Fede - Dror Mishani

Nel solco della tradizione del giallo europeo più classico si inserisce Fede, dello scrittore israeliano Dror Mishani (E/O), un poliziesco interessante che coniuga psicologia investigativa e profondità umana. Non vedo l’ora di raccontarvi la trama…

L’ispettore capo del piccolo distretto di polizia di Holon, a sud di Tel Aviv, è alle prese con le sue ubbie: i casi che ha trattato negli ultimi quindici anni gli sono sembrati di normale amministrazione, mentre lui avrebbe sognato un lavoro più intenso e avventuroso, come quello nel mitico Mossad, per esempio.

Benny Saban, il suo superiore, cerca di motivarlo a rimanere anche se ha capito da tempo quanto Avraham sia a disagio nel suo ruolo.

Penso di capire cosa tu stia passando, Avi, anche se sei sicuro che non me ne sia accorto. Hai l’impressione che questo commissariato ti stia stretto, che le inchieste di cui ci occupiamo siano di poco conto, vero? Sei una persona riservata, fingi modestia, ma in realtà sei convinto di appartenere alla lega dei grandi. So anche che sei sicuro che tutti i detective della televisione e dei libri abbiano torto e che solo tu sia in grado di risolvere ogni caso. Non è così?

Ma Avraham non trova pace e, con l’assenso della moglie Marianka, fa domanda di trasferimento ad altro incarico. Cambiare paese, lavoro e prospettive: questa sarebbe l’unica medicina per il suo malcontento.

Alla radio parlavano di un nuovo misterioso tentativo di avvelenamento di un oppositore russo, presumibilmente da parte dei servizi segreti di Vladimir Putin, e Avraham non poté fare a meno di immaginare di essere un agente della CIA o dell’M16 incaricato di risolvere il caso. “Inspector Avraham? This is Langley calling. We know you expected our call”.

Ѐ quindi quasi con indolenza che inizia a lavorare sul caso di un turista elvetico scomparso senza pagare il conto dall’Hotel Palace di Bat Yam. Di sicuro meglio quell’incarico, che almeno lo porta fuori ufficio qualche ora, che occuparsi del ritrovamento di una neonata, abbandonata in una borsa ritrovata in un bar di fronte un ospedale. E poi l’agente Etsy Vahaba è una donna davvero in gamba e Avraham è convinto che se la sbroglierà con poco.

Una volta arrivato all’Hotel Palace viene accolto da uno sprovveduto concierge che molto candidamente sostiene che l’intervento della polizia non è più necessario, perché il conto è stato pagato da alcuni parenti del turista, venuti in albergo anche a ritirare i suoi effetti personali. Avraham si maledice per non essersi attivato prima a fiutare la pista ancora calda di ciò che gli sembra di fatto una sparizione alquanto losca.

Non impiega molto a scoprire che l’uomo era registrato sotto falso nome e che in realtà è un cittadino francese di nome Raphael Shoshani. Rintracciatane la figlia, questa confida ad Avraham che sospetta che il padre in realtà avesse lavorato tutta la vita per il Mossad e che la sua casa è stata messa a soqquadro.

Appena però l’ispettore inizia le indagini in quella direzione, gli arriva la chiamata della potente Keren dell’Ufficio di gabinetto del Primo ministro. Il Mossad non gradisce che chicchessia si spacci per un appartenente ai servizi, questo è poco ma sicuro, e Avraham deve concludere che tanta forte negazione forse possa nascondere un fondo di verità, anche se l’indagine è passata ufficialmente alla narcotici: Shoshani, infatti, sembra avesse nascosto una parte di droga nella stanza d’albergo per tenerla per sé e i tre “parenti” non erano riusciti a trovarla. Forse questo era il motivo vero della sua sparizione. Rapito o ucciso?

L’affaire Shoshani è seguito congiuntamente anche dal Bureau d’Information di Parigi che sembra collaborare con l’ispettore, ma del cui operato Avraham non si fida pienamente.

Anche l’indagine sulla neonata abbandonata punta dritta verso Parigi, città nella quale forse si è rifugiata la madre naturale e Avraham comincia a notare strani punti di contatto tra le due indagini.

L’epilogo sarà illuminante per l’ispettore che riacquisterà fede nell’umanità e nella propria professione, gettando il cuore oltre l’ostacolo.

La proposta consisteva nella nomina di Avraham a rappresentante della polizia israeliana presso l’Europol, l’ufficio europeo di polizia con sede all’Aia.

Avraham chiamò Saban e lo informò che aveva deciso di rifiutare il nuovo incarico, per il momento, senza dargli una spiegazione, e quando Marianka gli chiese in seguito perché avesse cambiato idea, lui rispose che preferiva rimanere al piano terra, perché dall’ultimo non si vede in faccia la gente.

L’investigatore Avraham, nomen omen

“Vattene dal tuo paese, dal tuo parentado, e dalla casa di tuo padre.”

Con questa citazione dalla Genesi, Dror Mishani apre il romanzo “Fede” e il motivo sembrerebbe facile da intuire: il protagonista si chiama Avraham, Abramo e dunque quel passo delle Sacre scritture non è null’altro che il rimando al nome dell’investigatore che, peraltro, vuole andar via dal suo paese per recarsi altrove.

No, troppo facile per una penna sofisticata come quella di Mishani.

Abramo, per la religione ebraica è considerato il primo credente, ossia il primo umano ad aver creduto e accettato l’indicazione di Dio che lo esortava a lasciare tutto per recarsi in un luogo che gli sarebbe stato indicato.

Avi Avraham sarà colui che, alla fine del suo percorso, acquisterà fede nell’umanità, al di là dei delitti e delle distinzioni religiose e saprà guidare, con il suo operato, i suoi sottoposti verso una ‘terra’ di giustizia, oltre la politica e le ideologie.

Un bel personaggio, integerrimo e capace, arguto ed equanime, capace di compiere un vero e proprio salto di fede.

Un personaggio che sono stata felice di incontrare per la prima volta e che, sono certa, non mi deluderà neanche in futuro.

I richiami ai grandi del giallo

Dror Mishani è un profondo conoscitore della storia del giallo e ha disseminato il suo romanzo di rimandi interessanti. Si nota lo sconfinato amore per Simenon e un’adorazione per Jules Maigret nel fatto che Avraham ha una pipa di cedro del Libano, si emoziona quando deve contattare il Bureau d’information, immaginando fosse situato nel mitico Quai des Orfèvres e perché, dopo un interrogatorio particolarmente difficile nel quale aveva fatto confessare un sospettato, fosse stato apostrofato per questo “il commissario Maigret”.

Il rimando a Conan Doyle e a Uno studio in rosso è palese quando scrive: “Ispirandosi a un giallo che amava, era intenzionato a nascondere quella chiavetta in un luogo ben visibile.”

Mishani non ha dimenticato nemmeno la Signora del giallo e il suo Poirot, facendolo citare da uno dei personaggi chiave, in un serrato faccia a faccia.

Anche Leonardo Sciascia è nominato per ben due volte nel romanzo e, con orgoglio patrio e grande ammirazione verso lo scrittore siciliano, voglio chiudere questa disamina di “Fede riportandovi la seconda citazione, tratta da Il contesto, nella quale un personaggio diceva al detective: “Il suo mestiere, mio caro amico, è diventato ridicolo. Presuppone l’esistenza dell’individuo, e l’individuo non c’è. Presuppone l’esistenza di dio, il dio he acceca gli uni e illumina gli altri, il dio che si nasconde […]. Presuppone la pace e c’è la guerra… Questo è il punto: la guerra… c’è la guerra: e il disonore e il delitto debbono essere restituiti ai corpi della moltitudine […]”.

Non posso non finire con un plauso alla traduttrice Alessandra Shomroni per aver curato le note indispensabili per una perfetta comprensione del testo.

Dror Mishani

Lo scrittore Dror Mishani è nato nel 1975 a Holon, nel distretto di Tel Aviv. È diventato noto a livello internazionale grazie ai suoi romanzi gialli con protagonista l’ispettore Avraham Avraham: Un caso di scomparsa (Guanda 2013, diventato un film con Vincent Cassel), Un’ipotesi di violenza (Guanda 2015) e ora Fede, per le nostre edizioni. Mishani è anche studioso di letteratura, specializzato in storia del romanzo giallo. Tre (Edizioni E/O 2020) ha segnato per lui un punto di svolta: in Israele il romanzo è diventato un fenomeno letterario da decine di migliaia di copie, è stato pubblicato in molti paesi ed è rimasto per 10 settimane nella bestseller list dello Spiegel. Dror Mishani vive con la sua famiglia a Tel Aviv.

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Fede. L'ispettore Avraham
  • Mishani, Dror A. (Autore)

Articolo protocollato da Monica Bartolini

Monica Bartolini (Roma 1964) si afferma nel mondo della scrittura gialla con i romanzi della serie del Maresciallo Nunzio Piscopo (Interno 8 e Le geometrie dell'animo omicida, quest'ultimo finalista al Premio Tedeschi nel 2011). Nel 2010 vince il Gran Giallo Città di Cattolica per il miglior racconto italiano in ambito mystery con il racconto Cumino assassino, compreso nell'antologia 10 Piccole indagini (Delos Digital, 2020). Autrice eclettica, per I Buoni Cugini Editori pubblica nel 2016 Persistenti tracce di antichi dolori, una raffinata raccolta di racconti gialli storici che ha per filo conduttore le vicende legate al ritrovamento di alcuni reperti storici, che ancora oggi fanno bella mostra di sé nelle teche dei musei di tutto il mondo, e nel 2019 la terza investigazione del suo Maresciallo dal titolo Per interposta persona. Collabora con i siti www.thrillercafe.it e www.wlibri.com per le recensioni ed è membro dell'Associazione Piccoli Maestri - Una scuola di lettura per ragazzi e ragazze che si occupa di leggere i classici nelle scuole italiane. Bibliografia completa in www.monicabartolini.it Contatti: [email protected]

Monica Bartolini ha scritto 96 articoli:

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