Bagliore Bretone - Jean-Luc Bannalec

State tranquilli, fedeli appassionati del mistero, la serranda del Thriller Cafè non chiude mai, il suo bancone è sempre pronto a offrirvi gustose prelibatezze anche in queste giornate canicolari in cui la voglia di vacanza è ai massimi livelli.

A proposito di ferie, se c’è una cosa davvero ardua da sopportare è sicuramente fare una vacanza quando non si ha per niente un’indole vacanziera. E poco importa che a consigliarti vivamente di prenderti un salutare periodo di inattività siano, all’unisono, il medico di famiglia, la segretaria e la moglie. E poco importa pure che la location sia da favola, ovvero la celebre Costa Rosa in Bretagna, uno dei litoranei più famosi della Francia e dell’intera Europa grazie alle meravigliose scogliere in granito che, nel corso dei millenni, gli agenti atmosferici hanno plasmato fino ai giorni nostri in stupende e caratteristiche forme scultoree di colore rosa.

È quello che succede al Commissario Georges Dupin nel sesto romanzo che lo vede protagonista, Bagliore Bretone, pubblicato da Neri Pozza Editore e tradotto da Chiara Ujka. Dalla sensazione appiccicaticcia sulla pelle dovuta alla crema solare e alla sabbia, alla sperticata giovialità e voglia di conversazione degli autoctoni, tutto gli è sinonimo di fastidio. Dupin non è affatto il tipo che se ne sta rilassato, disteso sull’asciugamano a godersi il momento e il paesaggio idilliaco, lui e l’inazione sono decisamente agli antipodi.

Il destino, tuttavia, gli lancia qua e là chiari messaggi. In un primo momento, dato che a precederlo è la fama di abile investigatore, viene messo a conoscenza di alcuni casi minori, briciole di criminalità come le chiama lui, accaduti di recente nella zona: il furto di una statua, un atto vandalico nei confronti di una deputata e un’effrazione ai danni di una residenza un tempo dimora persino di Eiffel, il costruttore della celeberrima torre parigina. A Dupin serve tutta la forza d’animo che ha a disposizione per dominare l’indole inquisitoria suo marchio di fabbrica, per non farsi coinvolgere e non far partire in quarta il cervello con le deduzioni e le associazioni logiche. Quando però il fato gli serve su un piatto d’argento un rebus con tutti i crismi, la misteriosa scomparsa di una donna ospite nello stesso albergo, a seguito della quale gli vengono rivolte dalle forze dell’ordine locali alcune domande di rito in qualità di testimone, i freni vanno a farsi benedire e la moglie non può nulla per farlo desistere. Lei stessa riconosce al marito, con malcelata delusione, di attirare i crimini come la luce attira le falene. Pertanto, come ferro attratto dalla calamita, come Clark Kent che passa da una porta girevole e in un soffio diventa Superman, Dupin si cala nelle tanto agognate vesti di commissario, impugna l’inseparabile taccuino e comincia a prendere appunti e scrivere pensieri e congetture su quegli eventi. E che l’indagine abbia inizio.

Il Commissario Dupin nasce dalla penna di Jean-Luc Bannalec, pseudonimo dello scrittore tedesco Jörg Bong che in Bretagna gode di una notorietà praticamente da divo grazie proprio al fatto di ambientarvi da tempo le vicende di Dupin, tanto da aver ricevuto dalla stessa regione francese un riconoscimento per la diffusione dell’economia, delle tradizioni e della Storia bretoni oltre i propri confini.

E infatti abbiamo a che fare con una narrazione a tratti sui generis, molto incalzante e ricca di colpi di scena tipicamente in linea con il miglior giallo investigativo, ma con così tanta dovizia di particolari in merito ai luoghi, all’architettura, alla cucina locale, al folclore, all’idioma linguistico di ascendenza celtica, da dare sovente l’impressione di leggere una guida turistica. Un’indagine poliziesca che è una vera e propria immersione nei sapori e nella cultura bretoni.

Un romanzo da gustare anche per coloro che, come Dupin, non riescono a farsi trastullare sotto l’ombrellone nemmeno dal dolce far niente.     

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Articolo protocollato da Damiano Del Dotto

Mi chiamo Damiano, abito a Pistoia, sono sposato con Barbara e sono più vicino ai 50 anni che ai 40. Poche cose colloco nella memoria come il momento temporale e il libro che in qualche modo mi ha cambiato la vita e mi ha infuso la gioia della lettura: avevo 11 anni, frequentavo la prima media e il romanzo è IT di Stephen King. Da allora non posso fare a meno di questa passione viscerale che mi accompagna quotidianamente. Si sente spesso dire che siamo la somma delle nostre esperienze. Allo stesso modo credo che l'amore che provo per la vita sia la somma dei libri che leggo.

Damiano Del Dotto ha scritto 53 articoli:

Libri della serie "Commissario Dupin"

Bagliore Bretone – Jean-Luc Bannalec

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