Il Thriller Café oggi si sposta sulle colline di Firenze per ospitare “Per amore“, secondo romanzo di Vanni Pestelli, che vi presentiamo qui a seguire.
La storia inizia a novembre, quando una nebbiosa mattina viene ritrovato il corpo senza vita di Gaia Rigoni, diciassette anni, studentessa. La sera precedente aveva partecipato a una festa sulle colline di Pian de’ Giullari, nella villa di un compagno di classe. Nessuno sa cosa sia accaduto dopo che ha lasciato quella casa.
Tocca all’ispettore Lapo Moretti indagare sulla morte della giovane. Taciturno e metodico, Moretti è un uomo che convive con i propri fantasmi ed è mosso da un bisogno ostinato di verità. Con l’aiuto della squadra, che include il commissario Cascione, la soprintendente Selmi e gli agenti Bini e Morabito, si muove tra ville eleganti e periferie nascoste, tra genitori rispettabili e ragazzi che nascondono più di quanto confessino.
Ben presto, sotto la superficie di quella comunità borghese e rassicurante, affiora un mondo di silenzi, menzogne e colpe condivise. C’è il professore che non dice tutto, l’amica che cancella messaggi dal telefono, il fidanzato incapace di amare davvero. E sopra ogni cosa, una domanda che rode chi resta: fino a dove si può arrivare, per amore?
Con uno stile teso e intimo, “Per amore” è un noir sull’ambiguità dei sentimenti, sul confine sottile tra affetto e possesso, verità e autoinganno. Un’indagine che diventa anche un viaggio nell’animo umano, nella fragilità di chi crede di sapere cosa sia l’amore, e scopre troppo tardi di non conoscerlo affatto.
Questa la sintesi della storia raccontata dal romanzo di Pestelli; se volete scoprirlo meglio, proseguite nella lettura del nostro articolo con alcune domande all’autore e un estratto del libro.
Tre domande all’autore
Come è nato questo libro?
Il libro è nato dal desiderio di raccontare le dinamiche complesse tra adolescenti e adulti, dove il confine tra lecito e illecito è spesso sottile. Mi interessava esplorare quel muro invisibile che si crea tra generazioni diverse, e come possa incrinarsi o cadere quando entrano in gioco sentimenti ed emozioni difficili da gestire, reprimere o esprimere.
Per Amore parla di fragilità, debolezze, ossessioni, della mancanza di certezze e dell’incapacità di comunicare e comprendere al meglio le proprie emozioni.
Qual è la cosa che i lettori potrebbero apprezzare di più nel romanzo?
Probabilmente l’aspetto che i lettori potranno apprezzare di più è l’approfondimento psicologico dei personaggi e le atmosfere ambigue, talvolta oscure, della Firenze in cui si muovono.
Per Amore racconta le insicurezze dei protagonisti, spesso appartenenti a generazioni diverse, le loro scelte sbagliate o inconsapevoli, la difficoltà di esprimere e comunicare i propri sentimenti.
È un giallo più psicologico che tecnico o procedurale: la suspense non nasce tanto dall’ esito di analisi o prove scientifiche, che pure sono presenti, quanto dalle scelte, giuste o sbagliate, che i personaggi hanno compiuto o dovranno compiere.
Fa parte di una serie dedicata?
Sì. È il secondo libro incentrato sulla figura dell’ispettore Moretti, ma non è necessario leggere i volumi in ordine. Il primo, Lo sguardo del peccato, è uscito nel 2023. I casi sono diversi, anche se i personaggi si evolvono, alcuni richiami nel secondo romanzo permettono di leggerlo come storia autonoma.
Estratto
In questo brano, gli agenti Bini e Morabito interrogano i genitori del giovane Matteo Palladini, nella villa dove si è tenuta la festa che ha segnato l’inizio del mistero.
«…Polizia. Buongiorno, siamo qui per fare alcune domande in merito alla sera della festa. Possiamo entrare?» chiese Bini con tono gentile. L’uomo non si mosse. Fu la donna a fare un passo indietro e accennare un invito con la mano. «Prego, entrate». «Io sono Marco Bini, e questo è l’agente Morabito. Stiamo raccogliendo informazioni per chiarire la dinamica dei fatti legati alla morte di Gaia Rigoni.» L’uomo si irrigidì. «Siamo rimasti sconvolti. È una tragedia. Non so come altro definire ciò che è accaduto». La villa, benché in ordine, conservava un silenzio irreale. Un vaso di vetro scheggiato troneggiava su un mobile basso, come fosse un superstite sopravvissuto alla confusione della festa. Il padrone di casa si riscosse: «Mi chiamo Umberto Palladini. Sono il padre di Matteo. Professore di Storia Moderna all’università di Firenze» si presentò, invitandoli a seguirlo in salotto. «Lei è mia moglie, Elisabetta». La donna, rimasta accanto all’ingresso, annuì in silenzio, le braccia strette al corpo. Si accomodarono tutti. Umberto si sedette con una certa rigidità, poi riprese: «Immagino vogliate sapere della festa. È stato mio figlio a volerla. Io… avevo espresso delle perplessità». «Perplessità?» chiese Morabito. Palladini si sedette sulla poltrona in pelle scura. «Non sono contrario ai festeggiamenti, per carità. Ma certi raduni, con decine di adolescenti, spesso degenerano. Non per malizia, ma per inesperienza, sregolatezza. Io… non ero entusiasta, diciamo così». La moglie lo osservava senza dire nulla, come se fosse abituata a lasciargli la parola. «Matteo però ci teneva molto. “È il mio diciottesimo”, continuava a ripetere. Così, alla fine, abbiamo ceduto. Abbiamo fatto sistemare il salone, predisposto i tavoli, spostato i tappeti. Abbiamo anche nascosto alcuni oggetti delicati, anche se alcuni pezzi pregiati hanno comunque pagato il prezzo. Ci eravamo raccomandati, ma ciò non ha impedito che ci fosse comunque confusione. Musica ad alto volume, ragazzi ubriachi, qualcuno che ha vomitato in giardino…» Elisabetta fece una smorfia. «Siamo stati giovani anche noi, ma alla nostra età ormai certe cose si tollerano poco». «Capisco. Voi siete rimasti a casa durante la festa?» domandò Bini. Il professor Palladini si schiarì la voce, visibilmente infastidito da quella domanda. «No. Abbiamo deciso di uscire. Su insistenza di nostro figlio. Voleva sentirsi libero, adulto, e ci ha chiesto di lasciargli la casa per qualche ora. “Papà, ti prego, solo per una sera, per il mio compleanno”, ha detto. E, alla fine, abbiamo deciso di fidarci e siamo andati a cena in un ristorante», l’uomo si fermò, poi abbassando lo sguardo aggiunse: «Io non ero convinto, né della festa né sul fatto di lasciarli soli. E col senno di poi, mi sono pentito. Forse sarebbe bastato restare». «E al vostro rientro?», indagò Morabito. «Tutto sembrava normale. Era quasi mezzanotte. Alcuni erano già andati via, altri ballavano ancora nel salone. La musica era alta, il giardino pieno di bicchieri. Matteo era euforico e ci salutò con un abbraccio. Non notai nulla di strano, a parte il disordine. Ma in fondo, si trattava di una festa, no?» La moglie, rimasta finora in silenzio, intervenne: «Io ero stanca» disse con voce bassa, «Siamo saliti subito. Solo il giorno dopo abbiamo saputo…» Il professore riprese, con tono più severo. «È colpa nostra. Mia, soprattutto. Io non volevo quella festa. Non così, non con così tanta gente. E non con certi invitati. Professori, adulti mescolati agli studenti. Una cosa ambigua, sbagliata. L’ho detto anche a mia moglie che certe linee non si dovrebbero superare». Bini sollevò lo sguardo dal taccuino. «Professori? Può specificare?» «Sì, almeno due o tre docenti del liceo hanno partecipato alla festa. Ricordo in particolare il professor Pardi, docente di storia e filosofia. L’ho visto conversare animatamente con alcuni studenti, con un bicchiere in mano. Questa commistione tra studenti e professori in un contesto festivo e privato mi è sembrata quantomeno inopportuna». Morabito annuì. «Comprendo il suo punto di vista. Ritiene che questa vicinanza possa aver influito in qualche modo sulla dinamica della serata?» Palladini sospirò, incrociando le mani sulle ginocchia. «Non posso affermarlo con certezza. Tuttavia, credo fermamente che ci debba essere una chiara separazione tra il ruolo educativo dei docenti e la vita privata degli studenti. Situazioni del genere possono generare ambiguità e compromettere l’autorevolezza dell’insegnante». La moglie intervenne ancora: «Forse alcuni insegnanti volevano semplicemente dimostrarsi vicini ai ragazzi, partecipando a un momento importante per uno di loro». Il marito scosse la testa. «Comprendo il desiderio di creare un legame con gli studenti, ma ci sono limiti che non dovrebbero essere superati. La professionalità richiede anche il mantenimento di una certa distanza. Sono professore anch’io e conosco bene le responsabilità che questo ruolo comporta. E la professionalità si misura anche nella capacità di non confondere i piani». «E su Gaia Rigoni cosa sapete dirci?» «Una ragazza educata, intelligente. Matteo ne parlava sempre con ammirazione. Ma quella sera, quando siamo rientrati, come le ho già detto, non abbiamo notato nulla di insolito. C’erano molti ragazzi, ridevano, ballavano. Nessuno che attirasse particolarmente la mia attenzione. Nessuno che sembrasse agitato o… violento». Morabito buttò l’occhio su una libreria colma di volumi rilegati. Storia, filosofia, classici latini. Tutto parlava dello spessore intellettuale del padrone di casa. «Ho solo un grosso rimpianto…» riprese a parlare il professore. «Quale?» lo invitò a proseguire Bini. «Aver acconsentito a quella festa. Io… non ho mai amato le concessioni, ma ho voluto fare un gesto verso mio figlio. E ora, dopo quello che è successo, dopo che una ragazza ha perso la vita, mi chiedo se ho fatto la cosa giusta». «Umberto, non è colpa tua» disse la moglie decisa. Lui sospirò. «Lo so, ma mi pesa ugualmente. Un padre ha il dovere di prevedere. Di proteggere». Morabito tentò di rassicurarli. «Non ci sono responsabilità in capo a voi. La polizia sta lavorando per chiarire ogni dettaglio. Ogni testimonianza, anche minima, può esserci utile». «Matteo è molto provato» disse la madre, «Era affezionato a Gaia. Non erano amici stretti, ma si conoscevano bene. La sua morte lo ha scosso. E adesso, ha l’aria di chi si sente colpevole senza sapere il perché…».
Biografia di Vanni Pestelli
Biografia: Vanni Pestelli vive e lavora a Bruxelles dal 2019, ma le sue radici e la sua immaginazione restano nella citta’ dove e’ nato e vissuto, Firenze, città che è anche teatro dei suoi romanzi.
Autore della serie noir con protagonista l’ispettore Lapo Moretti, ha esordito con “Lo sguardo del peccato” (2023), seguito da “Per amore” (2025).
Il suo stile mescola tensione investigativa e introspezione psicologica, raccontando una Firenze elegante e oscura, dove ogni verità è sempre incrinata da una zona d’ombra.
Nei romanzi di Vanni Pestelli, i delitti sono solo il punto di partenza per indagare le fragilità umane: amore, colpa, fallimento, solitudine.
Con una scrittura nitida e malinconica, costruisce storie in cui la verità non redime mai, ma illumina, per un attimo, chi ha il coraggio di guardarla.

