Protagonista oggi al ThrillerCafe Massimo Carlotto, del quale recensiamo il suo Cristiani di Allah.

Titolo: Cristiani di Allah
Autore: Massimo Carlotto
Editore: E/O
Anno: 2010

Trama in sintesi:
Algeri, 1541. Il Mediterraneo è teatro di guerre, razzie, traffici di schiavi, scontri ideologici e religiosi. La possente armata di Carlo V, punta di lancia della Cristianità, viene annientata alle porte della capitale nordafricana dai corsari di Hassan Agha, che reggono la città per conto del sultano di Costantinopoli. I corsari sono in gran parte dei rinnegati, ossia degli europei cristiani che hanno abbracciato l’Islam, per interesse, come scelta di libertà o più semplicemente per poter saccheggiare navi e depredare coste nel Mediterraneo sotto la protezione della Sublime Porta. Anche Redouane e Othmane, i protagonisti del romanzo, sono dei corsari rinnegati. Il primo albanese, il secondo tedesco, ex lanzichenecchi, hanno scelto là libertà di Algeri, da dove salpano sul loro sciabecco per le scorrerie e dove credono, di poter vivere indisturbati la loro storia d’amore proibita. Othmane però commetterà l’errore di invaghirsi di un giannizzero, uno dei fanatici e spietati cani da guardia del sultano, e trascinerà anche Redouane in un gorgo di vendette, agguati, intrighi.

Colori e profumi tipicamente mediterranei, mescolati al carattere forte di quei popoli che hanno alimentato, nel corso dei secoli, passati e presenti, i flussi migratori da e verso i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, regalano musicalità agli eventi raccontati da Massimo Carlotto nel suo romanzo Cristiani di Allah. Un noir mediterraneo (Edizioni E/O, 2008). L’autore ripercorre romanzando alcune delle tappe fondamentali che in pieno 1500 hanno fatto da collante a storie di amicizie e di amori, di interessi e di complotti fra genti appartenenti a culture, religioni e idiomi completamente diversi e il cui destino mosso da una grande voglia di libertà li ha fatti incontrare in una bianca città maghrebina. Sono tedeschi, albanesi, spagnoli, veneziani, calabresi, sardi, lanzichenecchi, giannizzeri e berberi coloro che dopo un lungo viaggio, personale e sociale, sono riusciti a sfumare i colori del popolo di Algeri. Una storia fitta di tante altre piccole storie legate ai singoli personaggi. Una storia che Massimo Carlotto racconta attraverso l’unica vicenda che tiene unito passato e presente. La cronaca di un amore, tra l’albanese Redouane Rais e il tedesco Othmane, tormentato e condannato dai cristiani ma tollerato dalle autorità religiose musulmane perchè coscienti della ricchezza e della prosperità derivanti da tutti coloro che nella ricerca della libertà avevano dichiarato “Non v’è altro Dio che Dio e Maometto è il profeta di Dio” ed erano stati “rivestiti di abiti sontuosi e portati in giro per la città in sella a cavalli di grande bellezza perché tutti sapessero che altri due cristiani avevano trovato la vera fede”. Il romanzo inizia con la battaglia e la sconfitta del possente esercito di Carlo V per mano delle truppe corsare al comando del sardo Hassan Agha. L’evento, a tratti brutale e cruento, ridisegna l’ennesima sconfitta per il mondo cristiano già ripudiato e annullato da tutti coloro che rivestiti da corsari-rinnegati hanno scelto di vivere in un mondo apparentemente basato su modelli di riferimento tipicamente maschili cresciuti però all’ombra di un sentire femminile “Avrei voluto urlare come le donne durante le razzie quando vedevano i loro uomini tentare di difendere case e famiglie e le nostre spade mozzare per sempre il respiro alla vita e all’amore”. Le lancette della storia, riportate indietro da Massimo Carlotto non hanno solo il sapore di una città, Algeri, progressista e aperta divenuta nel tempo cosmopolita e globalizzata ma hanno soprattutto la consistenza della forza e del coraggio di tutti coloro che nella ricerca di un riscatto sociale sono divenuti artefici del proprio destino al di fuori di modelli precostituiti e normalizzanti così da riscrivere un finale diverso per questa pagina della storia.

Recensione di Antonietta Meringola.

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