scrivere-mysteryScrivere un mystery con Gillian Roberts, puntata numero 7, oggi. Come sempre, per le precedenti vi invito a dare uno sguardo alle lezioni di scrittura thriller di Thriller Cafè, dove troverete anche altri articoli simili. I consigli della Roberts, tratti dal libro You can write a mystery, ci insegnano come far preoccupare il lettore.

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Far preoccupare il lettore

Nei vecchi film, i giornali vendevano annunciando “Leggete Tutto su…!” e, presumibilmente, la gente si precipitava a farlo.

Gli scrittori di mystery non desiderano che i propri lettori “leggano” qualcosa. Invece, vogliono che si sentano come se stessero vivendo gli eventi essi stessi. E anche i lettori lo vogliono. Vogliono provare piacere, orrore, ansia, eccitazione. Ciò non significa che un mystery non può essere pieno zeppo di idee, ma significa che alle idee deve essere data vita e significato rendendole drammatiche.

Supponiamo d’aver acceso il televisore per guardare la finale olimpica di pattinaggio e invece di un’immagine, si ha solo la voce dell’annunciatore che dice: “E’ sorprendente, ragazzi! Il miglior pattinatore nell’universo! Ha appena fatto un avvitamento quadruplo concluso con una ruota. Nessuno mai l’aveva fatto prima – non è emozionante?”

Vi farebbe sentire truffati, no? Volevate vedere, e se fosse stato possibile non ci sarebbe stato bisogno di qualcuno che dicesse di essere eccitato dal pattinaggio – avreste provato quella sensazione voi stessi.

Ora supponiamo che pensiate che un personaggio nel vostro mystery sia una persona così miserabile che il tentativo di omicidio da parte del nipote è (quasi?) giustificato.
Se mi dite questa idea in questo modo, il mio istinto naturale è di dubbio, di dire “omicidio giustificato? Mai!” Mi trovo in una situazione del tipo “Chi lo dice? Provalo!” e ciò significa che sto fuori dal mondo della vostra storia. Portarmi dentro quel mondo così che io dimentichi che è “solo una storia” è ciò che si desidera fare, perché una volta che sto fuori, non sono coinvolta emotivamente. In breve – non m’interessa né un modo né l’altro.

Ma se invece si drammatizza l’idea – se si crea un bambino timido e vulnerabile e una donna sadica, e se mi permettete di vederla e sentirla mentre lo minaccia, e mi lasciate provare le sue reazioni e il suo terrore – allora non dovrete mai dirmi quanto lei era dannosa e quanto deviato lui era diventato perché avrò visto tutto da me stessa. Capirò la vostra idea in maniera più completa di quanto mai avrei potuto se non avessi vissuto quelle emozioni.
Questo è uno dei casi in cui un’immagine vale mille parole (e richiede molto meno sforzo crearne una).

Notate come spesso abbia usato parole che hanno a che fare con la vista. Il lettore vuole vedere il dramma nella sua testa, vivo, e quando lo fa, quando vive la storia assieme con i personaggi, sentendo ciò che sentono, sarà coinvolto emotivamente. Si preoccuperà.

Ecco perché abbiamo la “regola” base della scrittura: Mostra, non dire. Dobbiamo rendere drammatici tutti i momenti più importanti. Non dobbiamo stare ai margini e raccontare quello che sta succedendo o come i nostri lettori dovrebbero sentirsi riguardo a persone o eventi. E lo facciamo utilizzando gli stessi strumenti che usiamo nella vita reale, i nostri cinque sensi. Dentro e fuori dai romanzi, la gente sperimenta la vita vedendo, udendo, toccando, gustando e annusando. Più specifiche sono le informazioni sensoriali, più chiara sarà l’immagine per il lettore.

Supponiamo che scriviate “il cane minacciava la persona”. Si potrebbe reagire pensando “oh, non va bene”, ma in un modo generico. Ma se invece leggessimo: “il mastino ringhiava verso il bambino” o “il Chihuahua abbaiò al lottatore di Sumo” reagiremmo in due modi diversi. Sentiremmo qualcosa. Ci preoccuperemmo.

Iniziate una banca dati sensoriale. Prendete appunti di trame e sapori e odori e suoni. Cercate di non fare affidamento su descrizioni che avete letto e sentito – guardate il mondo e sperimentatelo come se fosse la prima volta. Quindi scegliete i dettagli specifici che creeranno l’effetto desiderato.

Utilizzatene solo pochi. (Guardate a un libro che vi è piaciuto e notate come siano pochi i dettagli sull’aspetto della persona, o l’ambientazione, ma come siano specifici e capaci di impatto emotivo, in modo che si possa completare l’immagine da soli e avere un senso di come sentirsi su questo luogo o persona attraverso di loro.)

Il vostro libro è un’associazione con il lettore. Voi fornite spunti specifici e il lettore, il vostro partner nel crimine, concluderà l’immagine e renderà propria la storia. E si preoccuperà a riguardo.

Nella prossima lezione: Come si scrive di un omicidio (senza andare in carcere) se “Scrivete ciò che sapete?”

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Articolo protocollato da Giuseppe Pastore

Da sempre lettore accanito, Giuseppe Pastore si diletta anche a scrivere e ha pubblicato alcuni racconti su antologie e riviste e ottenuto vittorie e piazzamenti in numerosi concorsi letterari. E' autore (assieme a S. Valbonesi) del saggio "In due si uccide meglio", dedicato ai serial killer in coppia. Dal 2008 gestisce il ThrillerCafé, il locale virtuale dedicato al thriller più noto del web.

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