L’ospite del nostro Café oggi è Daniele Bresciani – autore della serie di romanzi con protagonista l’ispettore Miranda – ora in libreria con “La lince sa aspettare – il ritorno dell’ispettore Miranda“, Bompiani Editore.
Avevamo anche in precedenza letto e recensito per i nostri amici del bar “Anime trasparenti” e “Nessuna notizia dello scrittore scomparso“.

[Federica Cervini]: ciao Daniele ti ringrazio per il tempo che mi dedicherai; iniziamo parlando del tuo protagonista, l’ispettore Miranda.
Come è cambiato Dario Miranda nei tre romanzi in cui è protagonista, posto che i personaggi evolvono e crescono nel tempo – così come cambiamo noi.
[Daniele Bresciani]: Non sono così convinto che noi cambiamo Federica. Voglio più credere che siamo quello che siamo, almeno una volta diventati adulti, quando il carattere e la personalità si sono stabilizzate. Magari ci resta qualche cicatrice che a volte torna a farsi sentire, ma di base se una persona è onesta resta onesta, se è cattiva resta cattiva, se è buona resta buona, se è vigliacca resta vigliacca.
Questo per dire che non credo Miranda sia molto cambiato, piuttosto, come dici, è cresciuto. Si è innamorato – e questo ne ha addolcito dei tratti ma anche accentuato qualche insicurezza – è circondato da più gente su cui contare, e questo in fondo lo ha tranquillizzato.
Poi burbero era e burbero rimane.
Ma non è disilluso o scontento: è un poliziotto contento di esserlo.

[FC]:Per non parlare delle volte che fingiamo di non vedere quello che ci dà fastidio. Come quando attraversiamo la strada per evitare il mendicante sotto casa …”.
Come è la società italiana a tuo avviso oggi?
Come è Milano?
Parliamo inoltre di accoglienza, dal momento che nel tuo thriller ci sono moltissimi albanesi fuggiti dal loro Paese ed arrivati in Italia.
[DB]: a questa domanda temo sia impossibile rispondere: credo che generalizzare sarebbe un errore.
Milano ha accolto moltissime persone negli ultimi decenni, la zona dove sono cresciuto è diventata a maggioranza araba, per esempio, e il dove c’era il lattaio Pierino (esistono ancora le latterie) oggi c’è una macelleria halal.
Ci sarà sempre chi si volterà dall’altra parte e chi invece cercherà un dialogo.
Ti dico solo che quando mio padre – malato di Alzheimer – si era perso, ad aiutarmi sono stati i ragazzi egiziani del barbiere sotto casa.

[FC]: In “La lince sa aspettare” tu citi Naim Frasheri – poeta e patriota albanese della seconda metà del 1800, poi Gjon Buzukut – vescovo cattolico albanese vissuto nel ‘500: come ti sei documentato su storia e letteratura albanese?
Inoltre parlaci della Associazione Italiani di Shqiperia – che non so se esista realmente, ma di certo esistono associazioni simili sul nostro territorio.
[DB]: Ho letto molto – i libri che ho consultato sono tutti citati in fondo al romanzo – e ho avuto dei giovani albanesi che mi hanno aiutato moltissimo con le loro testimonianze e i loro consigli. Anche loro vengono ringraziati.
L’associazione di cui parlo nel libro è inventata, ma ce ne sono molte che si occupano di accoglienza e fanno un lavoro meritevole anche perché in gran parte basato sul volontariato.

[FC]: Parlaci della Prigione di Spac in cui venivano rinchiusi gli oppositori politici – e del Sigurimi.
[DB]: Il Sigurimi era la polizia segreta albanese negli anni della dittatura, il corrispettivo del KGB sovietico o della Stasi della DDR.
Quella dittatura era basata soprattutto sulla delazione: bastava che il tuo vicino dicesse di averti sentito parlare male del Partito o di Enver Hoxha e finivi dritto in carcere senza passare da un tribunale.
Assieme a te spesso la tua famiglia e la tua casa veniva subito presa da altri, visto che la proprietà privata non esisteva.
Spac era una miniera nel nord del paese che negli anni sessanta venne trasformata in prigione.
Poteva contenere circa 500 prigionieri, negli ultimi anni ne ospitava oltre mille.
Oggi è un monumento.

[FC]:Per decenni la parola ‘albanese’ è stata sinonimo di ‘delinquente’. Poi sono arrivati i romeni e allora siamo saliti di un gradino nella scala sociale: adesso siamo sinonimi di ‘muratore’“.
Come sono gli albanesi?
E’ finita l’epoca dell’equazione albanese = criminale?
[DB]: Premesso che la battuta l’ho rubata a un giovane ingegnere albanese, credo che ci sia chi non lo ha mai pensato che quell’equazione fosse vera e chi invece continua a pensarlo.
Io posso dire di aver trovato gente generosa, accogliente e dotata di grande ironia.

[FC]: Parliamo dei viaggi della speranza sulla rotta Albania – Italia, dell’arrivo della Vlora a Bari il giorno 08/08/1991 e di come migliaia di albanesi – dopo un viaggio allucinante senza cibo né acqua – invasero prima il porto e poi la città di Bari.
Che fine hanno fatto?
Che ne è stato di loro?
[DB]: solo il 10% di quei 20 mila è riuscito a rimanere in Italia da subito – chi evitando i controlli chi perché aveva serie ragioni per farsi accogliere.
Gli altri sono stati rimpatriati in pochi giorni, via aereo o via mare.”

[FC]: Parliamo di uno dei tuoi personaggi in “La lince sa aspettare” – e cioè Gianni Losi, che con la sua goffaggine da nerd, mezzo poliziotto mezzo hacker, a me è piaciuto moltissimo: vuoi descriverci il suo carattere e l’evoluzione di questo simpatico ed intelligente personaggio nel libro.
[DB]: Se dovessi definirlo, direi che Losi è un hacker etico, usa le sue capacità a fin di bene.
In passato, per “Anime trasparenti“, il primo romanzo della serie con Miranda (che Bompiani ripubblicherà spero a breve) avevo fatto un viaggio – con l’aiuto di un sottufficiale della polizia postale – nel dark web ed è impressionante quello che ci si può trovare.
Se hai soldi (e dove farti spedire la merce) puoi compare qualsiasi cosa: armi, droga, persone.
Mi piace pensare a qualcuno che faccia l’opposto.

[FC]: Quali sono gli autori che leggi di preferenza e che ci consigli di non lasciarci sfuggire?
E per concludere, vuoi lasciare un saluto ai lettori di Thriller Café?
[DB]: Se restiamo sul giallo o thriller o noir che dir si voglia, tra gli italiani dico Alessandro Robecchi, Fabiano Massimi e Fausto Vitaliano.
Stranieri, gli Harry Hole di Jo Nesbø, il Fabio Montale di Jean-Claude Izzo, la serie ambientata a Glasgow negli anni Settanta di Alan Parks.
Fra i classici senza dubbio Friedrich Dürrenmatt e Georges Simenon.
E poi certo, grazie a te per l’intervista e grazie a tutti i lettori di Thriller Café nella speranza che qualcuno si incuriosisca e voglia scoprire che tipo è Miranda.

[FC]: … la curiosità non ci manca affatto, e in questa intervista tu l’hai anche fatta crescere. Arrivederci e di nuovo grazie.

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Articolo protocollato da Federica Cervini

Classe 1972, mamma lavoratrice curiosa ed infaticabile, sono laureata in Filosofia indirizzo Psicologico e da che ne ho memoria sono innamorata dei libri: non esco mai di casa senza un romanzo nello zaino. La mia parola d’ordine, mutuata da “Wonder” di R.J. Palacio, è: “Quando ti viene data la possibilità di scegliere se avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile”.

Federica Cervini ha scritto 22 articoli: