime.

Difficile poi non immaginare, nei temi trattati nel romanzo, una trasposizione ai nostri giorni. L’epidemia di vaiolo ci ricorda sicuramente la pandemia che ancora viviamo. I problemi sociali che Strukul denuncia: miseria, sfruttamento, sebbene in forma diversa, sono senza dubbio ancora presenti ai giorni nostri. Il diffuso e neanche troppo celato antisemitismo, purtroppo ci contamina ancora oggi. Molto toccanti in questo senso le descrizioni che Strukul fa delle angosce e delle miserie che vivono gli abitanti del ghetto.

Un tema più di altri, però, sembra essere il cuore della vicenda e proiettare la sua luce su fatti che ci sono familiari, purtroppo, anche in quest’epoca. L’esistenza di vaste aree di opacità nelle istituzioni e nei poteri legittimati, che lasciano spazio ai crimini di gruppi occulti e oscuri che con l’uso della violenza indiscriminata vogliono instaurare un regime dittatoriale. Logge massoniche coperte che utilizzano giovani adoratori del sangue e della violenza per spargere il terrore, perché tutto resti così com’è.

Viene da pensare che Strukul, oltre all’indagine sul Settecento veneziano, avesse in mente anche qualcosa di molto più recente. Giusto per ricordarci quanto possa essere pericoloso per l’arte e per la scienza, in altri termini per la libertà, il lato oscuro del potere.

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Il cimitero di Venezia. Il miglior thriller storico dell'anno
  • Editore: Newton Compton Editori
  • Autore: Matteo Strukul

Articolo protocollato da Giuliano Muzio

Sono un fisico nato nel 1968 che lavora in un centro di ricerca. Fin da piccolo lettore compulsivo di tante cose, con una passione particolare per il giallo, il noir e il poliziesco, che vedo anche al cinema e in tv in serie e film. Quando non lavoro e non leggo mi piace giocare a scacchi e fare attività sportiva. Quando l'età me lo permetteva giocavo a pallanuoto, ora nuoto e cammino in montagna. Vizio più difficile da estirpare: la buona cucina e il buon vino. Sogno nel cassetto un po' egoista: trasmettere ai figli le mie passioni.

Giuliano Muzio ha scritto 127 articoli: