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La presentazione di oggi del Thriller Café vede protagonista Fabio Casalini con il suo romanzo “Fantasmi” (Capponi Editore).

Fantasmi” è un’opera in cui c’è un’indagine, sulla misteriosa morte di una donna e di sua figlia di tre anni, ma c’è soprattutto un continuo gioco di riflessi distorti in cui è impossibile distinguere la realtà dalla percezione che il protagonista ha di essa.

L’uomo che investiga e racconta in prima persona sperimenta avvenimenti, sedute di ipnosi, ricordi, desideri, e a mano a mano che procede nel percorso il confine tra cosa è reale e cosa no diventerà sempre più incerto, fino a che egli stesso diventerà spettatore inerme di questa deformazione percettiva, portando con sé il lettore in un mondo inafferrabile.

Per approfondire questo aspetto centrale del romanzo abbiamo chiesto all’autore come sia nato questo libro, e questo è quanto ci ha raccontato:

“Il libro nasce dalla mia voglia di mettere in scena, con un linguaggio romanzato e metaforico, la contraddittorietà, l’assurdità talvolta, della vita e delle relazioni umane, contraddiste da un perenne tentativo di capire qualcosa che, per propria natura, sfugge continuamente. Persino il titolo, Fantasmi, deve rimandare immediatamente a quello che è il nucleo tematico fondamentale della storia, ovvero l’inconoscibilità. Si parla di un’ignoranza costituente, un limite epistemologico invalicabile. I fantasmi, i “phantasmata” platonici appunto, sono immagini fittizie, irreali, ingannevoli. Ma queste illusioni, questi giochi prospettici, non sono altro che gli oggetti del mondo, i fatti che quotidianamente, empiricamente, viviamo. Qualunque cosa sia possibile sperimentare  cambia nel tempo, non è mai uguale a se stessa, perisce, è soggetta a infinite interpretazioni. Com’è possibile, si chiede Platone, che su tale tipo di enti si possa esprimere un giudizio di conoscenza? In questo contesto gnoseologico si inserisce la mia storia, in cui, qualunque aspetto considerato essenziale nella vita, diviene etereo come un fantasma. La conoscenza, l’amicizia e perfino l’amore sono irrimediabilmente compromessi, la volontà e il libero arbitrio si sfumano. Si erge incontrastata, indissolubilmente legata al fato, la necessità.”

Se questa introduzione vi ha incuriosito, potete qui leggere un estratto dal capitolo 7.

Estratto

Quattro anni prima degli omicidi

«Mi sembra di ricordare, dai racconti di papà, che si trattasse di un bambino di cinque anni» esclamò, pensieroso, Francesco. Elena ascoltava interessata mentre stava comodamente seduta su una delle due poltrone dello studio del suo socio. Le gambe accavallate erano parzialmente coperte, fino alle ginocchia, da un elegantissimo tailleur grigio, indossava delle décolleté nere e i capelli erano raccolti in un’ordinata, biondissima coda. Seduto tra loro si trovava, padrone indiscusso della conversazione, sicuro di sé e dei suoi nostalgici racconti, un vecchio amico di famiglia di Francesco, un ex ispettore di polizia in pensione che un tempo aveva lavorato gomito a gomito con suo padre: «sette anni. Aveva sette anni quella povera creatura quando fu rapita. Ai nostri tempi non era come adesso che la polizia può contare sull’analisi del DNA e su tutte quelle diavolerie moderne…».

In quel momento qualcuno aprì la porta, entrando senza bussare. Era Fabrizio che, rendendosi conto di aver interrotto una conversazione che sembrava molto animata, si affrettò quindi a richiudere chiedendo scusa: «credevo non ci fosse nessuno, perdonatemi, aspetto qua fuori…».

«No amore, entra pure, non è un appuntamento di lavoro, siamo tra vecchi amici…» Elena fu lesta nel richiamare il marito sulla porta.

«Sì, Fabrizio, unisciti a noi. È venuto a trovarmi un carissimo amico di mio padre, mi ha praticamente visto crescere». Anche Francesco pareva felice di vedere il dottore.

«Signore, le presento mio marito, il dottor Fabrizio» esclamò, con una malcelata punta d’orgoglio, Elena.

L’uomo lanciò uno sguardo al nuovo arrivato prima di rispondere a sua volta; negli occhi si intravedeva un misto tra curiosità e invidia: «lui è il fortunato marito quindi, piacere di conoscerla. Venga a sedersi, anche se in effetti siamo nel bel mezzo di un racconto che è tutt’altro che piacevole…».

«Non preoccuparti, Fabrizio è abituato a vedere cose molto peggiori…» Francesco aveva cercato, a suo modo, di tessere le lodi dell’amico che nel frattempo aveva preso una sedia nell’angolo della stanza e l’aveva posizionata vicino agli altri.

«Accidenti che descrizione sprezzante, di cosa si occupa lei?» chiese l’uomo.

«Sono un medico legale, lavoro in ospedale» rispose Fabrizio.

«Capisco, interessante. Comunque, per continuare il discorso, noi potevamo contare al massimo su qualche intercettazione telefonica e sull’analisi delle impronte digitali; davvero poca cosa rispetto agli strumenti di cui dispongono oggi detective e squadre mobili. Era tutto una questione di intuito, trovare le prove era molto molto più complesso. Stabilire un fondamento certo su cui poter poggiare le nostre ipotesi e quindi il nostro intero impianto conoscitivo era davvero un’impresa ardua. Alcuni casi che venti anni fa sono rimasti irrisolti per mancanza di prove oggi verrebbero chiusi in meno di settantadue ore. La prova è quel dato conoscitivo che funge da rappresentazione per i mattoncini del ragionamento decisionale di un pubblico ministero e di un giudice. La prova» spiegava il vecchio poliziotto, scandendo con enfasi ogni singola parola «è la materializzazione di un fatto storico, l’elemento su cui verranno esaminati gli imputati e l’intero caso…». L’uomo, come un oratore esperto, conduceva la discussione, ciecamente convinto della veridicità delle sue opinioni ma certamente anche attaccato, come lo sono sempre gli anziani, ad un passato che non voleva lasciar andare.

«Ha presente Keplero?» Fabrizio aveva interrotto il monologo dell’anziano detective «l’astronomo, intendo. E Tycho Brahe? Non sono molti gli anni che li dividono e certamente si trovavano di fronte allo stesso mondo fenomenico. Tuttavia la storia ci ha mostrato che la loro lettura della realtà non è stata la stessa…»

«Fabrizio non iniziare ora» Elena prese la mano del marito, sorridente e innamorata, poi continuò: «lo perdoni, a lui piace fare sempre il bastian contrario».

«Non si preoccupi» esclamò tranquillo e quasi divertito il vecchio «i fatti del mondo esistono indipendentemente dalla affermazioni del signor Fabrizio».

«Io passo le giornate ad inventarmi universi possibili in cui trovare delle corrispondenze con i segni che leggo sopra a dei cadaveri. Analizzo un corpo senza vita e devo capire, non sapendo assolutamente in che modo sia morta la persona che ho davanti, quali siano le cause del decesso. I processi fisiologici, biochimici e anatomo-patologici che hanno condotto quell’individuo a perdere la vita. Ad essere sincero, però, non sono così certo che le infinite realtà che mi costruisco non siano che semplici passaggi inferenziali totalmente scollegati dal mondo fattuale».

«Ma i fatti sono tutto» cercò di obiettare l’anziano «il mondo è reale. Io posso osservare eventi molto complessi e arrivare comunque a conclusioni certe, tramite passaggi logici chiari e ben definiti ma che, in un’ultima analisi, si riferiscono sempre a semplici avvenimenti del mondo. Sto pensando a quegli stessi fatti, legalmente e penalmente parlando, che si riferiscono, nel caso di un processo, all’imputazione, ai fatti che ineriscono alla punibilità dell’imputato e, ancora, ai fatti legati alla determinazione della pena o delle misure di sicurezza».

«In effetti» riprese Fabrizio «se i fatti non fossero certi come si spiegherebbe il successo predittivo di un ipotesi? E tuttavia che razza di entità sono i fatti? Mentre le proposizioni che utilizziamo per descriverli?  Per stabilire se una proposizione è vera devo confrontarla direttamente coi fatti. Ma per confrontare una proposizione con un fatto, occorre che questo sia determinato; ma affinché lo sia devono essere operate delle scelte epistemiche. Quindi un confronto diretto tra proposizioni e fatti dipende dalle scelte epistemiche del soggetto. (Silvano Zipolicaiani) Giunto fin qui mi trovo costretto ad affermare che i fatti non sono indipendenti dalle credenze dei soggetti, ma le credenze, astratti stati mentali, come possono corrispondere ai concreti e ontologicamente materiali fatti del mondo?».

Il detective in pensione non si dava per vinto di fronte alle speculazioni del medico, quindi, mentre Francesco ed Elena assistevano divertiti a qualcosa a cui sembravano più che abituati, incalzò: «Io posso fare esperienza dei fatti del mondo e conoscerli. Il mondo è oggettivo, reale e tangibile e io ne posso fare esperienza coi miei sensi…».

Fabrizio sorrise sarcastico poi interruppe il suo interlocutore: «resiste l’idea che a ogni asserzione sintetica corrisponda un unico dominio di eventi sensoriali, così che la presenza di uno qualunque di essi aumenterebbe la probabilità che l’asserzione sia vera… (Willard Van Orman Quine) ma credo che ora la questione circa il fondamento della conoscenza sia divenuta chiara. Se si considera la conoscenza come un sistema di proposizioni… in cui ci interessiamo solo di connessioni inferenziali, allora la questione del fondamento… può essere risolta del tutto arbitrariamente… si potrebbero allora considerare come fondamento ultimo le proposizioni generali… cioè quelle che si è soliti scegliere come assiomi… ma prese tutte insieme le proposizione della scienza non sono che ipotesi… La conoscenza perviene ad essi come una fiamma, attingendoli per un attimo e subito consumandoli. E di qui alimentata e rinforzata, guizza verso l’esperienza futura». (Moritz Schlick).

Ci fu una lunga pausa in cui tutti i presenti sembrarono immergersi all’interno della propria testa, nelle spirali profonde della riflessione filosofica e teoretica, quindi fu Elena a rompere il silenzio: «amore mio, ma noi dobbiamo andare, guarda che ora abbiamo fatto, rischiamo di fare tardi a cena…».

«Hai ragione, accidenti» rispose Fabrizio come svegliandosi da un lungo sonno, poi in tono ironico e giocoso si rivolse anche agli altri presenti: «signori, per restare in tema… credo proprio che adesso rapirò questa bellissima avvocatessa e voi non potrete fermarmi».

«Ci dica almeno il prezzo del riscatto» rispose il vecchio sorridendo.

«Mi dispiace ma non credo che ci sia un prezzo sufficiente che giustifichi la restituzione».

Fabrizio baciò Elena poi, tenendola per mano, uscì dallo studio felice e spensierato.

Fabio Casalini

Fabio Casalini nasce a Empoli il 29 agosto 1988.

Da sempre appassionato di ricerca filosofica e movimento umano, trascorre gli anni della giovinezza sulle montagne sacre di san Francesco per seguire gli insegnamenti di un maestro taoista. Tornato a casa si laurea in scienze motorie e diventa insegnante.

Per il conseguimento della seconda laurea studia filosofia all’università degli studi di Firenze, approfondendo gli aspetti legati alla logica matematica, all’algebra e alle teorie semantiche del linguaggio. Nel 2024 ha pubblicato la raccolta “Racconti d’amore e di morte” per il Seme bianco editore.

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Fantasmi
  • Casalini, Fabio(Autore)

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