scrivere-mysteryL’attesissima dodicesima e penultima puntata di Scrivere un mystery con Gillian Roberts online oggi su ThrillerCafe.it. Cercheremo di capire come rendere le azioni più eloquenti delle parole. Per chi fosse nuovo, intanto, rammento che i capitoli precedenti sono disponibilii nelle pagine dedicate alla scrittura thriller di Thriller Cafè.

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Troppo spesso, quando si pensa al dialogo – la comunicazione tra i nostri personaggi – pensiamo solo alle parole che si dicono gli uni agli altri. E’ notorio, tuttavia, che gli esseri umani utilizzano il linguaggio del corpo – azioni – per la maggior parte della loro comunicazione. E’ quindi importante prendere in considerazione ciò che l’oratore o la persona cui si rivolge sta facendo fisicamente, in aggiunta o al posto delle sue parole.
Pensate ai tanti modi in cui trasmettiamo senza “dire”. Picchiamo sul tavolo. Tamburelliamo con le dita. Ci voltiamo da un’altra parte. Solleviamo un sopracciglio. Ci accigliamo, sorridiamo, sussultiamo… Incrociamo le braccia sul petto. Le apriamo, come ad abbracciare. Ci portiamo le mani alla bocca. Facciamo spallucce. Alziamo il pollice. Ci tormentiamo le cuticole delle unghie. Crolliamo a pezzi.
Troppo spesso, causiamo incidenti in autostrada che finiscono in omicidi, perché una persona ha fatto un gesto da considerarsi maleducato. Non ha dovuto emettere un suono. Il suo messaggio è arrivato.
Meno violentemente, pensate al significato potenziale e a quanto si possa mostrare con la sola azione di avere qualcuno che si sposti o stia troppo vicino a qualcun altro. A seconda del contorno, potrebbe intensificare il senso che una persona troppo vicina sia intimidatoria, spaventosa, seducente o semplicemente fastidiosa. In ogni caso, aggiungerebbe tensione alla situazione del vostro protagonista. Oppure, potrebbe indicare che la persona troppo vicina proviene da una cultura diversa, dove esistono diversi “confini”, nel qual caso, la cosa potrebbe servire come un indizio. In ogni modo si dovrebbe capire che le azioni fisiche sono parte degli strumenti che dovete avere nella vostra borsa dei trucchi.

Un’emozione spesso è caratterizzata da segnali fisici (e quando sono assenti ce ne accorgiamo, pensando che la persona è “fredda” o non emotiva) e sono importanti quanto le parole che chi parla usa. A volte i segnali sono palesi, come, per esempio, un tic nervoso, l’incapacità di guardare l’altra persona negli occhi – un segnale che i giocatori di poker chiamano un “tell” (dire, ndt). A volte sono più sottili, un lieve irrigidimento dei muscoli intorno agli occhi, una postura rigida, eccetera.

Un interessante esercizio può essere fatto passando del tempo in un aeroporto, una stazione o un ristorante- qualsiasi luogo pieno di estranei da osservare come se fossero in un film muto. Guardate il loro linguaggio del corpo, come parlano tra loro e prestate attenzione alle vostre reazioni viscerali. C’è qualcosa in un gesto che vi rende antipatico quell’uomo dall’altra parte della strada? Aggiungetelo alla vostra banca dati da scrittori per fargli impersonare qualcuno per cui il lettore dovrà provare antipatia. Che cosa vi fa sospettare che quell’altro uomo non voglia far altro che allontanarsi dalla donna che lo abbraccia? Qual è l’azione fisica che ve lo trasmette? C’è una seduzione in corso da qualche altra parte? Quell’adolescente è furioso per qualcosa? Quella donna è sull’orlo del pianto, ma si sta controllando? Quell’uomo è innamorato di quella donna? Che cosa del loro linguaggio del corpo ve lo fa pensare? (Se l’idea di attendere fuori in uno spazio pubblico non vi piace, si può quasi duplicare questo esercizio togliendo l’audio mentre si guarda una fiction televisiva. Quanto potete ricavare semplicemente dai movimenti fisici e le espressioni degli attori?)

Siete fortunati se non avete mai sentito una fiammata di rabbia, quando in un negozio la persona che si suppone dovrebbe servirvi è al cellulare impegnata in quella che sembra una chiamata personale – o sta parlando con un altro venditore ugualmente inaccessibile – e non compie un solo gesto che indichi che è a conoscenza del fatto che esistete o potreste desiderare qualcosa da lei. Questo è un caso di non-azione che parla più forte delle parole (e sappiamo che le parole inespresse sarebbero qualcosa di simile – ma meno educato – a “non mi importa un fico di te”).

Siamo abituati ai sottili cambiamenti di postura e a una miriade di gesti, nella nostra vita, e a capire che essi significano messaggi che ci vengono inviati. Questa consapevolezza è probabilmente parte del nostro originale, fornitissimo kit di sopravvivenza che fa sì che riconosciamo il pericolo o la sua assenza. Usate questa consapevolezza e mettetela sulla pagina.

Quando scrivete, rallentate e cercare di immaginare la componente fisica di ciò che i vostri personaggi stanno emotivamente vivendo. La stanza è fredda o troppo calda? La pistola che lei porta è pesante, imbarazzante? Quando lui fa quel drammatico salto, i suoi muscoli si strappano, si muovono senza dolore? Il suo cuore batte, corre, salta i battiti? E’ sudato? La sua mano trema quando si accende la sigaretta? Oppure canticchia felice mentre segue la sua preda?

Se ci mostrate un personaggio insistendo sul fatto che egli adora la vostra protagonista, ma lo dice allontanandosi da lei, o prendendo il suo set per manicure e limandosi le unghie, o dimenticandosene appena passa una bella ragazza, non avrete bisogno di dire che manca di sincerità, perché l’avete dimostrato attraverso una azione scelta accuratamente. Se non riuscite a pensare a delle azioni e a renderle significative sulla pagina, state, in sostanza, rendendo cieco il vostro lettore, che può solo sentire cosa sta succedendo. Ma quando descrivete le azioni significative di un personaggio includendo ciò che sente dal suo punto di vista e ciò che è osservabile dall’esterno per tutti gli altri, il lettore è lì, e vede precisamente quello che avete in mente. E’ questo, un vero “mostrare”.

Quando stiamo parlando di azione, dobbiamo menzionare i verbi. È possibile che non sembri entusiasmante raccontare una parte del discorso, ma i verbi sono i nostri principali mezzi di azione. Una volta che avete una bozza, fare un passo lungo il percorso di revisione e controllate tutti i verbi.
Perché qualcuno “entra” in una stanza, se si può affinare la nostra immagine mentale di come lo fa? Potrebbe farlo sbruffoneggiando? Impettito? Correndo? La porta, semplicemente, “si apre” o potrebbe invece spalancarsi di colpo, sbattere, scricchiolare, schiudersi un millimetro alla volta? Pensate ai vostri personaggi e a come si muovono, e usate verbi che lo mostrano (molto meglio degli avverbi: per esempio, non dite “camminava velocemente”.)

Anche se le azioni non parlano più forte delle parole, sicuramente sono un potente metodo per trasportare ciò che viene visualizzato nella vostra mente in quella dei vostri lettori. Assicuratevi che la vostra scrittura sia “un contenitore di azione”.

Prossima lezione: Giocare pulito o imbrogilare il lettore: come nascondere gli indizi.

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Articolo protocollato da Giuseppe Pastore

Da sempre lettore accanito, Giuseppe Pastore si diletta anche a scrivere e ha pubblicato alcuni racconti su antologie e riviste e ottenuto vittorie e piazzamenti in numerosi concorsi letterari. E' autore (assieme a S. Valbonesi) del saggio "In due si uccide meglio", dedicato ai serial killer in coppia. Dal 2008 gestisce il ThrillerCafé, il locale virtuale dedicato al thriller più noto del web.

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