La stanza delle ombre – Mirko Zilahy
Mirko Zilahy (Roma, 1974) torna al pubblico con un thriller ammaliante, ricco di arte e ambientato in una Roma misteriosa e pericolosa.
“La stanza delle ombre” ci consegna un nuovo, carismatico, protagonista: Nemo Sperati, un uomo in grado di immergersi nella stanza delle ombre, ricordare pienamente quello che vede di una scena e riportarla, a occhi chiusi, su un foglio di carta con la fedeltà di una fotografia, arricchendola anche di dettagli “invisibili”, ma reali. Esperto d’arte, in grado di riconoscere un originale da un falso, sarebbe perfetto in polizia o nei carabinieri, soprattutto perché la sua dote di “visione” raggiunge l’apice sulle scene del crimine. Ma il professor Nemo, si limita a collaborare con poca voglia e solo per riconoscenza verso il commissario Zuliani, che difatti, lo porta sulla scena di un omicidio dalle caratteristiche insolite: qualcuno ha ucciso una donna, allestendo poi una messinscena che riproduce un quadro di Millais. Chi meglio di Nemo può comprenderla? Questo sarà solo il primo di una serie di delitti artistici, che porterà lo stesso Nemo nel mirino delle indagini come possibile colpevole. Con l’ispettrice Tiberi che non lo sopporta, un commissario Zuliani sempre più debole a causa di una malattia degenerativa, Nemo dovrà immergersi in una storia violenta che ha stretti legami col suo passato, per vedere finalmente la verità dietro le maschere.
Zilahy si riconferma una volta di più autore originale, in grado di imbastire storie reali con elementi straordinari. In questo romanzo poi accosta contrasti e racconta una storia ricca di chiaroscuri, come un’opera a carboncino. C’è Roma, bellissima, segreta e pericolosa; ci sono i personaggi che, nei capitoli brevi e incisivi, compiono dei viaggi interiori che portano a cambiamenti di visione e impostazioni visibili; c’è la vita e la morte; la realtà, l’invenzione e l’arte, che è piena protagonista del libro, ma anche qui presa da un punto di vista non usuale. L’autore ci porta nel mondo dei falsari, spingendoci a riflettere su cosa sia fare arte, cosa significhi copiare un’opera, cosa renda questa stessa opera un originale o un falso. Zilahy sovverte le regole, ce ne mostra di nuove, allarga gli orizzonti e sfuma i confini di genio e criminalità. Racconta la legge e il suo contrario e come certi soggetti possano truffare con guadagno sfruttando il talento e le entrature giuste. È un mondo spietato quello che ci viene raccontato nel romanzo, in un clima di non detti e sotterfugi dove il delitto è una conseguenza inevitabile. Tanti colpi di scena aggiungono un ottimo ritmo, l’indagine avanza in un misto di binari ordinari e scelte logiche e di passi azzardati o fuori dagli schemi, tenendo sempre agganciata l’attenzione.
In bilico tra presente e passato, “La stanza delle ombre” è un continuo invito alla scoperta della verità: per capire chi sia l’assassino di oggi e cosa lo muova davvero e sollevare il velo erroneo e omertoso su una morte avvenuta quindici anni prima. C’è interesse nella trama, curiosità verso le tecniche di pittura, l’uso del colore e della carta, empatia e tensione verso una trappola che sempre più si chiude su Nemo Sperati, tanto che in più di un’occasione si è portati a dubitare sulla sua innocenza.
I personaggi sono intensi, intriganti, ma il più carismatico di tutti, oltre Nemo con le sue capacità straordinarie, è Rufo Speranza, il genio, l’artista, il falsario. Rufo Speranza non è un personaggio attivo, perché nel presente della storia è morto da un pezzo, ma Zilahy lo rende presente, tridimensionale, perché tutto ruota intorno alla figura di questo maestro che non c’è più, a ciò che ha fatto e a quello che ha lasciato.
Zilahy, nelle note finali, spiega come questo suo libro sia dedicato a Eric Hebborn, il più grande falsario del Novecento. Speranza è liberamente ispirato a lui e invito a non tralasciare la parte di spiegazione dopo il romanzo, perché i lettori, sicuramente colpiti dalla trama, non vorranno perdersi informazioni aggiuntive sulle quali potranno poi approfondire.
Si dice che l’arte spieghi la vita, che la imiti per renderla fruibile, sia come sia è indubbio che le opere dei maestri colpiscono qualcosa di profondamente umano e tangibile dentro di noi. C’è un’attrazione innegabile che questo romanzo risveglia, oltre alla profondità che dimostra attraverso i vari spunti che parlano di tecniche sì, ma anche di etica e morale, che invitano alla riflessione.
Punti di vista inediti che puntano i riflettori su ciò che è giusto e sbagliato, sulle derive alle quali può portare l’avidità, la brama. Non mancano temi come la famiglia e i rapporti personali, la lealtà e l’affetto, come pure la rabbia, la vendetta e la sofferenza.
“La stanza delle ombre” è uno scritto attraente, forte, immersivo, tutto da scoprire.
Mirko Zilahy, ha conseguito un Phd presso il Trinity College di Dublino, dove ha insegnato lingua e letteratura italiana. Collabora con il Corriere della Sera ed è stato editor per minimum fax, nonché traduttore letterario dall’inglese. Una piccola curiosità: tra le sue traduzioni c’è quella del bestseller “Mystic River” di Dennis Lehane.
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