bill-pronziniBill Pronzini è un grande scrittore. Nominato “Grand Master 2008” e vincitore di due Shamus Award, Pronzini è uno degli autori che più hanno dato al genere thriller e oggi sono lieto di potervi proporre un suo racconto, intitolato Possibilità. Sono certo lo apprezzerete.

Ecco la prima parte…

***

Possibilità – di Bill Pronzini

Ero nel cortile da non più di due minuti quando la testa calva di Roger Telford spuntò al di sopra del muro di confine. Non fu affatto una sorpresa. Molto poco di ciò che accade nel mio quartiere sfugge a Telford e sua moglie Aileen. Limitarsi a chiamarli ficcanaso sarebbe far loro un torto. Sono la quintessenza, il prototipo dei vicini ficcanaso – subdoli, sospettosi, invadenti, scortesi, e fastidiosi al massimo.
“Pensavo d’aver sentito grugnire e respirare affannosamente laggiù”, disse. “Non mi dire che Suzanne ti ha lasciato acquistare un cane”.
“Va bene”, risposi, “non lo farò.”
“”E’ tuo quel bastardo?”
“Non è un bastardo. E’ un meticcio di rottweiler. Appartiene ai Lindemans, alla palazzina accanto”.
“Beh, è una buona cosa che non appartenga a voi. Aileen e io non amiamo i cani, soprattutto quelli grandi. Sudici. Che stanno sempre a scavare. E che abbaiano tutto il dannato tempo”.
“George non abbaia molto”.
“George? Come fai a sapere il suo nome?”
“E’ scritto sul collare”.
“Beh, è un nome stupido per un bastardo. Che cosa ci fa nel vostro cortile?”
“E’ in visita”, gli dissi. “C’è un buco nel nostro recinto che non ho ancora sistemato”.
“E che cosa sta masticando?”
“Beh, sembra che sia un osso… Sì, perbacco, è proprio un osso”.
“Dannazione se è grande. Non credo di aver mai visto un osso come quello. L’ha portato lui?”
“No, gliel’ho dato io”.
“Tu? E dove l’hai preso un osso così?”
“Dal nostro congelatore.”
Il suo volto si corrugò in un’espressione che ricordava un contemplativo Basset Hound. A Telford piace credere d’essere un profondo pensatore. A sua moglie lo stesso. Lavorano sotto questa sorta di auto-inganno, perché sono entrambi una specie di scrittori. Lui raffazzona testi su come risolvere questo o quel problema riguardante la casa e lei scrive libri di cucina, la sua opera più importante è “Il sublime ortaggio viola: delizie di melanzane da tutto il mondo”. Entrambi lavorano a casa, il che dà loro ampie possibilità di proseguire la loro comune carriera parallela di intromissione negli affari della gente.
“È da lì che provengono tutti quei pacchetti quindi?” chiese dopo un po’.
“Quali pacchetti?”
“Quelli incastrati nel vostro cestino dei rifiuti questa mattina.”
“Roger, mi sorprendi. Di solito impieghi mezzi più sottili che curiosare e rovistare nell’immondizia”.
“Non stavo rovistando”, mi fece indignato. “E’ stato un altro dannato bastardo del quartiere. L’ho trovato che trascinava uno dei pacchetti quando ho fatto rotolare il mio bidone dal pick up. L’ho cacciato via e ho rimesso il pacchetto nuovamente al suo posto. E’ stato così che ho notato tutti gli altri “.
“Molto bene,” risposi. “Grande inventiva. Dovresti provare a scrivere fiction”.
“E’ la verità. Allora, perché hai buttato via tutta quella buona carne?”
“Non era buona. Non più. Selvaggina, soprattutto, che uno dei miei collaboratori ci aveva dato l’anno scorso.”
“Che cosa c’era che non andava?”
“Bruciatura da freddo” dissi.
“Cosa?”
“E’ un fenomeno che avviene quando si lasciano le cose nel congelatore troppo a lungo. Sicuramente hai letto qualcosa a riguardo, mentre ti documentavi per i libri che hai scritto”.
“Lo so cos’è. Ma i pacchetti che ho visto erano in gran parte scongelati”.
“Beh, naturalmente. Li ho tirati fuori dal congelatore e messi nel cestino la notte scorsa. Tutti, tranne l’osso per George. Lui non si preoccupa della bruciatura da freddo.”
Telford fece di nuovo la sua espressione da Basset Hound. Per evitare di guardarlo durante il suo lavoro mentale, fissai il cielo. Era una serata piacevole, chiara, ma un po’ troppo fresca per sedersi sulla veranda a leggere. Sospirai. L’autunno era quasi arrivato. Le foglie dell’acero stavano già iniziando a ingiallire.
“Cos’era tutto quel rumore proveniente da casa vostra ieri sera?” chiese Telford. Non fa mai domande, fa sempre richieste. “Non era il rumore di una pulizia del congelatore. Tardi, peraltro, è andato avanti fino a dopo le undici. Pareva un trapano”.
“Sì,” risposi. “Ero al lavoro in cantina”.
“A fare cosa?”
“Completavo un progetto”.
“Che tipo di progetto?”
“Uno privato”.
“Gran segreto”, disse irritante Telford. “Avevi gli scuri chiusi alle finestre del garega. Difatti, hai avuto la maggior parte delle tende e delle tapparelle tirate giù negli ultimi due giorni.”
“Deve essere stato frustrante per te, non essere in grado di guardare con il tuo binocolo”.
“Credi che ti spierei con un binocolo?”
“Ti ho visto farlo”.
Fece un rumore con la gola non diverso da quello che George aveva fatto quando gli avevo dato l’osso. “Dannatamente tardi per fare uso di utensili elettrici”, disse. “Ci hai tenuto svegli, me e Aileen. Devi aver tenuta sveglia anche Suzanne”.
“Ne dubito”.
“Oh? Perché no?”
“Non era qui”.
“Che cosa vuol dire che non era qui?”
George sembrava essersi annoiato per la conversazione quanto me. Era stato sdraiato sul prato con l’osso tra le zampe, mordicchiando. Ora si era alzato, aveva trovato una presa più salda con i denti, si era scosso, ed era trotterellato via verso la parte posteriore del recinto.
“Beh, Howard?”
“Beh cosa?”
“Cosa intendi con Suzanne non era qui la scorsa notte?”
“Proprio quello che ho detto. Non è qui neanche oggi. Questo è il motivo per cui George è potuto venire e perché mi sono sentito libero di dargli l’osso, nel caso in cui te lo stessi chiedendo”.
“Dov’è? Dove è andata?”
“Via”, risposi.
“Via? Quando? Dove?”
“Due giorni fa. In gita”.
“Che diavolo dici. Sono stato a casa tutto il giorno domenica. Aileen e io eravamo entrambi a casa, e non abbiamo visto uscire nessuno di voi.”
“So che tenti di prendere nota su tutto quello che succede qui, Roger, ma ora e allora ti sei fatto sfuggire qualcosa. Ora, se non ti spiace, ho cose da fare in casa”.
Mi chiese qualcosa mentre mi allontanavo, ma avevo già chiuso le orecchie. Silenzio e privacy, nel mio quartiere e sulla mia proprietà, sono beni rari e preziosi in cui ritirarsi con rapidità quando possibile.
Ero nell’armadio nella camera da letto di Suzanne, tirando fuori capi d’abbigliamento dall’attaccapanni e infilandoli in sacchetti pieghevoli di teflon, quando il telefono suonò. Aileen Telford, abbastanza prevedibile.
“Howard”, disse con la sua voce nasale”, dov’è Suzanne?”
“Suzanne è lontana. Come Roger senza dubbio ti ha già detto”.
“Be’, ho bisogno di parlarle. ho una domanda per il mio nuovo libro di ricette sulle carote. Dov’è andata?”
“E’ in visita”.
“A visitare chi? Dove?”
“Sua sorella, se si deve sapere. E’ stata malata”.
“Suzanne è malata?”
Sospirai. “Non Suzanne. Sua sorella”.
“Non sapevo che Suzanne avesse una sorella. Non me l’ha mai detto.”
“Parla raramente di lei. Non sono mai state molto vicine”.
“E allora perché è andata a farle visita?”
“L’ho appena spiegato perché. Sua sorella è malata. Dovere di famiglia”.
“Quando tornerà?”
“Non lo so. Potrebbe stare via un po ‘di tempo. Un bel po’.”
Ci fu una pausa di profonda riflessione prima che Aileen dicesse: “Dove vive sua sorella?”
“Duluth. E’ in Minnesota.”
“So dove è Duluth. Qual è il suo nome e il suo numero di telefono?”
“Non posso dirtelo.”
“Che cosa? Perché non puoi?”
“Suzanne non vuole essere disturbata. E non vuole che sua sorella sia disturbata. Chiamarla sarebbe un disturbo”.
Un’altra pausa. Dopo un po’ disse in tono sepolcrale, “Howard, non ho problemi a dirti che Roger e io siamo un po’ preoccupati”.
“A proposito della sorella di Suzanne?”
“A proposito di Suzanne”.
“Perché dovreste essere preoccupati per Suzanne?”
“Sembra che sia accaduta ogni sorta di stranezza negli ultimi giorni. Ecco perché”.
“Tu credi? Definiscimi stranezza“.
“Sai cosa intendo. Non puoi farcene una colpa se siamo stupiti”
“Non posso?” dissi, e le attaccai il telefono in faccia.

Quando usci dalla porta di casa con un altro scatolone, Telford stava alla base del portico. Più precisamente, stava saltando da un piede all’altro come se dovesse andare al bagno. Avevo assistito a tale comportamento molte volte prima di allora. Accoppiato con il soprabito giallo sgargiante che indossava, significava che stava per iniziare la sua mattinata a correre e curiosare intorno al quartiere.
“Che cos’è tutta questa roba, Howard?” Puntava una mano verso la mia auto in strada, il sedile posteriore e il bagagliaio che avevo riempito con altri cartoni e sacchetti di plastica. “Non te ne starai andando, vero?”
“Privandoti del primo oggetto della tua sorveglianza? Non sia mai”.
“Che cosa c’è in tutte quelle scatole e sacchetti?”
“Che cosa pensi ci sia?”
“Sembra che si tratti di abiti e cianfrusaglie”.
“Brilliante deduzione,” risposi. “Proprio così: abiti e cinafrusaglie.”
“E cosa hai intenzioni di farci?”
“Quello che di solito si fa con la roba usata. La porto alla raccolta di beneficenza”.
“Roba usata, eh? Sembra parecchia”.
“Lo è, parecchia. Ovviamente”.
Portai l’ultimo cartone all’auto e lo misi sul sedile passeggeri. Telford mi seguì, ancora saltellando.
“Soprattutto roba tua?” chiese.
“No, è in gran parte di Suzanne.”
Aggrottò le sopracciglia. “Come mai?”
“Come mai cosa?”
“Come mai ti stai liberando soprattutto di cose sue?”
“Perché non le userà più”.
” E che significa questo?”
“Significa che non le serviranno più.”
“Perché?”
“Dovrai chiederlo a lei quando torna a casa”.
“Lo sto chiedendo a te”
“Resterai frustrato, allora. La mia risposta è che non si tratta di affari tuoi.”

Telford si fece vedere di nuovo nel pomeriggio, poco dopo il mio ritorno a casa. Avevo lasciato la Howard J. Bennett & Associates, Income Tax Specialists – vale a dire, una laboriosa commercialista, e due junior partner – per fare shopping. Stavo scaricando il bagagliaio dell’auto, con la porta del garage ancora aperta, quando a un tratto sentii respirarmi sul collo. Rapido e silenzioso, come un subdolo fantasma.
“Che cos’è che hai lì?” disse. “Vernice?”
“I tuoi poteri intellettivi sono sorprendenti. Hai dedotto il contenuto dalle parole ‘Vernice Bianca’ sul barattolo, o è stato qualche altro indizio?”
“Cosa devi dipingere?”
“Il mio laboratorio, se si deve proprio sapere”.
“Non sembrava avesse bisogno di essere tinteggiato, l’ultima volta che ho visto”.
“Beh, ora sì. Ci sono segni su due dei muri”.
“Segni?”
“Sai, graffi, macchie”.
I suoi occhi rimpicciolirono. “Che tipo di macchie?”
“Ora, che tipo di macchie ci dovrebbero essere sulle pareti di un laboratorio?”
“Dimmelo tu.”
“Schizzi di sigillanti per legno, vernice, questo genere di cose. Non si può lavorare il legno senza schizzare”.
“Schizzare”, ripeté, come se fosse una brutta parola.
Tirai fuori dal bagagliaio l’altro oggetto che avevo acquistato e richiusi.
“Che cos’è?” disse Telford.
“Beh, ora, vediamo. Ha la forma di una borsa da bowling, è della dimensione di una borsa da bowling, ed è anche simile a una borsa di bowling. Potrebbe essere una borsa da bowling?”
“Tu non giochi a bowling”.
“Che ne sai tu?”
“Non hai mai detto nulla al riguardo. E non ti ho mai visto con qualsiasi materiale da bowling”.
“Ci giocavo regolarmente prima d’incontrare Suzanne. Lei pensa che si tratti di un gioco sciocco”.
“Pure io. Dove sono le scarpe e la palla?”
“Non le ho comprato ancora”.
“Allora come mai hai comprato una borsa?”
“Mi è piaciuto l’aspetto di questa”.
“Mi sembra normale. Come mai hai deciso di iniziare nuovamente il bowling?”
“Per tenermi in esercizio”.
“A dispetto di ciò che pensa Suzanne?”
“Lei non ha voce in capitolo.”
“Perché no?”
“Perché no,” risposi.

Pochi minuti dopo mezzanotte, spensi le luci del soggiorno e andai a un angolo della tenda della finestra laterale. La casa dei Telford, per quello che potevo vedere oltre la recinzione di confine, era completamente buio. Raccolsi il pacco che avevo preparato, attraversai la cucina fino al portico, e uscii fuori in cortile. La notte era chiara. Non c’era luna, ma le stelle erano abbastanza luminose da consentirmi di muovermi. Attraversai il capanno da giardinaggio, rimossi una vanga e la portai nel giardino delle rose. Nelle ombre tra due dei più grandi cespugli – una damascena bianco purissimo e una floribunda arancione, due dei favoriti di Suzanne – scavai un buco nella terra molle, abbastanza profondo, e seppellii il pacco. Quindi posai la vanga e mi affrettai a tornare a casa.
Non ne ero assolutamente certo, ma quando guardai la casa dei Telford mi parve di aver rilevato un movimento dietro la finestra aperta della loro camera da letto al piano di sopra.

(continua)

***

Termina qui la prima parte, se non volete perdervi il resto, continuate a seguire Thriller Cafè (e registratevi ai feed)

Articolo protocollato da Giuseppe Pastore

Da sempre lettore accanito, Giuseppe Pastore si diletta anche a scrivere e ha pubblicato alcuni racconti su antologie e riviste e ottenuto vittorie e piazzamenti in numerosi concorsi letterari. E' autore (assieme a S. Valbonesi) del saggio "In due si uccide meglio", dedicato ai serial killer in coppia. Dal 2008 gestisce il ThrillerCafé, il locale virtuale dedicato al thriller più noto del web.

Giuseppe Pastore ha scritto 1646 articoli: