Ephemera - James HazelIn uno dei suoi romanzi più riusciti, “Cane molesto”, Erle Stanley Gardner fa ricordare dal suo indimenticabile protagonista Perry Mason al giovane assistente (ma anche, indirettamente, ai lettori) che la mente umana è come un pendolo: sottoposta a stimoli dello stesso segno per un tempo prolungato, tenderà inconsciamente a cercare e ad apprezzare l’occasione di riequilibrarsi.
James Hazel, ex-socio di uno studio legale al suo esordio come scrittore con “Ephemera” (grande successo nel Regno Unito e già tradotto in diversi paesi) sembra aver imparato a fondo questa lezione. Nelle dense e talvolta crude pagine del suo thriller che, possiamo dire, si mescola non di rado anche all’horror, trovano infatti spazio, in modo inatteso eppure a suo modo intonato al contesto, anche acute battute di spirito, lampi di ironia che accompagnano la narrazione senza snaturarla.
Il protagonista, Charlie Priest, avvocato, si caratterizza per una spiccata personalità: non è ascrivibile né al modello dell’investigatore da giallo all’inglese (scuola capitanata da Hercule Poirot) e neppure, perlomeno non completamente, alla scuola americana dei Philip Marlowe o dei Sam Spade. È un uomo d’azione, capace di felici intuizioni, piuttosto solitario, ma dotato di una certa naturale simpatia e anche per questo apprezzato da amici e colleghi.
Priest si trova catapultato nella vicenda in modo del tutto inatteso: violentemente, a seguito di una misteriosa aggressione subita nella sua abitazione, che poteva costargli la vita. Nell’affrontare una sfida che, ancora in altre occasioni, rischia di rivelarsi mortale, è portato a gettare lo sguardo non soltanto ai fatti e agli indizi che, ora dopo ora, si accumulano, ma anche alla storia.
Il mistero infatti, come al lettore è svelato abilmente, pagina dopo pagina, da una continua sequenza di flashback che costituiscono il vero e proprio metronomo della narrazione, trova le sue radici in un passato remoto, doloroso, difficile da accettare: potremmo dire che “Ephemera” prende il via a partire dai campi di concentramento di Buchenwald. È proprio lì infatti che un ufficiale inglese, il colonnello Albert Ruck, è incaricato dai servizi segreti di investigare sui folli esperimenti compiuti dai medici nazisti, in particolare dal dottor Schneider.

Il primo flashback si apre, in effetti, proprio con l’interrogatorio iniziale che Ruck riserva a Schneider, poco dopo la fine della guerra. I due si fronteggiano, osservati dall’affascinante ed enigmatica stenografa Eva Miller, che resta solo apparentemente sullo sfondo e si rivelerà poi invece uno dei personaggi-chiave del romanzo, per tutto il suo arco temporale.
Ruck vuole conoscere la natura degli esperimenti svolti dai nazisti che, si scopre, pare fossero orientati all’individuazione di un veleno derivato dalla stricnina capace però di massimizzare la sofferenza di chi ne fosse vittima.
È questo terribile veleno a riemergere, oggi, sotto gli occhi di un atterrito Charlie Priest. Ed è proprio l’indicibile sofferenza che induce a caratterizzarsi come il vero e proprio trait d’union tra passato e presente, così come un insetto, l’ephemera, che fu nome in codice dell’operazione di Ruck e viene trovata oggi nella bocca delle vittime: una sorta di criptico messaggio in codice.
L’intreccio, ben congegnato, lascia il lettore sulle spine fino alle ultime pagine, alla ricerca di una soluzione che possa tenere insieme tutti i pezzi del complicato mosaico, svelando l’oscuro legame tra passato e presente.
Nota positiva anche per una certa attenzione al lessico, che si fa più o meno ricercato, più o meno diretto, a seconda del carattere del personaggio al centro della scena, lasciandocene intravvedere non soltanto sfumati contorni, ma una più profonda e umana personalità. Un esordio quindi al contempo godibile e non frivolo, che non rinnega i canoni di maggior successo nel thriller contemporaneo, rivisitandoli però con una certa originalità.

Recensione di Damiano Verda

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Ephemera
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Ephemera
  • Hazel, James (Autore)

Articolo protocollato da Damiano Verda

Genovese, classe 1985, ingegnere informatico, appassionato di scrittura. There’s four and twenty million doors on life’s endless corridor (ci sono milioni di porte lungo l’infinito corridoio della vita), cantavano gli Oasis. Convinto che anche giocare, leggere, scrivere possano essere un modo per tentare la scommessa di socchiudere qualcuna di quelle porte, su quel corridoio senza fine.

Damiano Verda ha scritto 56 articoli: