Ombre nell’acqua – Jane Harper
Alla fine del mese di luglio di quest’anno la Bompiani in concomitanza con l’uscita su Netflix della miniserie in sei puntate basata proprio su “The Survivors“ ripropone il romanzo “Ombre nell’acqua“ di Jane Harper tradotto in italiano da Tommaso Varvello.
Ho letto il romanzo tutto d’un fiato e alla fine ero spiazzato e incredulo: più che l’interesse per il delitto prendeva forma nel romanzo la condizione esterna nel quale avveniva e quasi lo preparava, mi colpivano gli elementi naturali, le tempeste, le maree, i paesaggi in primo piano predominanti rispetto agli individui e ai personaggi.
E visto che parliamo di luoghi e di ambienti iniziamo a sfatare una convinzione classica del racconto giallo. Ma chi lo ha detto che l’assassino ritorna sempre sul luogo del delitto? E poi perché dovrebbe tornare? Ad ammirare la sua opera? Nei suoi romanzi la scrittrice nata in Inghilterra ma australiana nel sangue non esclude il ritorno, ma fino alla fine dei suoi racconti non sappiamo mai se questo ritorno sui luoghi dove si sono consumati efferati delitti è un ritorno per la ricerca della verità o per l’accettazione del proprio malevolo destino. Questa è la sua maestria, la sua arte narrativa che fin da subito ha fatto dei suoi romanzi la riuscita trasposizione cinematografica che in alcuni casi può avere più successo del libro ma che non lo potrà mai sostituire del tutto perché solo nella lettura abbiamo il potere di pensare le figure e i personaggi come noi immaginiamo e non come quelli che ormai hanno vita solo sullo schermo e sono irripetibili.
Kieran Elliott dopo quindici anni ritorna con la moglie Mia e la figlioletta Audrey a Evelyn Bay la cittadina costiera sull’oceano della Tasmania, meta ambita dagli amanti del surf, dove vivono i genitori Verity e Brian e che lui ha dovuto lasciare dopo una tragedia, una improvvisa tempesta nella quale sono annegati, il fratello maggiore Finn e un suo amico il socio Toby, accorsi durante la tempesta in aiuto di Kieran. Quel giorno è anche scomparsa Gabby un’adolescente mai più ritrovata. Quando durante la vacanza viene ritrovato sulla spiaggia il corpo di Bronte una ragazza appassionata di fotografia che si paga gli studi con il lavoro di cameriera al ristorante Surf and Turf i sensi di colpa di Kieran riaffiorano e ci portano man mano a svelare gli intrecci e i segreti di questo posto dove tutti si conoscono e tutti sospettano Kieran: ma è Kieran l’assassino? Chi ha causato la morte del fratello e adesso perché con il suo ritorno c’è un nuovo cadavere?
Questo romanzo esce dopo quasi cinque anni dal romanzo d’esordio “Chi è senza peccato” grazie al quale Jane Harper ha ottenuto i prestigiosi premi Ned Kelly Award e Barry. Anche Ombre nell’acqua si svolge nella lontana Australia alla fine dell’estate e tenendo conto che le stagioni australiane sono opposte a quelle dell’emisfero settentrionale è ambientato all’inizio dell’autunno, quando da noi è inverno. Harper ci porta nella sua Australia, dall’altra parte del mondo, ci mostra l’oceano, ci fa intravedere le grotte, le scogliere, le onde che si alzano a coprire tutto, i delitti e i misteri di un oceano che riporta sulla spiaggia quello che il mare rifiuta di nascondere dopo la tempesta che ha cambiato per sempre la vita di questo posto.
Mentre leggevo questa avvincente storia c’era qualcosa che mi sfuggiva e non riuscivo a comprendere, poi per fortuna hanno dato in televisione proprio in questi giorni “Chi è senza peccato“e allora mi si è aperto un mondo.
“The dry“, il titolo originale del romanzo dal quale è tratto il film “Chi è senza peccato“, significa secco, arido, siccità, un immenso deserto che appare nei titoli di testa quando Eric Bana l’agente federale torna nel posto dove è nato e nel quale come Kieran è ancora sospettato di aver causato la morte di una ragazza. Siamo nel deserto e questa macchina decappottabile avanza come una piccola formica in un enorme e incommensurabile spazio aperto e arido secco come il suo cuore. L’agente federale Aaron Falk torna a Kiewarra, nell’entroterra australiano dove è avvenuto un triplice omicidio, il suo amico d’infanzia Luke ha ucciso la moglie e il figlio e poi si è suicidato.
Anche in questo romanzo c’è il mistero di un’altra morte violenta avvenuta anni prima, Ellie Deacon, una sedicenne annegata con tutta la gente del villaggio che sospetta sempre di Aaron.
Sembra una grande contraddizione, qui l’arido deserto e lì l’immensità dell’oceano ma il tema dominante dello stile di Harper è sempre l’Australia, la vastità dei territori, i delitti che non sono più individuali ma collettivi, il senso di colpa e il dubbio che aleggia nelle pagine dei romanzi, gli elementi importanti l’acqua, il fuoco, la vastità e l’enormità delle distese incolte, la siccità, le fiamme, il fuoco e l’acqua, ecco tutto questo fanno dei romanzi di Harper qualcosa di singolare. La particolarità di una terra lontana, nell’immaginario collettivo la terra dei canguri e degli aborigeni a circa un giorno di volo aereo dall’Europa, un territorio che diventa lo sfondo non più di singoli delitti individuali ma delitti che interessano tutta la collettività, una comunità in grado di condannare tacitamente chi sbaglia ma anche di riscattarlo di fronte alla soluzione del mistero.
Il destino e la fortuna di uno scrittore sono nella individuazione di un suo stile e nella capacità di renderlo inconfondibile. Jane Harper inventa il giallo paesaggistico e i delitti incredibili sempre immersi nella natura, all’aperto, nei fiumi, nel mare, nelle praterie, mai all’interno di ambienti ristretti e individuali, delitti che toccano un paese, una comunità che assiste impotente mentre i colpevoli additati vivono una vita ai margini del peccato e del sospetto, retti solo da un grande senso di colpa questo sì interno e sentimentale, fantomatici assassini e alla fine spesso eroi indimenticabili.
La costruzione del male che Harper riesce a creare è unica se anche un maestro del terrore come Stephen King ne consiglia la lettura visto che a lui si gela il sangue di fronte a certe scene calate in un paesaggio preso sempre in primo piano con sullo sfondo il senso della colpa che logora i personaggi.
Recensione di Michele Mennuni
Altri articoli che potrebbero piacerti
La regola del silenzio – Oscar Farinetti
“La regola del silenzio”, il romanzo d’esordio nel mondo della narrativa di Oscar Farinetti, pubblicato da Bompiani, è l’oggetto delle conversazioni che si sentono oggi sedendosi al bancone del [...]
LeggiLe ragioni dell’istinto – Daniele Pronestì
A una prima rapida lettura, il romanzo di Daniele Pronestì, “Le ragioni dell’istinto”, mi aveva spiazzata così tanto che avevo deciso di non continuare a leggere. Due cose, in particolare, non mi [...]
LeggiSardinia Noir – Flavio Soriga
"Sardinia Noir" è una piccola grande antologia. Piccola, perché raccoglie tre avventure del carabiniere Martino Crissanti; grande, perché si tratta di un bel tomo di 430 pagine. Se di questo personaggio non conoscete nulla, o conoscete poco, il mio consiglio è quello di leggere questi racconti cominciando dall'ultimo [...]
LeggiGunner – Alan Parks
Si intitola “Gunner” l’ultimo romanzo di Alan Parks, che esce per Bompiani con la traduzione di Marco Drago. Non è un’avventura dell’ispettore Harry McCoy, che aveva accompagnato i lettori negli ultimi anni, ma è una storia di guerra, vera guerra, quella tra britannici e nazisti di ottant’anni fa. E il protagonista si [...]
LeggiDelitto per gioco – Tom Hindle
Il Thriller Café si trasferisce oggi nella campagna inglese per parlarvi di "Delitto per gioco", un giallo deduttivo di Tom Hindle edito da Bompiani. Il contesto è uno di quelli ben noti agli amanti del mystery classico, ovvero un gruppo di persone che si sono radunate nello stesso posto per un evento: in questo caso [...]
Leggi
