La legge della notte - Dennis LehaneSecondo volume della nuova serie di Joe Coughlin, segnaliamo l’uscita di La legge della notte di Dennis Lehane, edito da Piemme con traduzione di Stefano Bortolussi (titolo originale: Live by night). Si ritorna con questo libro alle atmosfere degli anni venti già viste nel bel Quello era l’anno, con Coughlin a farla da padrone per le strade di Boston, fuorilegge non per nascita, essendo nato e cresciuto nel lusso e con un padre ai vertici della polizia, ma per caso e vocazione. Da quando ha conosciuto cioè Emma Gould, la donna del boss più potente in città e contro cui non Joe non avrebbe mai dovuto mettersi. In questi anni senza freni, il ventenne Joe sa bene che nessuno è fidato nel mondo del crimine: chiunque può tradirti e nessuno metterà in gioco la propria pelle per salvarti. E se la vita è tanto incerta, tanto vale giocarsi tutto oggi, vivere d’istinto e seguire le emozioni.
Mentre i gangster rivali cercano di ammazzarlo, o di tirarlo dalla loro parte, Joe si fa strada verso il gotha del crimine organizzato. Dalla Boston glamour dell’età del jazz arriverà all’assolata Cuba, passando per il sensuale quartiere latino di Tampa, in Florida, in un viaggio nell’America del proibizionismo, una nazione in cui ognuno è pronto a tutto pur di garantirsi la propria fetta di sogno americano.

Tratto dal sito dell’editore ve ne riportiamo l’incipit (potete scaricare il pdf qui).

Qualche anno dopo, a bordo di un rimorchiatore nel Golfo del Messico, Joe Coughlin si sarebbe ritrovato con i piedi in un secchio di cemento. Dodici uomini armati aspettavano di essere abbastanza al largo per poterlo gettare fuori bordo, mentre Joe ascoltava lo scoppiettio dei motori e osservava la scia di schiuma bianca a poppa. E in quel momento si sarebbe reso conto che quasi tutto ciò che di rilevante era accaduto nella sua vita, nel bene e nel male, aveva avuto origine la mattina in cui per la prima volta si era imbattuto in Emma Gould.
Si incontrarono nel 1926, poco dopo l’alba, quando Joe e i fratelli Bartolo rapinarono la bisca sul retro di uno speakeasy di Albert White a South Boston. Prima di entrare, Joe e i Bartolo non avevano idea che il locale appartenesse a White. Altrimenti se la sarebbero data a gambe in tre direzioni diverse per far perdere meglio le proprie tracce.
Scesero le scale sul retro in tutta calma. Attraversarono il bar deserto senza incidenti. Bar e bisca occupavano la parte posteriore di un magazzino di mobili sul fronte del porto. Tim Hickey, il boss di Joe, gli aveva assicurato che apparteneva ad alcuni innocui greci arrivati di recente dal Maryland. Ma quando entrarono nella stanza sul retro, i tre vi trovarono una partita di poker in pieno svolgimento, con cinque giocatori che sorseggiavano whisky canadese ambrato da pesanti bicchieri di cristallo, sotto un tappeto grigio di fumo di sigaretta. Al centro del tavolo da gioco incombeva una pila di denaro.
Nessuno dei cinque sembrava greco. E nemmeno innocuo. Avevano appeso le giacche agli schienali delle sedie, mettendo in mostra le pistole fissate alle cinture. Quando Joe, Dion e Paolo entrarono con le armi spianate i giocatori non cercarono di estrarre le loro, ma Joe capì che due o tre ci avevano pensato.
Una donna stava servendo da bere al tavolo. Posò il vassoio di lato, raccolse la sigaretta da un posacenere e aspirò una boccata con l’aria di chi trattiene a stento uno sbadiglio, malgrado le tre pistole puntate addosso. Come se fosse sul punto di chiedere un bis un po’ più appassionante.
Joe e i Bartolo si erano calati i cappelli sugli occhi e avevano la metà inferiore del volto coperta da fazzoletti neri. Era stata una buona idea, perché, se uno solo di quegli uomini li avesse riconosciuti, la loro speranza di vita non avrebbe superato la mezza giornata.
Una passeggiata, aveva detto Tim Hickey. Colpite all’alba, quando al massimo ci saranno due o tre sgobboni in sala conteggi.
O cinque pistoleri a un tavolo da poker.
«Lo sapete di chi è questo posto?» chiese uno di loro.
Joe non lo riconobbe, ma quello accanto era un volto noto: Brenny Loomis, ex pugile e membro della banda di Albert White, il più grosso concorrente di Tim Hickey nel contrabbando di alcol. Negli ultimi tempi correva voce che Albert stesse facendo incetta di mitragliatrici Thompson in vista di una guerra imminente. La parola d’ordine era: scegli da che parte stare, oppure scegliti una lapide.
«Fate come vi diciamo e ne uscirete senza nemmeno un graffio» disse Joe.
Il tizio accanto a Loomis si fece risentire. «Ho chiesto se sapete di chi è questa bisca, coglione.»
Dion Bartolo gli calò la pistola sulla bocca. Lo colpì abbastanza forte da farlo cadere dalla sedia e sanguinare. E da convincere tutti gli altri che era molto meglio non essere nei panni di quello che si prendeva la pistola sul muso.
«Tutti in ginocchio, tranne la ragazza» disse Joe. «Mettete le mani dietro la testa e intrecciate le dita.»
Brenny Loomis lo guardò negli occhi. «Quando sarà finita chiamerò tua madre, ragazzo. Le suggerirò un bell’abito scuro per la tua bara.»

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Articolo protocollato da Giuseppe Pastore

Da sempre lettore accanito, Giuseppe Pastore si diletta anche a scrivere e ha pubblicato alcuni racconti su antologie e riviste e ottenuto vittorie e piazzamenti in numerosi concorsi letterari. E' autore (assieme a S. Valbonesi) del saggio "In due si uccide meglio", dedicato ai serial killer in coppia. Dal 2008 gestisce il ThrillerCafé, il locale virtuale dedicato al thriller più noto del web.

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