complicazioniIl termine “complicazione”, ci viene spiegato nella prima pagina di questo romanzo, può indicare una condizione o un evento complesso o confuso, un’intricata e spesso sconcertante relazione fra le parti ma anche qualsiasi componente di un orologio che vada oltre l’indicazione di ore, minuti e secondi e, per finire, una grossa gatta da pelare. Isaac Adamson ha scelto quindi il titolo più adatto al suo libro, dato che in questo thriller avvincente troviamo complicazioni in tutte le possibili accezioni di questa parola.

Il narratore è Lee Holloway, che ci informa in tono apparentemente distaccato ed ironico degli avvenimenti che stanno scombussolando la sua vita; tutto parte dall’improvvisa morte di suo padre e dal ritrovamento di una lettera a lui destinata in cui si annuncia il mistero che sostiene il romanzo: Paul, il fratello del protagonista, che tempo prima si era trasferito a Praga e non aveva più dato notizie di sé, non sarebbe morto per cause naturali durante l’alluvione che ha colpito la città cinque anni prima, ma sarebbe stato ucciso in seguito al suo coinvolgimento nel furto della Complicazione di Rodolfo; secondo la leggenda, questo prezioso orologio fu costruito dall’alchimista inglese Edward Kelley per l’imperatore che durante il suo regno spostò la capitale del Sacro Romano Impero proprio a Praga, attorniandosi di opere d’arte ed oggetti esoterici.

Ad accompagnare un sempre più stranito Lee, accorso nella capitale ceca per tentare di venire a capo della inquietante questione, saranno una bizzarra guida turistica (quella Praga senza limiti che ad un certo punto viene chiamata Praga senza confini, un’incongruenza che la traduzione avrebbe dovuto evitare) e Vera, la misteriosa autrice della lettera, complice di Paul nel furto.

Che fine ha fatto l’orologio? Come sono andate veramente le cose tra Paul, Vera e Martinko Klingáč, il terzo, sfuggente, partecipante al colpo? Per rispondere a queste domande Lee si trova coinvolto in una serie di peripezie, tra personaggi misteriosi, fughe ad effetto, strani ed efferati omicidi e un’ancora più enigmatica custodia per fisarmonica.

Ad intervallare questa vicenda vi è un rapporto stilato nel 1997 dalla polizia praghese (relativo a un non meglio specificato incidente avvenuto nel cosidetto Labirinto degli specchi) che a sua volta rimanda alla trascrizione degli interrogatori di una sospetta dissidente datati 1984, in pieno regime comunista. Veniamo così a conoscenza della Mano Destra di Dio, un fantomatico serial killer a metà tra la leggenda folkloristica e il caso irrisolto, chiamato così perchè amputa l’arto destro delle vittime. A collegare queste due vicende apparentemente distanti ci penserà Soros, ex poliziotto che non ha mai smesso di indagare sulla morte di Paul.

Isaac Adamson adotta uno stile ibrido: da una parte troviamo modi di descrivere classici e alternanza di piani temporali differenti tipica di un certo tipo di thriller, dall’altra la scelta di far narrare al suo protagonista ciò che gli è capitato consente allo scrittore di vivacizzare il racconto con uno humor veramente piacevole, dal sapore più britannico che americano. Lo scrittore statunitense riesce così ad unire il gusto pop per questo tipo di narrativa (alla Dan Brown o alla Glen Cooper, per citare gli esempi più noti) ad una scrittura intelligente che non è solo mero strumento per la suspense ma sa coinvolgere il lettore a più livelli.

Nella seconda parte del romanzo viene introdotto un ulteriore piano temporale ed un nuovo registro: si tratta dell’epistolario che il praghese di origini ebree Jan intrattiene nel 1938, all’alba dell’invasione nazista, con l’amata Klara, defunta anni prima. Naturalmente, anche questo tassello andrà a comporre il puzzle complessivo, unendosi agli altri filoni della storia, introducendo nella trama l’ingrediente mancante e decisivo: l’occulto. Pian piano, infatti, e grazie ad un ulteriore salto all’indietro nel tempo che ci porta all’epoca di Edward Kelley e del suo più famoso collega John Dee, cominciamo a capire cosa sta davvero succedendo e quali oscure forze Lee si è trovato ad affrontare.

Se la grande letteratura è quella che lascia il lettore con più dubbi di quanti ne aveva prima di avventurarsi in essa, allora le crime story più interessanti sono quelle in cui l’indagine, elemento alla base di tutte le storie di questo tipo, trascende in qualche modo il delitto e diventa un’investigazione della realtà; questo tipo di ricerca, però, non può mai essere esaustiva, completa, perchè la vita racchiude sempre in sé una parte di mistero che, per quanti sforzi facciamo, resterà insondabile; quello che si rimprovera oggi ai gialli classici, in effetti, è proprio che al termine della storia tutti i pezzi siano tornati al loro posto: il colpevole è stato scoperto, il meccanismo criminale svelato dal detective di turno; non c’è più spazio, una volta esaurito il caso, per il mistero; la vita torna ad esser razionalmente spiegabile e completamente comprensibile. E’ d’altronde il meccanismo stesso del plot che esige sempre una sorta di conclusione, intesa proprio come termine ultimo che vieta ogni qualsiasi ulteriore divagazione destabilizzante, che rischierebbe oltretutto di frustrare il desiderio del lettore di vedere tutti i momenti di rottura dell’equilibrio che lo hanno catturato scorrendo le pagine giungere al loro scioglimento. È quindi molto difficile, anche nei più problematici noir, trovare finali aperti che lascino troppo in sospeso. Un sostituto meno destabilizzante e più consono alle aspettative del lettore è il colpo di scena: momentaneamente sconvolge le idee che il lettore si era fatto fino a quel momento (e questa sorpresa lo appaga), ma in fin dei conti si tratta sempre di una spiegazione razionale di come sono andati i fatti narrati; non era la prima spiegazione che ci era venuta in mente, ma una volta scoperta essa rimette tutti i tasselli al loro posto.

Questo ottimo thriller, pur avendone la possibilità, non arriva a scardinare questo impianto: tutto torna, alla fine. Però possiede senza dubbio un gran finale che, grazie ad un colpo di scena geniale, pur chiudendosi poi con una spiegazione inaspettata ma decisamente conclusiva, per un attimo fa tremare davvero la terra sotto ai piedi del lettore; e quel momento in cui ci si ritrova senza alcuna sicurezza rimarrà per sempre con noi, fonte letteraria di indicibile godimento.

Complicazioni ha una trama coinvolgente, con forse l’unica pecca nella soluzione di uno dei rompicapi che Lee si trova ad affrontare, quello relativo ad una mappa di Praga da decifrare, troppo cervellotica per generare appagamento nel lettore una volta svelata. E’ un romanzo decisamente ben costruito, che mantiene il suo carico di tensione fino alla fine; un thriller contaminato dall’esoterico (senza che venga calcata troppo la mano sul tema dell’occulto) che si regge su un’idea originale ed affascinante e su un meccanismo narrativo che avvince il lettore nella sua precisa puntualità. Proprio come un orologio.

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Articolo protocollato da Nicola Campostori

Laureato in Scienze dello Spettacolo, vive nella Brianza tossica. Attualmente lo puoi trovare in biblioteca, da entrambe le parti del bancone. Collabora con "Circo e dintorni". Ama il teatro, e Batman. Ha recitato, a volte canta, spesso scrive, quasi sempre legge. Nutre i suoi dubbi, ed infatti crescono bene.

Nicola Campostori ha scritto 76 articoli: