La vita mala – Pierangelo Sapegno e Gianluca Tenti
Quando nella vita – oltre a scrivere romanzi- ti sei interessato di mafia, di uomini d’onore, di cronaca nera e grandi fatti di attualità degli ultimi quarant’anni, come recitano i curricula degli autori di questo volume, riassunti nella quarta di copertina, allora hai quella dimestichezza di linguaggio, di meccanismi storici e quella famigliarità di storie che possono fare la differenza tra una scrittura di pura invenzione letteraria ed una narrazione più che verosimile, tanto plausibile da indurre il lettore, più volte, a cercar notizia in rete dei fatti che descrivi.
“La vita mala” entra a buon titolo nel novero di quei testi che, a cavallo tra cronaca e creatività, hanno il merito di offrire uno spaccato realistico anche ad un lettore giovane che non possa aver “memoria” personale di determinati fatti o periodi storici peculiari del nostro passato nazionale.
Senza spendere esempi paralleli, peraltro molto elogiativi, come Romanzo criminale o Gomorra, questo libro si colloca in un periodo molto caratterizzato della nostra storia, i cosi detti anni di piombo, quelli in cui la gente aveva paura ad uscire di casa, perché fuori c’erano gli attentati, i primi sequestri di persona al nord, le manifestazioni studentesche sedate a colpi di manganello e mitra. E d’altra parte, c’era tanta altra gente che si arricchiva e voleva divertirsi, spendere quei soldi in alcool, donne e locali equivoci i cui nomi, rigorosamente esistiti, spuntano tra le pagine provocando per chi, come me, ha vissuto quegli anni (sia pur bambina) nello scenario di Milano, i ricordi di insegne rigorosamente spente all’ora in cui ci passavo davanti io, ma incredibilmente evocative di nottate torbide e intriganti: il Pussy cat, il Derby, i bar del Giambellino.
Le atmosfere anni ’70 qui sono restituite alla cronaca con dettagli precisi e ficcanti: le canzoni di Louis Armostrong, le citazioni di Cassius Clay, i quotidiani dell’epoca oggi spariti- come La Notte- ed anche i personaggi un po’ hard boiled come certi giornalisti sempre nottambuli e spesso ubriachi, gli ex orfani che puzzavano di fame adottati dai capo-clan e trasformati in macchine implacabili da sangue, persino le donne di questi figuri, anche loro spietate e senza sentimenti, pur di uscire dai gorghi della miseria.
La vicenda è questa: indagini parallele tra Milano, Roma e la provincia, delitti (di vario genere), brutti ceffi e donne stupende, tutti allucinati, alcuni (già) cocainomani, senza pietà, senza amore, senz’altra fede che quella per i soldi, le macchine di lusso e le femmine più belle. Se piace il genere, qui è raccontato molto bene.
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