Omicidio al faro – Cocco & Magella

Omicidio al faro – Cocco & Magella

Alessia Sorgato
Protocollato il 21 Agosto 2024 da Alessia Sorgato
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Sesta avventura poliziesca del Commissario Stefania Valenti, in forze presso una delle Questure più panoramiche d’Italia – Como- e stavolta impegnata se possibile nella zona più panoramica di Como: Brunate. Chi non abbia ancora preso la cremagliera a bordo lago e non si sia avventurato tra i sentieri che costeggiano le ville più belle del Lario, acquisti subito il romanzo e prenoti una camera da quelle parti. Il Dolce Basilico ha chiuso (era il nostro ristorante preferito per l’estate, sino all’anno scorso) ma il luogo pullula di altri scorci magnifici dove gustarsi un risotto al pesce persico e questo nuovo lavoro a quattro mani di Giovanni Cocco & Amneris Magella.

Sono stati miei ospiti a I Segreti del Segrino, serata letteraria (anch’essa à bord du lac, ma nell’Erbese) che ho organizzato per fine luglio e lì, ad una platea inaspettatamente tanto vasta, hanno raccontato che in questo episodio si sono cimentati in un sottogenere del giallo non più molto frequentato (a me vengono in mente i romanzi di Mauro Biagini, infatti, ma solo quelli) ma per ogni scrittore del filone sirena che canta. Stavolta l’hanno ascoltata e così hanno tessuto questo enigma classico della stanza chiusa, ove rinvenuti due cadaveri ma, a differenza dalle opere di Agatha Christie, dove non si sa chi sia entrato né chi sia uscito prima e dopo l’omicidio, qui c’è una terza persona. Nella magnifica sala di villa De Marchi, infatti, non giacciono solo l’omonimo notaio e la moglie, donna Augusta Carli, ma anche Alessandro, loro figlio, svenuto o sedato (è affetto da disturbi psichiatrici), del tutto immemore e quindi sospettato numero uno.

Stefania Valenti e la sua squadra, non più costituita solo dai fidi Piras e Lucchesi ma rimpinguata di quota rosa neo-giunta dal Veneto, si lanciano in un’indagine che sembra conclusa pochi attimi dopo l’avvio. L’è sta lu, no? Alessandro è lì, sul luogo del delitto, c’è anche l’arma, nessuno ha visto entrare o uscire altri e soprattutto c’è un movente macroscopico: Alessandro odia il padre visceralmente, da moltissimi anni. Il quadro famigliare che emerge dai primi colloqui investigativi è talmente chiaro da sembrare finto: Alessandro è un artista, e suo padre lo voleva notaio cui cedere il proprio studio, o almeno avvocato (odio queste derubricazioni, io figlia di notaio, ho scelto di essere avvocato). Alessandro studiava di nascosto all’Accademia di Brera, e suo padre lo credeva chino sul codice Zanardelli e lo Statuto Albertino. Quando lo ha scoperto, l’ira del vecchio poteva sbriciolare il faro di Brunate a suon di urli. Alessandro è gay e innamorato pazzo di un modello che posa ai corsi di ritratto. E qui, apriti cielo…

Stefania non ci sta. Troppo comodo dar la colpa ad un ragazzo ormai imbottito di psicofarmaci che, per sfuggire ad un destino al quale si è piegato vigliaccamente (a casa ci è tornato, mica ha provato ad affrancarsi dal genitore padrone), di tanto in tanto si concede una crisi psicotica e si fa ricoverare. Così, sotto allo smalto delle tele che lui dipinge con autentico talento, andrà a scrostare i misteri di famiglia, le trame e il putridume, la lutulenza – come la chiamava Gadda – di uno scorcio di rara bellezza naturale, che prova a coprire le responsabilità di tutti. E di tutte.   Buona gita… e provate i missultèn, spinosetti ma gustosi. Come questo giallo.

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