
Che cosa hanno in comune il fumo e l’incenso, protagonisti del titolo dell’avvincente noir di Michele Burgio, edito da Bompiani? In apparenza, nulla. Il fumo richiama la trasgressione, il peccato, la corruzione; l’incenso evoca la spiritualità, la sacralità, il desiderio di redenzione.
Eppure.
Cosa succede quando il sacro e il profano si incontrano, si fondono, si confondono fino ad annullarsi a vicenda?
È da questa tensione simbolica che prende forma “Il fumo e l’incenso“, un noir lucido e spiazzante, capace di esplorare a fondo le crepe di una piccola comunità dell’entroterra siciliano. Come nella migliore tradizione del mystery, Michele Burgio non offre risposte facili: dissemina domande scomode lasciando al lettore il compito, e il peso, di tirare le somme. Somme che, alla fine, si riveleranno peggiori del previsto.
La vicenda si svolge a Serrapriola, un borgo sospeso tra devozione e torpore, dove il tempo sembra essersi cristallizzato. Campagne arse dal sole, piazze silenziose, vicoli stretti. I protagonisti sono i Megli, un gruppo di adolescenti inquieti che cercano emozioni forti per scuotere la monotonia quotidiana. Si muovono tra i primi amori, sfide di calcetto, trasgressioni e l’irrequietezza dell’età.
Due figure influenti vigilano sull’equilibrio del paese: don Orazio Scuderi, uomo potente e temuto, e padre Ramacca, guida spirituale e punto di riferimento sportivo per i ragazzi.
Ma l’armonia di Serrapriola è solo una facciata. Basta poco per incrinarla. La sparizione del crocifisso restaurato dalla Chiesa del Carmelo, con le offerte dei fedeli, denunciata con fervore da zia Nannina turba le anziane comari e agita una comunità poco avvezza ai furti.
Tuttavia, sarà un evento ben più tragico a frantumare gli equilibri: la scomparsa di Luca D’Avola, esile quindicenne e calciatore promettente. L’ultimo ad averlo visto è il suo amico Gesualdo Scuderi, figlio di don Orazio. Il loro legame, seppur profondo, è segnato da tensioni e incomprensioni. Poco prima che sparisse, i due avevano avuto un acceso diverbio su scelte personali, divergenze. Segreti.
Totò D’Avola, il padre di Luca, già preoccupato per gli atteggiamenti evasivi del figlio, denuncia la scomparsa ai Carabinieri. Il giorno seguente, il corpo senza vita del giovane viene ritrovato in un pozzo artesiano al Buggiurano. A fare la tragica scoperta è proprio Gesualdo Scuderi, l’amico più stretto, che diventa il fulcro di ogni sospetto.
La storia assume i contorni di un’indagine corale: ogni personaggio nasconde qualcosa, nessuno escluso. Il delitto apre una crepa profonda nel tessuto sociale, e morale, della sonnacchiosa Serrapriola. L’indagine, affidata al maresciallo Maira, uomo pragmatico e di poche ambizioni, e al sostituto procuratore Alfredo Ammirata, magistrato esperto ma disilluso dal lavoro, procede a rilento, ostacolata da reticenze, omissioni, testimonianze contraddittorie. Anche Maira e Ammirata, per motivi diversi, sembrano poco inclini a scoperchiare verità che potrebbero rivelarsi esplosive.
Per quanto riluttante, a entrare in scena è Sergio Vilardo, ex giornalista d’inchiesta che ha scelto una vita ritirata, lontana da scandali e indagini. Non ha però fatto i conti con l’ostinazione di zia Nannina, che lo coinvolge nel mistero del crocifisso scomparso. Quello che scoprirà condurrà il cronista su una pista inquietante. Ma fino a che punto vorrà spingersi per seguirla?
Burgio costruisce una trama solida, dimostrando di saper calibrare bene i tropi della letteratura di genere e alternando introspezione e tensione pura. L’indagine si intreccia con un sottobosco di relazioni complesse, giochi di potere, dilemmi morali, provincialismo ottuso. Ambiguità. L’acuta analisi psicologica dei personaggi ci consegna non solo un mystery ma anche un romanzo di formazione. Un’indagine profonda sulla dualità della natura umana.
Non è un romanzo che consola, Il fumo e l’incenso. È un romanzo che inquieta, punge, disturba.
Un noir ambizioso e mesmerico dove non esistono innocenti, solo colpe diverse. Dove il confine tra giusto e iniquo si sgretola e una giustizia sghemba si piega a convenienze, ricatti e paure. Dove la verità si baratta col silenzio.
La scrittura di Burgio, tracimante e precisa insieme, è attraversata da un’ironia amara: un’arma sottile per smascherare le storture del mondo narrato senza mai indulgere nella retorica. Lo stile è asciutto ma denso. I dialoghi sono realistici, le descrizioni nitide e suggestive. I capitoli brevi, quasi cinematografici, rendono la lettura incalzante. I colpi di scena non sono mai gratuiti: servono a scavare sotto la superficie, nel buio morale che avvolge Serrapriola.
E quello che rivelano, ve lo assicuro, non si dimentica.
Da leggere. Consigliatissimo.
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