In un futuro prossimo, nella regione austriaca della Stiria, c’è un collegio nel quale vengono trattenuti gli Indaco, bambini affetti da una sindrome che provoca a chiunque si avvicini nausea, dalle vertigini e da violenti mal di testa. Il giovane professore di matematica Clemens Setz insegna in questa scuola e nota che molti bambini con dei bizzarri travestimenti vengono portati via in un’auto e condotti in un luogo sconosciuto. Inizia a indagare , ma proprio per questo viene licenziato e allontanato dalla scuola.

Quattordici anni dopo i giornali riportano la notizia di un clamoroso processo: un ex professore di matematica è stato assolto dall’accusa di aver ucciso brutalmente un uomo che torturava gli animali. Il professore è Clemens Setz e il suo ex allievo Robert Tatzel, che nutre ancora del risentimento nei suoi confronti dai tempi del collegio e non crede alla sua innocenza e decide di indagare per scoprire cos’è veramente successo. C’è un collegamento tra quel caso e quello che aveva vissuto nel suo passato?

Quello dei bambini indaco (in inglese indigo children o semplicemente indigos, “gli indaco”) è un concetto pseudoscientifico nato nell’ambito della subcultura New Age con cui si indica una generazione di bambini che sarebbero dotati di tratti e capacità speciali o soprannaturali.

Setz reinterpreta questa idea, trasponendola in un romanzo distopico e crudele nel quale gli Indaco (o, sprezzantemente, i Dingo) sono bambini affetti da una vera e propria sindrome che provoca gravi danni fisici a coloro che li avvicinano, e privi di alcun talento o capacità particolari.

Davvero difficile analizzare in poche righe questo poderoso romanzo del giovane autore austriaco, acclamato in patria e in Germania come uno dei più interessanti autori europei contemporanei: Setz ha una straordinaria capacità di gestire il linguaggio, una scrittura potente e visionaria che regala pagine di grande qualità letteraria, eppure I bambini indaco lascia un senso di insoddisfazione.

Ma andiamo con ordine.

Un critico ha definito Setz un “maestro della psicologia della ricezione”: ed in effetti l’autore riesce come pochi a permeare il romanzo di un costante senso di disagio quasi fisico, una costante tensione, scegliendo immagini e figure che scavano nel profondo della psiche del lettore. La sua scrittura è elegante, a tratti onirica e poetica, ma nel complesso si ha l’incessante – e angosciante –  sensazione che questo sia un romanzo profondamente crudele: Setz non necessità di fare leva sullo splatter, gli basta agire su ciò che – nella nostra cultura europea – è inaccettabile, come la crudeltà nei confronti di bambini e animali, e lo fa con chirurgica precisione.

E’ doverosa una nota di merito per l’ottimo lavoro di traduzione di Francesca Gabelli, che di fronte a un romanzo così complesso ha saputo mantenere inalterato l’equilibrio di questo gigantesco gioco letterario.

Questa complessità, tutta questa tensione, unitamente a una storia intrigante, potrebbe davvero generare un grande noir: eppure, sotto questo punto di vista però il romanzo non funziona del tutto.

I bambini indaco è disseminato di misteri, vicoli ciechi, porta volutamente il lettore fuoristrada tanto che la domanda su dove voglia davvero andare con la storia sorge spontanea, e la risposta è che sostanzialmente a Setz – tutto sommato – non sembra interessi più di tanto.

Ma del resto il noir è solo uno degli elementi che Setz introduce nel suo romanzo, nel quale inserisce elementi fantascientifici, cyberpunk, pop culture, che dilagano in un’opera nella quale, con ogni probabilità, c’è un po’ troppo di tutto, ma che nonostante ciò riesce a funzionare: o, per meglio dire, funziona come romanzo, non come romanzo poliziesco.

L’impressione generale è che ci sia un certo non troppo celato autocompiacimento dell’autore per il gioco letterario in quanto tale, nel quale si cala attraverso il suo alter ego letterario che porta il suo nome: storia e personaggi – peraltro, grande storia e grandi personaggi – paiono a tratti un mero strumento per disseminare il testo di trappole e riferimenti, con effetti talvolta irritanti e talvolta entusiasmanti.

Perché leggere I bambini indaco: perché è un romanzo molto ben scritto, perché è complesso e a tratti sorprende con pagine di grande poesia.

Perché non leggere I bambini indaco: perché come noir non funziona molto bene, perché a tratti perde la direzione e perché l’ego dell’autore rischia di debordare tra le righe.

Clemens J. Setz è nato nel 1982 a Graz, dove vive tuttora. Ha esordito nel 2007 con Figli e pianeti che gli è valso l’Ernst Willner Preis nel 2008 e un riconoscimento governativo per il miglior esordio letterario dell’anno. La nave di Teseo ha pubblicato L’ora tra la donna e la chitarra (2019), vincitore del Wilhelm Raabe Literaturpreis.

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I bambini indaco
  • Setz, Clemens J. (Autore)

Articolo protocollato da Marina Belli

Lettrice accanita, appassionata di rugby e musica, preferisco – salvo rare eccezioni – la compagnia degli animali a quella degli umani. Consumatrice di serie TV crime e Sci Fy, scrittrice fallita di romanzi rosa per eccesso di cinismo e omicidi. Cittadina per necessità, aspiro a una vita semplice in montagna o nelle Highland scozzesi (a condizione che ci sia una buona connessione).

Marina Belli ha scritto 146 articoli: