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Al Thriller Café arriva oggi un cozy mystery a opera di Raffaella Bossi. Quarto volume della serie “Delitti e profumi“, vi presentiamo “In fragranza di shopping” (Il vento antico, 2024).
In una Varese sepolta dalla neve, Greta Ferrari, temutissima regina del fashion locale, viene ritrovata strangolata nel magazzino della sua lussuosa boutique. Il foulard di Hermès stretto al collo è l’ultimo tocco di un’eleganza che si è tinta di sangue.
Dietro l’immagine patinata della vittima si nasconde una donna abituata a comandare con pugno di ferro: imprenditrice spregiudicata, dispotica con dipendenti e soci, coinvolta in traffici poco chiari e in relazioni tutt’altro che limpide. E la lista di chi avrebbe avuto un buon motivo per eliminarla è lunga. Troppo lunga.
Tocca di nuovo alla PM Roberta Burigana e al commissario Nicola Di Stefano sciogliere la matassa di segreti, rivalità, false apparenze e bugie. Ma con loro ci sono anche i coinquilini del Bed & Breakfast “L’Essenza” – un architetto milanese, uno psichiatra romano, e la raffinata maître parfumeur Agata Cristiani – che, come sempre, non riescono a restare spettatori e si lanciano a caccia dell’assassino… a modo loro.
Tra profumi di alta gamma, borse da collezione e segreti sepolti sotto una spessa coltre bianca, In fragranza di shopping è il quarto episodio della serie “Delitti e Profumi”. Un giallo frizzante e intelligente, dove ironia e suspense si fondono in un intreccio appassionante, popolato da personaggi brillanti e ambientato in una provincia italiana solo in apparenza tranquilla.
Un caso in cui anche il più sottile profumo può diventare una prova. E l’olfatto, più che la vista, è il senso della verità.
Questa in sintesi la storia narrata da “In fragranza di shopping“; per approfondire il romanzo vi lasciamo con tre domande all’autrice e un estratto.
Tre domande all’autrice
Com’è nato questo libro?
Preferisco non pianificare le trame a tavolino: le storie, per me, nascono da riflessioni sul mondo che ci circonda. Oggi più che mai, i social sono una vetrina scintillante che ci mostra lusso, bellezza e perfezione—o almeno, ciò che vogliono farci credere. Immagini patinate, vite apparentemente da sogno, auto da milioni e borse da collezione come la mitica Birkin… E nel confronto, è facile sentirsi inadeguati.
Ma dietro a tanta perfezione, spesso, si nascondono crepe profonde. Da qui prende forma Greta Ferrari, la vittima di In fragranza di shopping: donna affascinante, proprietaria di una boutique esclusiva, eppure tutt’altro che impeccabile nella sua vita privata. Con lei ho voluto dare voce a una verità che mio nonno sapeva riassumere in modo impeccabile: “Anche se metti la sella a un asino, non diventa un cavallo.”
Perché il valore di una persona non si misura da ciò che possiede, e il vero prestigio non ha etichette né può essere acquistato.
Detto ciò… resta il fatto che una borsa Hermès o una Ferrari possono far battere il cuore. Il buon gusto, in fondo, non è reato.
Qual è la cosa che i lettori potrebbero apprezzare di più nel romanzo?
Probabilmente, ciò che i lettori potrebbero apprezzare di più è il contrasto tra l’apparenza scintillante e la realtà molto più opaca dei personaggi. In fragranza di shopping gioca con il mondo del lusso, delle boutique da sogno e dei profumi esclusivi, ma lo fa con uno sguardo critico, a volte ironico, sempre umano. Non si tratta solo di scoprire “chi è stato”: si tratta di capire perché, e cosa si nasconde dietro una vita perfetta su Instagram o una vetrina impeccabile in centro città.
Essendo una serie, molti lettori si sono affezionati ai protagonisti e apprezzano l’evolversi della loro convivenza, fatta di dialoghi serrati, battute al vetriolo e momenti inaspettatamente intimi. Come se tornare tra le pagine di ogni nuovo libro fosse un po’ come rientrare al B&B L’Essenza – una magnifica villa liberty immersa nei profumi e nelle dinamiche quotidiane. Nonostante la location lussuosa, la casa è permeata non solo dalle fragranze create da Agata, la maître parfumeur e padrona di casa, ma anche da una calda familiarità fatta di abitudini condivise, gesti ripetuti e piccole imperfezioni che la rendono sorprendentemente accogliente.
“In fragranza di shopping” è il suo ultimo libro, ma anche il quarto della serie “Delitti e profumi”. Come si sono evoluti i personaggi nel corso della serie e cosa li rende ancora così irresistibili per i lettori?
La cosa piacevole di scrivere una serie è che i personaggi possono mostrare in ogni libro qualcosa in più di se stessi. In Delitti e profumi, dove i protagonisti vivono sotto lo stesso tetto e hanno creato una sorta di famiglia, le relazioni personali diventano sempre più strette, l’amicizia più profonda e anche la compressione dei reciproci difetti. Credo che i lettori apprezzino molto il fatto di poter spiare la vita privata, la quotidianità, dove i titoli accademici e quelli professionali sono in secondo piano, ed emergono invece gli esseri umani. E poi, diciamocelo, è rassicurante scoprire che un poliziotto navigato può perdere una battaglia contro un cane testardo, o che persino un procuratore, nel privato, cucina come la maggior parte di noi.
Estratto
Prologo
Greta Ferrari aveva precorso i tempi. Nata in un’epoca in cui la parola bullismo non era ancora stata inventata, era stata l’anticipatrice di un comportamento che sarebbe stato riconosciuto e stigmatizzato mezzo secolo dopo. Dotata da madre natura di fattezze angeliche e di un carattere diabolico, sin dalla più tenera età aveva sempre ottenuto quello che voleva. Per lei gli ostacoli altro non erano che impedimenti da aggirare, atteggiamento in genere virtuoso, se non avesse comportato il calpestare sentimenti e persone con la stessa delicatezza di uno schiacciasassi.
In famiglia la chiamavano con il vezzeggiativo di Ira, diminutivo di iraconda, da quando a cinque anni aveva frantumato un servizio da tè di pregiata porcellana perché la madre le aveva negato la terza fetta di torta. Il tempo non ne aveva mitigato l’indole a dir poco fumantina, anzi. La consapevolezza che la maggior parte delle persone fosse restia a scenate, piazzate e alterchi l’aveva ancor più radicata nel suo comportamento. Dopo avere vessato i genitori e i due fratelli, era passata al fidanzato. Il giovane Sala, accecato dall’amore, aveva pensato di poterla cambiare e, malauguratamente, l’aveva impalmata.
Era così diventata Ferrari in Sala, come fosse una fuoriserie esposta in casa a mo’ di cimelio, cosa che l’aveva, chissà per quale oscuro meccanismo della mente, resa ancora più arrogante e presuntuosa.
In seguito, con l’apertura di un negozio di abiti, era passata ai maltrattamenti su larga scala. Originaria di Milano, dove la moda era di casa, aveva pensato di portare a Varese, dove era approdata dopo il matrimonio, i marchi dell’haute couture. La ricca e borghese provincia aveva accolto con favore il commercio fashion della Ferrari, un po’ meno le banche e, in particolare, i direttori degli uffici prestiti che parevano dei salici piangenti ogni volta che la donna arrivava con un nuovo progetto da finanziare. Poco colta ma molto astuta, aveva capito che il segreto del successo imprenditoriale era usare soldi altrui, sui quali scaricava il rischio e le notti insonni, e trattenere i profitti occultandoli in conti all’estero, in modo da dormire il sonno dei giusti.
In quarant’anni di attività, durante i quali si era procurata una socia abile a reperire capitali, Greta Ferrari in Sala era diventata una vera e propria virago, proprietaria di una boutique in città dove vendeva abiti e accessori delle grandi maison partendo da Armani fino ad arrivare a Yves Saint Laurent, nel mezzo tutti gli stilisti più famosi rigorosamente in ordine alfabetico.
Una donna tirannica, prepotente e saccente, cui nessuno era mai riuscito a tenere testa e con cui era impossibile avere l’ultima parola, ma anche molto elegante, curata nell’aspetto e sempre vestita all’ultima moda.
Ironia del destino, aveva esalato il suo ultimo respiro con un foulard di Hermès al collo, tanto stretto da strangolarla. Se l’ultima parola fosse stata sua o di chi aveva posto fine alla sua esistenza, non è dato sapersi.
Quando Clelia Marzoli si svegliò e guardò fuori dalla finestra, la fronte le s’imperlò di sudore. Quella notte aveva nevicato ininterrottamente e la città era ammantata in una candida coltre spessa più di un metro. Alla donna venne un mancamento al pensiero di arrivare in ritardo per l’apertura della Boutique GF dove lavorava. Le era capitato solo una volta, e non era nemmeno stata colpa sua perché l’avevano tamponata. La compilazione della constatazione amichevole, a parte non essere stata per nulla gentile, aveva portato via quasi un’ora. Quando, trafelata e con il collo dolorante, era arrivata, aveva dovuto sopportare una sfuriata della Ferrari che, nonostante l’usuale eleganza, le aveva inveito contro sputacchiando bava come un animale rabbioso.
Clelia si fiondò in camera, indossò gli abiti più pesanti che aveva, infilò in borsa la divisa del negozio ed uscì di casa correndo. La rampa del garage era impraticabile, i pullman e i taxi non circolavano, l’unica soluzione rimase quella di farsi la strada a piedi. Dopo un chilometro era bagnata fino al midollo; dopo due si sarebbe accasciata a terra e avrebbe aspettato un San Bernardo con la botticella di brandy al collo, tuttavia non si arrese. La tenacia la sostenne per l’ultimo chilometro, percorso quasi scavando una galleria nella neve che continuava a cadere. Giunta in Corso Matteotti avrebbe piantato la bandiera italiana per terra e urlato come Rocky dopo aver salito la famosa scalinata. Invece, con l’ultimo residuo di forze conquistò la Piazza del Podestà. Da lì passò sotto l’arco con tanto di portone che accedeva al cortile del Broletto dove c’era l’ingresso di servizio del negozio.
E lo trovò aperto.
Non fosse già stata assiderata si sarebbe congelata in quel momento. Oddio, ieri sera ho lasciato aperto, fu il suo primo pensiero. Poi si rammentò che, la sera prima, la Ferrari le aveva detto che avrebbe chiuso lei dopo aver controllato alcuni conti. Titubante spinse la porta di legno antico che si spalancò senza emettere suono girando sui cardini ben oliati. Entrò e subito si levò i pesanti scarponi onde evitare di bagnare il pavimento e notò che c’erano gli stivali della Ferrari. Sarà già arrivata, pensò.
Con i denti che battevano fuori controllo e scossa dai brividi come fosse una maracas, richiuse l’uscio e si diresse al magazzino dove c’era anche lo spogliatoio.
«Madonna» e si portò una mano al petto.
Raffaella Bossi
Raffaella Bossi legge moltissimo, scrive tanto e, se fa altro, pensa al prossimo capitolo. Trasforma le proprie conoscenze in personaggi, a volte capita che li uccida. Viaggia per non rimanere a corto di ambientazioni. È una donna fedele, ma solo al marito, mai ai generi letterari: è passata dal romanzo storico, al thriller politico, all’avventura, ma commedia, umorismo e satira sono i suoi cavalli di battaglia. Al momento scrive cozy mystery che divertono lei e anche i suoi lettori. Il suo entourage di fiducia sono tre boxer.
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- Bossi, Raffaella(Autore)