Le notti di Mosca - Franceschini

Giornalista per Repubblica, oltre che autore di gialli, Enrico Franceschini (classe 1956) è l’autore della spy story pubblicata da Baldini+Castoldi “Le notti di Mosca”.
Corrispondente per parecchi anni da Mosca, Franceschini è il gradito ospite del nostro odierno spazio interviste.

[Federica Cervini]: Ciao Francesco grazie per la tua disponibilità a parlare con noi del tuo romanzo “Le notti di Mosca”, protagonista del quale è la delicata situazione geopolitica della Russia; essa diventa la trama di un thriller.
Cosa succede fra le pagine del tuo romanzo: da un lato ai tuoi personaggi, dall’altro alla Russia?
Ed a proposito dei tre protagonisti Selina, Jack e Marco: parlaci del triangolo amoroso che descrivi nel tuo libro.
[Enrico Franceschini]: L’enigma di ogni thriller è che fine faranno i protagonisti. È così anche nel mio, ma in più si tratta appunto di capire che fine farà la Russia.
Il romanzo si svolge infatti negli ultimi mesi del 1999, quando la Russia, dopo il crollo dell’Urss e un decennio di fragile e corrotta democrazia postcomunista, doveva decidere che strada prendere dopo le riforme di Mikhail Gorbaciov e il caos del suo successore Boris Eltsin.
Nella realtà sappiamo come è andata: il 31 Dicembre 1999 arrivò al potere Vladimir Putin e un quarto di secolo dopo è ancora al Cremlino.
Nella mia storia si apre anche la possibilità di uno scenario diverso: bisogna però leggere fino alle ultime pagine per scoprire quale dei due si realizzerà, la dittatura putiniana o un destino migliore.
E in questo scenario storico, popolato di personaggi reali, si muovono i tre succitati personaggi immaginari: Selina, la vedova di un guerrigliero ceceno considerato il Robin Hood del Caucaso; Jack, un ex-commando delle celebri forze speciali britanniche; e Marco, un giornalista italiano che arriva in Russia per seguire la guerra fra Mosca e la Cecenia, piccola regione indipendentista ricchissima di petrolio, e finisce per restarci.
Selina e Jack vogliono entrambi vendicare un torto.
Jack e Marco sono legati da una lontana parentela.
Dall’intreccio dei loro rapporti nasce una ragnatela di affetti, un triangolo d’amore che fa da sottofondo alla spy story, al thriller vero e proprio.

[FC]: La dedica della tua spy story recita “ai miei amici russi con l’augurio che un giorno possano vivere liberi”: perché? Cosa auguri loro oltre a potere e gloria? Cosa desidererebbero oggi i tuoi amici russi e cosa manca loro di più?
[EF]: Auguro la libertà ai russi perché oggi non ce l’hanno e l’hanno goduta raramente nella loro storia millenaria.
Il potere e la gloria, da soli, non bastano: come dimostrano i tanti russi coraggiosi che nel corso del tempo si sono battuti per poter vivere liberi.
Ai miei amici russi oggi mancano la democrazia e la pace, trascinati da Putin in una guerra d’invasione contro l’Ucraina di cui la guerra in Cecenia da me descritta nel romanzo fu il primo modello: bombardamenti a tappeto dei civili e abusi dei diritti umani.
In più, penso che ai miei amici russi manchi la libertà di visitare l’Italia e l’Occidente: prima dell’invasione dell’Ucraina, un milione di russi venivano in vacanza ogni anno nel nostro Paese … non credo che preferiscano fare le vacanze in Corea del Nord.

[FC]: Enrico parlaci di Londongrad, la Mosca-sul-Tamigi.
Ed inoltre, parlaci delle differenze o similitudini (se ce ne sono) tra la Mosca del 1999 che descrivi nel tuo romanzo e la Mosca di oggi 2025.
[EF]: Prima della guerra contro l’Ucraina, che ha interrotto i viaggi dei russi in Occidente – perché tra le sanzioni contro Mosca c’è stato lo stop ai visti di ingresso e ai voli aerei – 200 mila russi vivevano a Londra: era una delle più vaste comunità di immigrati, dopo gli italiani e i polacchi.
Erano così tanti da fare ribattezzare la città Londongrad, per evocare Leningrado, il nome di San Pietroburgo in era sovietica: una Mosca-sul-Tamigi, come la chiamo nel romanzo.
E fra loro c’erano molti oligarchi, i russi che si sono arricchiti con la privatizzazione selvaggia dei beni di stato dopo la fine del comunismo in Urss, diventati proprietari di petrolio, gas, carbone, con un patrimonio di miliardi.
Un paio di questi sono fra i personaggi del mio libro, che si svolge quindi fra Londra, Mosca, la Cecenia e la località sciistica di Courchevel, nelle Alpi francesi, diventata la prediletta di questi nuovi ricchi russi.
Ti posso dire Federica che la Mosca del 1999 era diversa da quella odierna, soprattutto per una cosa: c’era ancora la speranza di libertà e democrazia.
Oggi è una Mosca autoritaria e autarchica, in cui tutto è in mano a Putin, e da dove sono fuggite tutte le aziende e i marchi occidentali.

[FC]: Perché Marco non dissuade Selina dal diventare una “vedova nera”?
Come mai nel cuore di Selina c’è spazio solo per l’odio e la vendetta?
Non è quindi vero che “omnia vincit amor”?
Perché non hai immaginato un futuro felice per loro?
[EF]: Selina vuole diventare una vedova nera, come si chiamano nel romanzo e come si chiamavano nella realtà le donne cecene che hanno perso il marito nella guerra contro la Russia, e che sono determinate a vendicarsi, anche a costo della vita.
Da un lato Marco prova a dissuaderla, per i sentimenti che prova per lei.
Dall’altro capisce che, nella cultura cecena, dominata dalla legge del taglione – occhio per occhio, dente per dente – la vendetta ha la priorità su tutto.
Ma in qualche modo, nel romanzo, il detto latino viene rispettato, l’amore trionfa su tutto: nel senso che anche un cuore in cui, a causa di un immenso dolore, si era spenta ogni passione, ricomincia a battere.
E se il loro futuro sia felice o meno, lascio che lo stabilisca il lettore, giunto alla fine del libro.

[FC]: Parliamo di vendetta e giustizia: quale significato e quale valore hanno questi due termini per i ceceni?
[EF]: Come ho detto, in Cecenia domina la legge del taglione.
A noi occidentali sembra primitiva e feroce.
Per questo piccolo popolo del Caucaso, invece, è una forma di giustizia semplice e diretta.
Se non può eseguirla chi ha subito un torto, spetta si suoi figli o ai suoi congiunti farlo.
È una giustizia molto distante dalla nostra concezione.
Anche in questo caso, io mi limito a raccontare quello che succede: lascio al lettore il giudizio sul desiderio di vendetta dei protagonisti, notando soltanto che a volersi vendicare non è soltanto la cecena Selina, ma anche il britannico Jack, che davanti al cinismo della politica non crede più nella giustizia tradizionale e decide di provare a farsi giustizia da solo.

[FC]: Enrico, Dostoevskij ha detto “la verità è sempre inverosimile”: è una frase ancora valida oggi a tuo parere, sia in Oriente che nel nostro Occidente?

[EF]: Significa che le cose non sono così semplici come appaiono. E questo credo che valga per la vicenda di fantasia del mio romanzo, in cui cito questa frase dell’autore di ‘Delitto e castigo’, così come per la realtà, in Occidente come in Oriente.

[FC]: Quali sono gli autori del genere thriller / giallo che leggi di preferenza?
[EF]: I miei modelli, per la storia che racconto in “Le notti di Mosca”, sono due maestri inglesi del genere thriller: John le Carrè e Frederick Forsyth – in particolare, per il primo il romanzo “La passione del suo tempo“, e per il secondo il romanzo “Il vendicatore“.
Ma di autori di gialli o thriller ne apprezzo molti altri, anche fuori dalla categoria della spy story, da Simenon a Chandler, per limitarmi a due grandissimi classici.

[FC]: Siamo alle ultime battute della nostra piacevole intervista: vuoi lasciare un saluto ai lettori di Thriller Café?
[EF]: Volentieri Federica! Vi saluto ringraziando per lo spazio e l’attenzione che mi date.
E con una scommessa: leggendo il mio romanzo, non vi annoierete.

[FC]:A titolo personale e di Thriller Café, ti ringrazio Enrico per il tempo che ci hai dedicato – alla prossima!

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Le notti di Mosca
  • Franceschini, Enrico(Autore)

Articolo protocollato da Federica Cervini

Classe 1972, mamma lavoratrice curiosa ed infaticabile, sono laureata in Filosofia indirizzo Psicologico e da che ne ho memoria sono innamorata dei libri: non esco mai di casa senza un romanzo nello zaino. La mia parola d’ordine, mutuata da “Wonder” di R.J. Palacio, è: “Quando ti viene data la possibilità di scegliere se avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile”.

Federica Cervini ha scritto 19 articoli: