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Ospite oggi al Thriller Café è Paolo Sorrentino con il suo romanzo thriller dal titolo “La strategia del diavolo“. Per presentarvelo cominciamo come sempre dalla trama.
Due morti misteriose in due diverse città: a Milano una giovane donna si suicida lanciandosi dal sesto piano di un palazzo; a Trieste un uomo muore in un drammatico incidente mentre manutiene il giardino. Le indagini vengono condotte separatamente da Anita Sierna, giornalista dal passato professionale tormentato, e da Ernesto De Santis, un chirurgo intrappolato nell’ombra del suo mentore, il barone universitario Ascanio Riboldi. La prima si trova a riapre un vecchio scandalo di prostituzione minorile, mentre il secondo svela segreti inquietanti nel mondo accademico. I loro percorsi finiranno per intrecciarsi in una corsa contro il tempo, tra dubbi, depistaggi e tradimenti, fino alla tanto inseguita verità.
Ma la verità spesso ha molte facce, e un pesante prezzo da pagare. E il Diavolo, si sa, viene sempre a riscuotere i suoi debiti…
Questa in breve l’interessante storia che “La strategia del diavolo” racconta; per approfondire meglio il romanzo abbiamo posto alcune domande all’autore e vi lasciamo a seguire un estratto.
Tre domande all’autore
Come è nato questo libro?
Prima di essere uno scrittore, sono un chirurgo che ha una profonda passione per i libri, il cinema e la fotografia. Un osservatore curioso, quindi, che avendo trascorso gran parte della sua vita professionale in una clinica universitaria, un microcosmo con uno straordinario e variegato campionario di esemplari umani e situazioni derivanti dalla reciproca interazione, non poteva non cogliere gli innumerevoli spunti di riflessione che ciò gli offriva. Non conoscendo altri mezzi in grado di rendere così efficacemente quell’ambiente, le sue contraddizioni, i suoi conflitti interni, i giochi di potere, la sua ritualità istituzionalizzata e tramandata di generazione in generazione e, per certi aspetti, la sua involontaria comicità, ho deciso che dovevo provare a farlo con un libro. E così è nato “La strategia del Diavolo”, un giallo thriller con protagonista un chirurgo che, imbrigliato in un complicato rapporto simbiotico con il suo maestro e mentore, vede a un certo punto ribaltarsi l’orizzonte delle sue certezze e si trova costretto a rimettere in discussione tutto ciò in cui ha creduto, o che gli hanno fatto ciecamente credere fino a quel momento.
La stesura del romanzo ha richiesto una lunga gestazione durata quasi tre anni, dovuta principalmente alla struttura particolare che ho deciso di conferirgli, fatta di intrecci investigativi sviluppati su diverse linee narrative temporali, calibrata per catturare l’attenzione del lettore e provare a mantenerlo coinvolto fino all’ultima pagina.
Spero di esserci riuscito.
Qual è la cosa che i lettori potrebbero apprezzare di più nel romanzo?
La complessità della trama, penso, che è ricca di intrighi, misteri e colpi di scena, e che intreccia temi universali come il potere, la corruzione, il tradimento, l’amicizia, l’amore, la vendetta. E poi lo stile di scrittura, l’intersecarsi di diverse linee narrative, appunto. Un lettore lo ha definito “un thriller e non solo”, e penso che questo renda bene la trasversalità dei temi trattati. I più lo hanno trovato “avvincente”, “magnetico”, “adrenalinico”, e hanno sottolineato la narrazione fluida, capace di mantenere un ritmo serrato fino alla fine. Anche la caratterizzazione dei numerosi personaggi, principali e secondari, con le cui emozioni, contraddizioni e riflessioni, condite di metafore e ironia, ho cercato di colorare e dare vita alle pagine del libro. A partire dai due protagonisti, la giornalista Anita Sierna e il chirurgo Ernesto De Santis: due perfetti sconosciuti che senza saperlo si muovono nella stessa direzione e finiscono per incontrarsi solo a metà libro.
Spero, infine, che i lettori apprezzeranno anche la sottile vena umoristica che permea tutto il libro e con la quale ho cercato di stemperare la tensione e la drammaticità della trama.
Che rapporto ha, come autore, con i personaggi e la storia del suo romanzo?
È normale che nel creare una storia, i suoi personaggi, un autore possa trovare ispirazione in fatti e persone reali, situazioni che lui ha vissuto, persone che ha conosciuto e potuto osservare da vicino, ma quando si scrive un giallo thriller la fantasia e l’invenzione finiscono per forza di cose per avere un ruolo preponderante, nell’obiettivo primario di offrire al lettore una storia capace di sorprenderlo ad ogni pagina e dei personaggi credibili e coerenti, ma nello stesso tempo originali, in cui potersi identificare senza mai annoiarsi. Una bella sfida. Se si vuole ottenere un risultato credibile, credo che il confine tra realtà e invenzione debba rimanere indefinito, non riconoscibile. È quello, l’obiettivo.
Ernesto, per esempio, un uomo imperfetto ma profondamente umano, riflessivo e ironico, diviso tra la sua dedizione alla chirurgia, le relazioni personali e i conflitti morali che lo spingono a mettere in discussione le sue certezze, è la voce narrante del libro, per cui può venire spontaneo identificarlo con l’autore. Ma, sarà veramente così? Certo, potrebbe, ma anche no. Lasciamo al lettore i suoi dubbi.
In sostanza, come diceva qualcuno, “tutto ciò che ho narrato in questo libro è vero, tranne quello che ho inventato”.
Estratto
Gennaro Inzerillo, quarantotto anni ben portati, bruno di carnagione e con capelli folti e neri che sembravano le setole di un cinghiale, era un napoletano trapiantato a Milano da una ventina d’anni e ormai perfettamente integrato.
«Song vint’ann che vivi a Milàn e ancura me ciàmèn terùn» era solito rispondere a chi, notando lo strano accento, gli chiedeva di dove fosse.
Qualche anno prima c’era stata una maxi-retata per traffico e spaccio di stupefacenti in cui era incappato anche il più giovane dei suoi cinque nipoti. Pregò caldamente Anita di non citarlo nel suo articolo, dato che le indagini erano in corso e lui si diceva certo che il ragazzo si fosse trovato lì per puro caso. Lei non ne fece menzione nel suo pezzo e una settimana dopo il ragazzo fu del tutto scagionato.
Da allora per lei la porta dell’ufficio del maresciallo Inzerillo era sempre aperta.
Lui si alzò di scatto dalla sedia non appena la vide affacciarsi alla porta del suo ufficio.
«Anita carissima!»
«Disturbo?»
«Tu non disturbi mai. Anzi, lo sai che mi fa sempre piacere vederti. Accomodati. Cosa ti porta in questo luogo triste e sconsolato?»
«Via Tortona» rispose lei senza perdersi in preamboli mentre prendeva posto di fronte al maresciallo.
Inzerillo cambiò espressione e si alzò per andare a chiudere la porta.
«Ci avrei scommesso…» commentò tornando a sedere. Era diventato serio.
«L’argomento è delicato. Molto, delicato. Una vera chiavica. Ma tu che vuoi sapere? Le indagini sono ancora in corso, come penso saprai, e quindi non sono molte le cose che posso dirti. È prematuro. Indizi vaghi, tutti da verificare, e nessuna prova certa».
Anita si avvicinò con la sedia alla scrivania.
«Voglio qualcosa su chi gestiva la casa e sfruttava le ragazze, e anche sull’identità di alcuni clienti. Ho bisogno di qualche nome, Gennaro».
Il maresciallo non rispose subito e alzò gli occhi al cielo facendo un profondo respiro.
«Lo vuoi un caffè? Qui lo facciamo buono. Con la moffa. Mica quello delle macchinette a cui siete abituati voi milanesi…»
«No, grazie. Sarebbe il quinto da stamattina. Comunque, volentieri. Ma dopo».
«Dopo…» farfugliò lui con aria pensosa. Si appoggiò allo schienale con le braccia conserte e la testa leggermente inclinata da un lato. Poi fece una lunga pausa e riprese a parlarle tenendo lo sguardo basso.
«È una brutta storia, è vero, ma è anche una notizia che non è che proprio spicchi per originalità, non ti pare? Quasi banale, direi. Quanti ne abbiamo visti di fattacci del genere, eh, Anita? La prostituzione organizzata è dappertutto, per noi è ordinaria amministrazione, lo sai. Certo, posso anche capire che a questo livello susciti maggiore scalpore e interesse, e che la curiosità morbosa della gente vada soddisfatta, ma faccio fatica a capire perché la cosa interessi così tanto una giornalista come te. Tanto da spingerla a venire personalmente in questa valle di lacrime…»
Anita ascoltò la paternale. Lo conosceva bene, e sapeva quanto gli piacesse divagare prima di arrivare al punto, così rispose stando bene attenta a non contrariarlo. Almeno per il momento. E optò per un depistaggio.
«Non è il fatto in sé che m’interessa, Gennaro, ma la tematica di fondo. Il malessere giovanile che porta delle ragazze appena adolescenti a entrare in contatto diretto con quel mondo di adulti malati e a cercare sempre la soluzione apparentemente più facile. Per poterne parlare, devo conoscere i fatti e gli attori. Ricostruirne le vite, le dinamiche, le motivazioni. E per farlo, devo partire da persone reali, coinvolte, capisci?»
Non era vero. Non più. Adesso era lei che voleva la donna bionda, quella Madame Claude. E non aveva nessuna intenzione di rivelare al maresciallo Inzerillo ciò che sapeva. Non gli avrebbe detto niente della sua fonte, né dell’indirizzo IP e della sortita a Lavagna, né tantomeno delle minacce subite in quel vicolo.
Questa è una battaglia di cervelli, e tu combatti disarmato, pensò, mentre un impercettibile sorriso tradiva il compiacimento per la colta citazione.
Non staccava gli occhi da Gennaro, aspettava la sua mossa.
Booktrailer
Paolo Sorrentino
Paolo Sorrentino è nato a Savona nel maggio del 1953. Al seguito del padre ufficiale dei Vigili del Fuoco in carriera, trascorre un’infanzia e un’adolescenza da nomade trasferendosi più volte dal nord al sud del Paese e ritorno, collezionando in questo lungo viaggio un repertorio di conoscenze e dialetti che sarebbero poi diventati preziose fonti d’ispirazione.
Laureatosi in Medicina e Chirurgia con specializzazione in Chirurgia Generale, ha svolto la sua vita professionale prima in ambito universitario e poi ospedaliero, concludendo con la direzione di un reparto di chirurgia in un ospedale pubblico del nord Italia.
Appassionato di letteratura, cinema e fotografia, debutta come autore con un romanzo thriller che esplora il microcosmo universitario che conosce a fondo, affascinante e nello stesso tempo spietato, dove il confronto tra maestro e allievo può trasformarsi in un sottile gioco di strategie e ambizioni, più simile a un duello che a un percorso di crescita.
La scelta di firmarsi come Paolo A. Sorrentino – il suo secondo nome di battesimo è Adriano – è stata dettata dalla necessità di ovviare all’ingombrante omonimia che lo lega al più famoso regista e scrittore.
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- Sorrentino, Paolo A.(Autore)