
L’ospite del nostro Thriller Café quest’oggi è una autrice americana al suo esordio letterario con un thriller adrenalinico e dal ritmo implacabile; la nostra Federica Cervini ha letto e recensito “Killer potential”, Marsilio Editore e chiacchierato piacevolmente con Hannah Deitch.
[Federica Cervini]: Buongiorno Hannah è un vero piacere conoscerti e poter con te approfondire qualche tema del tuo thriller “Killer potential” – appena pubblicato in Italia.
“E poi mi laureai, e non riuscii a trovare lavoro. Lo cercai. Continuai a cercare per due anni. C’era ancora qualche possibilità. C’è sempre qualche possibilità”.
A parlare è Evie, iniziamo da lei – ti chiedo: l’America è ancora oggi il Paese delle possibilità illimitate?
[Hannah Deitch]: non so se lo sia mai stato, a dire il vero – e se lo è stato, quel tempo è passato da tempo. Credo che Evie parli dal punto di vista di qualcuno ancora sotto l’incantesimo di quel mito.
Quando incontriamo Evie per la prima volta, è disillusa dal sogno americano, ma non è ancora del tutto cinica.
Ha lavorato duramente per tutta la vita, ha preso sempre il massimo dei voti a scuola, è entrata in una grande ed importante università.
Ma questo non l’ha aiutata a trovare un buon lavoro o a uscire dalla classe sociale in cui si trova per nascita.
Ora lavora come tutor per il SAT (Scholastic Aptitude Test), in pratica aiutando i ragazzi ricchi a diventare ancora più ricchi.
Tutte le cosiddette “promesse”, derivanti dalla sua istruzione, non hanno per nulla spostato l’ago della bilancia in termini di conto in banca.
Quando Evie giunge alla fine del suo viaggio nel libro, finalmente capisce quale è la verità e vede il sogno americano per la finzione che è.
[FC]: “Ragazzi svegli, ragazzi medi, ragazzi senza speranza”: come sono i giovani americani di oggi?
[HD]: Questa è una buona domanda Federica: non faccio ripetizioni da molto tempo, ma quando insegnavo alle matricole dell’Università di Irvine sono rimasta davvero colpita dai miei studenti, dalla loro competenza e dalla loro lucida comprensione di come funziona il mondo oggi.
Erano anche molto ottimisti, cosa che ho apprezzato.
Ho imparato molto dai miei studenti, e spero che le cose non siano così complicate per la loro generazione, come a volte temo che siano.
[FC]: Parlaci del rapporto tra Evie e Jae – hanno compiuto delle scelte che le hanno avvicinate: cosa sono l’una per l’altra?
Ed inoltre: Evie e Jae non sono solo killer, sono donne killer – quasi figure mitologiche e simboli del male.
Vuoi parlarci di questo male tutto al femminile?
[HD]: Penso che per Evie, Jae rappresenti la libertà totale.
Finché non ha incontrato Jae, Evie ha cercato di giocare secondo le regole: Jae la introduce in una vita fatta di furti d’auto e borseggi – in pratica, la porta a vivere completamente al di fuori delle strutture sociali tradizionali.
E penso che per Jae, Evie rappresenti la libertà: Jae si è ritrovata in una sorta di prigione che lei stessa ha creato, ed Evie la salva da quella vita miserabile.
In verità Evie potrebbe liberare Jae in qualsiasi momento, ma sceglie sempre di non farlo; in un certo senso Evie è la prima persona che si ferma ad ascoltare Jae, a sentire tutta la sua storia, a “vederla” nella sua interezza, nel bene e nel male.
Per quanto riguarda il “male al femminile”, è davvero interessante perché le donne che commettono crimini rappresentano in un certo senso il paradosso più grande per la nostra cultura.
Rendiamo continuamente cattive le donne, e molti dei nostri miti e del nostro folclore si rifanno a questa idea che le donne siano malvagie e pericolose – eppure la cosa affascinante è che facciamo anche fatica a credere che siano capaci di commettere atti di violenza terribili.
Spesso, quando gli uomini sono serial killer o fuorilegge vengono elevati a questo status di culto, quasi come se fossero degli eroi popolari.
Le donne, al contrario, sono trattate come aberrazioni, come errori.
Il fatto che Evie e Jae siano così odiate le avvicina.
Hanno rispettivamente soltanto l’una per l’altra.
[FC]: Evie ironizza facendo un parallelismo tra sé e gli omicidi compiuti da Charles Manson.
In tempi diversi esiste medesima crudeltà? Come essa è cambiata in America?
Parlaci anche del sistema giudiziario americano, che il padre di Evie nelle pagine definisce “estremamente problematico”.
[HD]: Credo che l’ironia del parallelo con Charles Manson risieda proprio nella differenza tra Evie e Manson.
I crimini di Manson avvengono a Los Angeles contro i ricchi: questo è l’unico collegamento, altrimenti non hanno praticamente nulla in comune – ma credo che sia quello che succede spesso nel il modo in cui i media sensazionalizzano la criminalità.
Il sistema giudiziario americano è estremamente prevenuto nei confronti dei diseredati.
I reati dei colletti bianchi e quelli finanziari vengono insabbiati, mentre i reati minori commessi dai poveri vengono severamente puniti – e ovviamente in questo la polizia gioca un ruolo fondamentale.
Questo è un romanzo poliziesco, e credo che i romanzi polizieschi debbano essere onesti sul modo in cui funziona realmente il sistema giudiziario penale.
In questo libro quindi non ci sono poliziotti eroi.
[FC]: Innegabile il riferimento a “Thelma & Louise” nel tuo thriller.
Quanto c’è di Thelma e Louise in Evie e Jae – e quanto di te in ciascuna delle due protagoniste?
[HD]: È curioso: per quanto ami “Thelma & Louise” – che è uno dei miei film preferiti in assoluto – in realtà non ci pensavo affatto coscientemente mentre scrivevo il romanzo.
Solo in seguito, quando la mia agente stava lavorando con me per vendere il libro agli editori, ha tirato in ballo il film “Thelma & Louise” nella sua proposta.
Ma sono sicura che inconsciamente ci sia molti di quei personaggi nella dinamica del rapporto tra Evie e Jae; Evie credo sia più Thelma, l’ingenua che finisce per sviluppare una passione per il crimine non appena si libera dalla sua vita oppressiva.
Jae è più simile a Louise scaltra e fieramente indipendente, che ha subito un grave trauma e ora fa fatica a fidarsi degli altri.
Infine ti confesso Federica che riesco anche a vedere un po’ di me stessa in entrambe le mie protagoniste.
[FC]: “Mi ero sempre aggrappata all’idea che il bene e il male fossero identità stabili”: cosa sono a tuo parere bene e male oggi?
[HD]: Questa è una domanda fondamentale!
Credo che “male” sia un termine da conservare per i sistemi e le istituzioni, cioè le aziende, Wall Street, i Governi che fanno da braccio destro ai capitalisti, rendendo la vita invivibile a miliardi di persone.
[FC]: Parliamo della funzione dei media, che dovrebbe essere di informare, ma spesso invece non lo fanno.
Ad esempio nel tuo romanzo i media paiono addirittura fomentare l’odio verso Evie e Jae.
Ti chiedo: l’odio unisce?
[HD]: Non dovrebbe, ma certamente lo fa.
L’odio può essere un terreno comune per le persone, che si tratti di odiare un gruppo di persone, in stile fascista, oppure semplicemente di odiare il rivale di una squadra sportiva.
Non credo però che duri così a lungo. L’odio richiede molta resistenza: può sostenerti solo per un certo periodo.
[FC]: Quali sono gli autori di thriller che leggi di preferenza e che ci consigli di avvicinare?
[HD]: Le mie scrittrici di thriller preferite sono Gillian Flynn e Tana French.
Quanto ad un’autrice più classica, non posso non citare Patricia Highsmith.
E adoro anche Liz Moore.
[FC]: Vuoi lasciare un messaggio di saluto ai lettori di Thriller Café?
[HD]: anzitutto grazie mille Federica per tutto l’amore ed il supporto che hai dimostrato nei confronti di “Killer potential”!
Come autore esordiente, per me significa tantissimo che tu abbia voluto dare una possibilità ad un autore sconosciuto e trattare questo libro (e me) con così tanta generosità.
Un saluto affettuoso quindi da parte mia a te ed ai lettori di Thriller Café, arrivederci!
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