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Oggi al Thriller Café segnaliamo un tecno-thriller a opera di Oreste Venier dal titolo “L’ultimo ritornello“, primo episodio della serie con protagonista la criminologa italo-coreana Choi Soo-Min.
Per raccontarvelo, partiamo come sempre dalla trama.
Siamo nel 2009 a Venezia. Logan Wilson, brillante studente canadese con una passione sfrenata per la tecnologia, decide di trasferirsi nella città lagunare per studiare informatica e riscoprire le sue radici italiane. Qui, tra i canali e le maschere del Carnevale, stringe un legame speciale con due persone: Carlo, uno studente veneziano scaltro e amante della vita notturna, e Luca, un violinista enigmatico con un talento straordinario per la musica classica.
Durante le sue ore solitarie al computer, Logan scopre un progetto pionieristico chiamato bitcoin, un’idea rivoluzionaria che pochi al mondo conoscono. Spinto dalla curiosità, inizia a “minare” bitcoin con il suo modesto portatile, accumulando senza saperlo un ingente patrimonio virtuale.
Ci spostiamo nel 2023. Carlo, sprofondato in brutti giri di droga, trova per caso una serie di vecchi appunti di Logan durante un trasloco. Tra quelle pagine riconosce il nome “bitcoin” e capisce che il suo vecchio amico aveva scoperto qualcosa di immenso. Oppresso da debiti e inseguito da spacciatori spietati, si mette in caccia del tesoro, ma la sua ricerca dà vita presto a una serie di eventi violenti. I Carabinieri avviano un’indagine guidata dalla giovane criminologa italo-coreana Choi Soo-Min, alla sua prima esperienza sul campo. Con il suo sguardo analitico e la passione per i dettagli, e con l’aiuto dell’amico Yong-Soo, un matematico geniale rimasto a Seoul, Soo-Min scopre indizi che la conducono al codice crittografico legato al portafoglio bitcoin di Logan.
Partirà così un’intricata quanto avvincente indagine, mentre sullo sfondo imperverseranno sanguinose rese dei conti, spericolati inseguimenti, e misteriosi spartiti musicali, il tutto nella cornice unica delle isole, dei canali e degli immancabili aperitivi veneziani.
Con una combinazione unica di azione, mistero e divulgazione, “L’ultimo ritornello” promette di rapire i lettori, portandoli in un viaggio tra i canali di Venezia e i meandri della tecnologia. Volete saperne di più? Qui sotto trovate un estratto e tre domande all’autore.
Prologo
Lido di Venezia, 21 giugno 2023
Mentre stava andando al Lido all’appuntamento in spiaggia con gli spacciatori, due turisti sul vaporetto, riferendosi al solstizio, dissero che quello era il giorno più lungo.
In realtà, pensò Carlo, era il suo giorno più lungo. Sotto casa sua, in bicicletta, lo aspettava già l’intermediario, che era un “pesce piccolo”. Era agitato, di sicuro più di lui, ma cercava di non darlo tanto a vedere. «Dai, ché ci aspettano» disse a Carlo in dialetto. Prese anche lui una bicicletta e si avviarono verso la spiaggia libera di San Nicolò. Da quando avevano costruito il MoSE – il sistema di dighe mobili per proteggere Venezia dall’acqua alta – la spiaggia era meno frequentata ed era l’ideale per incontrare qualcuno senza dare nell’occhio.
Gli spacciatori, due fratelli piuttosto piazzati, erano brutti ceffi ben noti in centro storico, e gestivano in particolare buona parte del traffico delle isole. Si erano portati dietro un loro cugino, molto più giovane di loro, il classico nerd. Il ragazzo era a disagio, perché non gli era stato spiegato nei dettagli cosa doveva fare.
Sapevano che smanettava con le criptovalute, e gli era stato detto che dovevano incassare 1.000 euro da un tipo per la vendita di un motorino, ma questo diceva di avere solo bitcoin e di non riuscire a cambiarli.
Visto che il motorino era un mezzo imbroglio, a loro andava anche bene, ma serviva il suo aiuto, perché loro non ne capivano niente, di quelle cose. In realtà, gli avevano nascosto che la posta era molto più alta: Carlo aveva maturato con loro quasi 30.000 euro di debiti, fra piccolo spaccio e consumo personale. «Oh, era ora!» disse uno dei fratelli. Erano originari della terraferma, e la erre un po’ roboante lo tradiva.
«Hai portato?» facendo contemporaneamente cenno al cugino, con la mano aperta, per fargli verificare se Carlo era stato di parola.
Carlo mostrò al ragazzo un cellulare nuovo fiammante, con il saldo del portafoglio digitale. Il ragazzo guardò lo schermo, poi guardò Carlo, incredulo. Poi tornò a guardare lo schermo, e disse al cugino, in dialetto, con gli occhi fuori dalle orbite, che aveva un sacco di soldi, e si chiedeva se non li stesse prendendo per il culo.
L’altro spacciatore tirò fuori da dietro la schiena una .357 Magnum e armò il cane. «Adesso qualcuno si fa male!»
«Lasciatemi spiegare!»
«È tuo il portafoglio? Hai la chiave privata?» disse, visibilmente agitato, il nerd, che non aveva mai visto 50 bitcoin tutti assieme.
Si inserì l’intermediario, che finora era rimasto zitto.
«Ragazzi, calmatevi. Spieghiamo tutto.»
Anche l’intermediario aveva un debito con loro, solo che era cinque volte più grosso. Quella era anche la sua occasione, forse l’ultima: per questo aveva ascoltato Carlo e lo aveva assecondato. Se il piano avesse funzionato, si sarebbe sistemato anche lui.
Carlo parlò direttamente al nerd.
«No, non la ho. Ma so dove potrebbe essere. Lasciateci ancora un paio di giorni, anzi, magari ci date una mano. Hai visto, no, quanti sono? Più di un milione e due. Ce n’è per tutti.»
L’altro spacciatore gli si parò davanti, e gli urlò in faccia così vicino che Carlo riuscì a sentire distintamente il puzzo di aglio e vino rosso.
«Dimmi, la pallottola la vuoi in bocca o nel culo?»
Gli altri stavano zitti, e l’intermediario iniziò ad agitarsi. Aveva capito che non ne uscivano vivi.
Il nerd era ancora intento a smanettare col cellulare per verificare, tramite un sito indipendente, che non fosse un imbroglio. I soldi c’erano, ma senza la chiave privata, una specie di password, non potevano essere sbloccati. Per lui quei soldi potevano essere di chiunque, perché i saldi dei bitcoin sono pubblici, ma non si sa di chi sono. Not your keys, not your coins era il detto che imperava fra i bitcoiner.
Carlo stava iniziando a farfugliare qualcosa, quando con la coda dell’occhio vide il riflesso del sole sulla lama. L’altro spacciatore si fece bianco in volto. L’intermediario, nell’estrarre il coltello dal corpo, roteò e lo spinse contro il fratello, che cadde sugli scogli, incastrandosi una caviglia e rimanendo bloccato. Cadendo, fece partire un colpo che raggiunse in piena faccia l’intermediario. Nel frattempo il nerd, sporco di sangue e di materia cerebrale, se l’era fatta addosso, a giudicare dal puzzo e dalla colata che scendeva lungo i pantaloni.
Carlo non pensò. Si mise a correre e basta. Quella notte non tornò a casa. Per la sua vita, gli rimaneva una sola cosa da fare: tornare all’ostello e cercare quella fottuta password.
Tre domande all’autore
A Oreste Venier abbiamo chiesto com’è nato il suo romanzo, perché dovrebbe piacerci e se può dirci qualcosa sul prosieguo della serie. Ecco come ha risposto a questi tre interrogativi.
Com’è nato questo libro?
Negli ultimi anni mi sono spesso ritrovato a spiegare agli amici, anche in contesti informali, come funziona il bitcoin e cosa si nasconde dietro questa tecnologia. Alla fine, qualcuno mi diceva sempre: ‘Dovresti scriverci un libro!’. Inizialmente avevo pensato a un manuale tecnico, ma poi, da appassionato lettore di tecno-thriller, ho deciso di provare a scrivere un giallo.
Senza fare spoiler della storia posso dire che l’ispirazione è nata mescolando queste conoscenze con un’altra mia grande passione: la musica classica. Il mio obiettivo era creare una storia che, pur essendo di fantasia, risultasse assolutamente realistica; non mi sono mai piaciuti i racconti delle “astronavi create nel garage di casa.”
Qual è la cosa che i lettori potrebbero apprezzare di più nel romanzo?
Molti lettori esitano ad avvicinarsi ai libri tecno-thriller perché temono, giustamente, che le tematiche tecniche richiedano specifiche conoscenze pregresse. Con questo romanzo ho cercato di superare questa barriera, rendendo concetti complessi come il bitcoin e la blockchain accessibili a tutti, anche e soprattutto a chi non ha alcuna preparazione specifica in matematica o informatica. Il mio obiettivo era intrecciare queste tematiche moderne, oggi tanto in voga, con una narrazione divertente e comprensibile per chiunque.
Il sottotitolo del romanzo riporta: ‘la prima indagine di Choi Soo-Min’. Ha previsto altri libri avente come protagonista la giovane criminologa italo-coreana?
Sì, mi piacerebbe sviluppare, nel tempo, una serie di romanzi, ciascuno incentrato su un diverso tema della matematica. E’ stato recentemente pubblicato Codice di squadra, che tratta i portafogli digitali, e nei prossimi mesi uscirà Segnali nascosti, basato sulla steganografia ovvero l’arte di nascondere le informazioni; una storia che parte dall’Antica Roma e che arriva ai giorni nostri. La filosofia che guida questa serie rimarrà costante: cercare di rendere comprensibili e accessibili a tutti gli argomenti tecnici e matematici che di fatto oggi sono onnipresenti nelle nostre vite, dato che sono alla base del funzionamento e della sicurezza delle infrastrutture digitali che usiamo continuamente.
Dove acquistare il libro
Se questa presentazione ha stuzzicato il vostro interesse e volete acquistare il romanzo, lo trovate sulle maggiori piattaforme online.
Oreste Venier
Oreste Venier, nato a Venezia nel 1974, ha frequentato il Liceo Classico e si è laureato in Fisica presso l’Università di Pisa.
La sua passione per la tecnologia informatica e per l’elettronica ha radici profonde, risalenti agli anni ’80 con il Commodore 128 e con la prima costruzione di circuiti. Su di esse ha basato anche la sua professione: da molti anni lavora come progettista elettronico e come consulente tecnico di parte in numerosi procedimenti giudiziari.
Dal 2015 si è dedicato agli aspetti tecnici del bitcoin e della blockchain, tenendo corsi in Italia e in Svizzera e intervenendo sul tema come relatore a seminari ed eventi, tra cui lo SMAU. Nel suo primo romanzo ha mescolato queste esperienze tecniche con la musica classica, di cui è da sempre grande estimatore.
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