Intervista a Luca Mercadante

Intervista a Luca Mercadante

Federica Cervini
Protocollato il 1 Agosto 2025 da Federica Cervini
Federica Cervini ha scritto 42 articoli
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Luca Mercadante, autore di “La Fame del Cigno”, Sellerio Editore, è l’ospite del nostro odierno spazio interviste. Dopo aver partecipato alla conferenza stampa di presentazione della sestina dei finalisti del Premio Bancarella (“La fame del Cigno” è uno dei sei) ed aver letto il suo noir (qui la recensione), Federica Cervini ha voluto chiacchierare con l’autore ed approfondire alcune tematiche del romanzo; ricordiamo che il Premio Bancarella verrà assegnato i prossimi 19 – 20 Luglio a Pontremoli.

[Federica Cervini]: Ciao Luca sono molto contenta di poter fare quattro chiacchiere con te.
Raccontaci come è nata la storia di “La fame del Cigno” e quali sono state le tue motivazioni a scrivere una vicenda così complessa e dura; cosa volevi denunciare?
[Luca Mercadante]: Denunciare no, in realtà io non credo proprio alla narrativa di denuncia; non so se posso definirmi “scrittore” e di certo non mi definirei mai uno “scrittore impegnato”.
Quella fra me e Castel Volturno è una questione del tutto personale: per me era un sogno narrativo quello di poter scrivere di Castel Volturno, e sino ad ora non ci ero mai veramente riuscito.
Quella è la mia zona, da cui mi sono allontanato per dieci anni, diventando un pò estraneo alla situazione; e questo, ti dirò, mi ha aiutato parecchio.
Ho trovato infatti il nucleo della storia, anzi nell’ordine: prima un personaggio, poi una storia.
Quando parlo di Castel Volturno ed affermo che la mia non è una questione di impegno civile potrei sembrare in contraddizione: quella del libro non è una Castel Volturno reale, ma si tratta di una mia verità intima su Castel Volturno; gli affanni e i problemi del territorio di cui parlo ci sono tutti, ma sono presentati per come li vedo io dall’interno, non per come li potrebbe vedere un giornalista che guarda la realtà.
Io scrivo la mia verità: Castel Volturno attraverso gli occhi di Luca Mercadante.

[FC]: Come ti sei documentato sulla situazione dello sfruttamento della prostituzione e delle connection-house di Destra Volturno?
[LM]: Quando ho pensato agli Axemen e a tutta la questione di Castel Volturno ho dovuto fare necessariamente una pausa.
Ho steso una prima versione di “La fame del Cigno” basandomi su ciò che ne sapevo io, in quanto persona cresciuta in quella zona – per restituire un approccio che è bilanciato, ancora una volta, più verso la mia verità interiore che verso la realtà nuda e cruda.
Quindi ho fatto una prima stesura della trama di “La fame del Cigno” rivolgendomi alla mia visione di quel posto, e poi naturalmente mi sono documentato – ed a tal riguardo devo dirti Federica che ci sono tantissimi libri sulla questione, sia su Castel Volturno in generale (come quelli di Sergio Nazzaro e di Leonardo Palmisano per esempio), sia sugli Axemen; gli Axemen sono un fenomeno studiatissimo, così come anche le connection house.
Quello che volevo restituire è uno sguardo su tali questioni con gli occhi di uno che è del posto – e quindi è uno sguardo che non è detto che dica la realtà, che abbia i numeri in tasca; è più il sentimento di chi vive sul posto e crede di conoscere ed avere il polso della situazione.
Quindi per quanto mi riguarda, per me prima arriva la scrittura e dopo la documentazione, che poi significa in realtà fare un gran lavoraccio – perché quando fai una ricerca di dati, se trovi delle cose che non sono attinenti a quella che era la tua verità, ti tocca tornare a limare o modificare la voce narrante.

[FC]: Parlaci ancora di Eye Cult Axemen.
[LM]: Gli Axemen sono una confraternita, la mafia nigeriana: si definiscono culto e professano l’eliminazione delle catene dell’uomo nero dall’oppressione dell’uomo bianco.
La cosa fondamentale di questa organizzazione mafiosa è che quello che vuole è solo arricchirsi, prendere potere e perpetuarlo con la violenza; alla base gli Axemen hanno un substrato politico molto forte, sono nati nelle università nigeriane e il loro manifesto politico di liberazione dell’uomo nero dall’oppressione dell’uomo bianco colonialista è fortissimo – e se ne leggiamo la teoria / il manifesto effettivamente potremmo arrivare a dire che hanno ragione.
Le loro teorie fanno molto presa sulla popolazione nera che, già completamente sfruttata in Africa, qui in Italia lo è ancora di più.
Destra Volturno (che è un quartiere di Castel Volturno) da questo punto di vista è una enclave della Nigeria.
Peraltro gli Axemen di Castel Volturno non intendono espandersi: loro vogliono rimanere lì perché quello è il centro degli affari loschi di tutta l’Europa.
La cronaca a Torino o a Bari parla di lotte di strada, di spacciatori che si contendono quartieri, invece a Castel Volturno no: tutto il traffico e lo spaccio è diretto proprio da lì.
Gli Axemen non si mettono a fare la guerra alla camorra di Marano o di Giugliano – loro stanno lì perché da lì si comanda, hanno già un bel ritorno su quel territorio senza doversi allargare ad altre zone.

[FC]: Luca, parlaci del rapporto tra Cigno e suo padre.
[LM]: Chi mi conosce sa che io sono un pò Cigno – e questo vale anche per tutti gli altri personaggi, in ciascuno di loro c’è un pò di Luca Mercadante; il padre di Domenico è l’unico personaggio non preso da me stesso.
Per creare questo personaggio mi sono ispirato al mio maestro di arti marziali di quando ero ragazzino, quindi potrei dire che fra tutti i personaggi del mio romanzo, quello è il meno familiare, il personaggio più preso dalla realtà e meno da me stesso.
E naturalmente lui mi serve, come tutti gli altri personaggi di contorno, come specchio per alcune cose che devo far venire fuori di Domenico.
Il padre di Domenico vive in una zona “limitata” e grigia, tra il legale e l’illegale, tra il nero e il bianco; è secondo me un personaggio che racconta molto di Castel Volturno, nel bene e nel male.

[FC]: Parlaci ora del personaggio di Caterina – una donna “qualificata, che parla 3 lingue e che sa scrivere meglio della maggior parte dei redattori che firmano gli articoli”, eppure incontra molte difficoltà a farsi strada.
Ed ancora: “Quando sentiamo una storia abbiamo il dovere di raccontarla” – come descriveresti il giornalismo del Cigno?
[LM]: Io ho una visione molto romantica del giornalismo: per me il giornalismo è l’istituzione che deve lottare contro le ingiustizie e le disuguaglianze.
In realtà Cigno non ha semplicemente una visione romantica del giornalismo, lui ha un’ideologia del giornalismo: e quando si arriva ad un’ideologia cominciano i morti e i feriti.
Se il portare l’articolo a casa la sera diventa la cosa più importante per la giustizia, allora sei legittimato a travalicare il confine di ciò che è giusto fare pur di ottenere la notizia – ed è quello che fa Cigno dalla mattina alla sera.
Ora, Caterina invece è il nuovo modo di fare informazione.
Il connubio tra il vecchio modo di fare giornalismo (che è quello del Cigno) ed il nuovo modo di fare informazione (che è il modello di Caterina) non si può avere con un contatto tra di loro, perché il contatto non può avvenire se non c’è un tramite – e quel tramite siamo noi utenti.

[FC]: I tuoi personaggi hanno tutti un soprannome buffo: c’è l’anatomopatologo pervertito, i gemelli dalmata, la figlia del Casertabbene, lo sceriffo fuorilegge, l’obeso con lo stomaco di cemento.
Quale è il rapporto tra romanzo noir ed ironia, e come tu utilizzi l’ironia nelle pagine del tuo libro?
[LM]: Secondo me ci sono due canali nel rapporto ironia – noir.
Il primo è prettamente tecnico: se vuoi mettere KO il lettore devi fargli abbassare la guardia, ad esempio utilizzando un tono più ironico; quindi questo è un canale stilistico.
Poi c’è il fatto di vedere tutto attraverso gli occhi di un personaggio: Cigno per sopravvivere usa l’autoironia, accetta l’ironia su se stesso come fanno tutte le persone non accolte dagli altri, molto spesso bullizzate fin da bambini, e che utilizzano su se stessi la medesima ironia che usavano gli altri su di loro – facendo finta di ammetterla e di riderci sopra.
Ora, se questo è il modo in cui Cigno guarda se stesso, deve essere parimenti il modo in cui lui interagisce con il mondo: è la sua arma.

[FC]: Non posso non chiederti di parlare del Premio Selezione Bancarella, che hai vinto; ed inoltre, quali le emozioni legate al Premio Bancarella?
[LM]: C’è sorpresa sicuramente, perché non avrei mai pensato di vincere il Premio Selezione Bancarella ed essere in corsa per il Premio Bancarella 2025!
C’è stata sorpresa sin dal momento in cui ho ricevuto la chiamata da Sellerio Editore per pubblicare “La fame del Cigno”.
E poi emozione – tanta.
Devo dirti che la vera emozione di quando uno fa lo scrittore la sperimenti quando ti pubblicano il primo racconto su una rivista … anche se dopo tanti anni capisci che quella era proprio una piccola rivista.
Poi subentra la soddisfazione quando ti chiama Sellerio, quando pubblichi, quando ti scrivono le persone per dirti che il tuo libro è bello, quando una rivista come Thriller Café decide di fare una recensione del tuo romanzo: è bellissimo!
Là c’è tantissima soddisfazione.
Quando infine arriva qualcosa come il Premio Bancarella, quello è stato il momento per me di fermarmi ed assaporare quanto stava accadendo, e dire “Luca aspetta un attimo, ricorda questi momenti. E’ tutto vero!”.
La vittoria del Premio Selezione Bancarella è stato il momento per me di fermarmi e dire “è successo davvero, Luca non stai sognando.”

[FC]: Quali sono gli autori di genere giallo e noir che prediligi e di cui ci consigli la lettura?
E per concludere: vuoi lasciare un messaggio di saluto ai lettori di Thriller Café?
[LM]: Se vuoi fare lo scrittore devi leggere di tutto e devi avere una panoramica su quello che sta succedendo intorno a te – non leggere soltanto i classici.
Ed in riferimento a Domenico Cigno, vorrei che venisse rivalutato Attilio Veraldi, di cui quest’anno ricorre il centesimo anno dalla nascita: Veraldi è uno scrittore napoletano che ha reso il crime verosimile in Italia.
Credo che la fama di Cigno debba molto a questo autore.
E infine circa i lettori di Thriller Café … credo che siano lettori che non hanno bisogno di essere incitati a leggere, perché sono probabilmente tra i pochi che leggono in Italia.
A tutti loro dico che spero che Domenico Cigno vi sia amico, che lo possiate sentire vicino; e vi ringrazio tutti per il sostegno e per lo spazio che mi avete dedicato!

[FC]: Sai bene, Luca, che non è stato affatto semplice inseguirti e realizzare questa intervista, ma ti devo confessare che ci tenevo davvero molto e quindi ne sono profondamente soddisfatta – grazie a te ed arrivederci!
La Redazione di Thriller Café ringrazia Luca Mercadante per la disponibilità.

La foto di Luca Mercadante è pubblicata per concessione dell’autore.