raul montanariRaul Montanari ha pubblicato nove romanzi, per Feltrinelli, Marcos y Marcos, Baldini Castoldi Dalai, ed è autore di due raccolte di racconti personali e di diversi articoli e saggi in antologie e sui maggiori quotidiani e periodici italiani. La sua ultima opera si intitola La prima notte (2008). Collabora inoltre con i principali editori italiani come traduttore di opere classiche e moderne, con il cinema e la radio. Vive a Milano, dove tiene dal ‘99 un corso di scrittura creativa strutturato su più livelli. Gira l’Italia tenendo conferenze e reading. Interviene in televisione principalmente sulla Rai, La7 e SkyTv. Il suo sito è www.raulmontanari.it.
Per Thriller Cafè l’ha intervistato Francesca Panzacchi.

[FP]: Raul, qual è la peculiarità del tuo ultimo romanzo La prima notte?
[RM]: Certamente il fatto che ha l’aspetto di un dialogo senza didascalie, fino all’ultimo capitolo. Lì invece si cambia e per la prima volta compare la voce di un narratore. E’ stato un esperimento, per la verità abbastanza sicuro dato che il dialogo è sempre la cosa che noi troviamo più interessante in un libro. Se leggiamo un libro in fretta, magari saltiamo le descrizioni ma mai i dialoghi. Abbiamo la sensazione che il dialogo sia, nella pagina, il luogo in cui accadono le cose, ed è così. Non a caso il libro piace moltissimo perfino a certi lettori che sono disturbati dagli eventi o dai personaggi. E’ proprio la formula narrativa a piacere.

[FP]: Descrivilo con tre aggettivi
[RM]: Perturbante, aereo, appassionante.

[FP]: Perché hai scelto di strutturarlo come un lungo dialogo tra una donna e il suo amante?
[RM]: Perché volevo che fosse lei, Irene, a raccontare la sua storia. Con l’espediente del dialogo, però, il racconto di Irene viene continuamente spezzato dalle domande e dai commenti di lui, e il tutto diventa molto più interessante che se fosse un testo per voce sola.

[FP]: Quali tematiche indaga?
[RM]: Le mie solite: il combattimento della volontà contro il destino, la ricerca di un senso profondo della vita. La bellezza, il turbamento, il mistero. La notte, l’abisso. In più qui c’è secondo me la celebrazione della capacità femminile di vivere con serenità le stagioni della vita, mentre i personaggi maschili della storia di Irene appaiono condizionati in modo drammatico dal loro rapporto con un passato oscuro, che non è mai passato davvero.

[FP]: E’ corretto definirlo un romanzo intimista?
[RM]: Non direi intimista, però introspettivo sì. Nel senso che lo scavo psicologico mette completamente a nudo i personaggi; però il vero motore dell’azione narrativa sono gli accadimenti.

[FP]: Qual’è il profilo psicologico di Irene, la sensuale protagonista femminile?
[RM]: E’ la ragazza che qualunque uomo sicuro di sé sognerebbe. Dico sicuro di sé perché Irene è tostissima, per nulla arrendevole o remissiva. E’ una giovane donna che ha affrontato prove terribili nella sua vita e che è capace di raccontarcele con una levità incantevole e uno humour che non l’abbandona mai. E’ anche una grande curiosa della vita, del mondo, degli altri.

[FP]: E’ importante saper ascoltare?
[RM]: Se io non sapessi ascoltare non sarei qui a rispondere a queste domande intelligenti, perché non avrei mai scritto nemmeno un libro. Certo, la capacità di ascoltare, di tacere e accogliere le parole e le storie degli altri, va anche coltivata. Sono passato anch’io nella mia vita attraverso quella fase disastrosa in cui mi interessavo soprattutto a me stesso e riempivo i dialoghi con gli altri di cose che riguardavano essenzialmente me. Poi ho imparato.

[FP]: Paura e desiderio sono strettamente connessi?
[RM]: Nel libro, Irene è una psicologa che è arrivata alla conclusione che la psicologia non serve a niente e che solo due cose ci sono da capire al mondo. Una è quella che lei chiama la magia, cioè la facoltà intuitiva (presente in tutti) che ti permette di avere all’istante uno sguardo globale su una situazione, una persona, un luogo, e sentir risuonare profondamente dentro di te un SI’ o un NO, un assenso o un rifiuto che solo a posteriori si può cercare di razionalizzare. L’altra è che la vita è governata da queste due forze opposte: il desiderio (che vorrebbe sempre cose nuove) e la paura (che pone dei limiti al desiderio stesso). Naturalmente questi concetti non sono spiegati in modo menoso come sto facendo io ora, ma diventano materiali narrativi. Sono nascosti negli episodi che ne rivelano la presenza.

[FP]: Ci sono elementi autobiografici nei tuoi scritti?
[RM]: Per forza. La propria vita è una specie di magazzino, per uno scrittore: quando c’è bisogno di qualcosa per la storia, si guarda anzitutto lì dentro. Però guai a piegare la storia che si racconta al proprio desiderio narcisistico di mettersi in scena: la storia non deve mai essere al servizio della tua vita, ma il contrario. In questo libro, in particolare, vengono raccontati moltissimi episodi grandi e piccoli, tragici o comici, e sono quasi tutti realmente accaduti o a me o a persone che conosco.

[FP]: Ti sei mai ispirato a fatti di cronaca realmente accaduti?
[RM]: Non in questo libro. In un romanzo uscito quattro anni fa, Chiudi gli occhi, avevo preso spunto dalla storia di “Joe Codino”. E’ il soprannome che era stato dato a uno stupratore di aspetto gentile che perdipiù, una volta scoperto e arrestato, si scoprì che faceva il mestiere più aggraziato del mondo: il liutaio! Questo contrasto fra gentilezza apparente e brutalità nascosta sta dietro il protagonista di quel romanzo, ma è nesso molto difficile da cogliere.

[FP]: Svelaci il tuo segreto per creare la suspence
[RM]: La suspense è seminare. Lasci cadere semi che poi, al momento di dare frutto, sorprendono il lettore che si aspettava una margherita e si ritrova un olivo o un baobab.

[FP]: Tre cose alle quali non potresti mai rinunciare
[RM]: Alle donne, le meravigliose donne, anzitutto. Sono circondato da donne e ci sto da dio. Non solo per fare l’amore, anche se quella è la prima cosa per cui ci si incontra. Sai che a volte passo giornate intere senza nemmeno sentire una voce maschile? Poi non potrei più rinunciare al lavoro che faccio, perché mi piace tanto. E non potrei mai rinunciare alla mia libertà, che a volte ha l’aspetto di una affollata solitudine. Non so se io sia grande o piccolo, so però che non ho nessuno sopra di me. Non esiste nessuno al mondo che possa darmi un ordine, tranne un poliziotto a un posto di blocco. E’ stato difficile costruirmela, questa libertà, perché io sono nato povero e all’inizio ho dovuto piegarmi a compromessi, fare cose che non mi piacevano. Da molti anni ormai faccio solo cose che mi piacciono, ogni minuto di ogni giorno. Ero nato per fare il servo e invece sono il padrone di me stesso. Questo mi dà un piacere immenso.

[FP]: Il traguardo più ambizioso che vorresti raggiungere
[RM]: Continuare così. Non sarà facile. Anzi, sarà impossibile perché il tempo colpirà anche me, anche se finora mi ha risparmiato in ogni cosa che sono e che faccio.

Articolo protocollato da Giuseppe Pastore

Da sempre lettore accanito, Giuseppe Pastore si diletta anche a scrivere e ha pubblicato alcuni racconti su antologie e riviste e ottenuto vittorie e piazzamenti in numerosi concorsi letterari. E' autore (assieme a S. Valbonesi) del saggio "In due si uccide meglio", dedicato ai serial killer in coppia. Dal 2008 gestisce il ThrillerCafé, il locale virtuale dedicato al thriller più noto del web.

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