Per fortuna, Alice Basso non scrive come parla. Sebbene timida di natura, ha la tendenza a sparare raffiche di parole, il che le valse a sedici anni il soprannome kalashnikov. Oggi di anni ne ha trentotto e da due è una narratrice affermata, grazie al successo del romanzo d’esordio “L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome” (Garzanti, 2015). A seguire, sempre per la casa editrice milanese, si è ripetuta nel 2016 con “Scrivere è un mestiere pericoloso” ed ora è in libreria da maggio 2017 con “Non ditelo allo scrittore”, sempre edito dalla casa editrice milanese, nella collana Narratori Moderni  (320 pagine, 16,90 euro). I tre titoli hanno tutti per protagonista Silvana “Vani” Sarca, autrice per conto terzi.
La scrittura di Alice è fresca e originale, innovativa e geniale, sorretta da una spiccata vena umoristica, che riserva momenti di sana follia stilistica. È capace, ad esempio, di presentare una figura di contorno come una “Donna Che Non Riesce A Capire” e un’altra come “Una Che Capisce”, con contorno di intercalari sul tipo: “chemmifrega” o “porcocazzo”.
Per una convalida della vivacità e naturalezza di questa scrittrice non certo riprodotta con lo stampino, basta guardare qualche foto di Alice, il sorriso ancora sbarazzino degli anni adolescenziali e leggere le note biografiche sull’aletta di copertina.

Alice Basso è nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Lavora per diverse case editrici come redattrice, traduttrice, valutatrice di proposte editoriali. Nel tempo libero finge di avere ancora vent’anni, canta e scrive canzoni per un paio di rock band. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.

Un bel tipo anche la sua Vani, ghostwriter, una che scrive libri che poi vengono firmati da altri, una che vive nell’ombra, cosa che le si addice tantissimo, visto che ama vestire di nero. Lo ha sempre preferito alle altre tinte. Quando frequentava il liceo, era una tardoadolescente scontrosa e chiusa nella sua conoscenza enciclopedica della storia e delle letterature acquisita divorando saggi e romanzi. Sedeva nel banco coperta da un gigantesco impermeabile scuro. Coi capelli corvini, gli occhi incatramati e il rossetto viola da dark solipsista, sembrava un enorme pipistrello.
Tuttora Vani si abbiglia solo di nero e catene, come se un incendio in casa abbia risparmiato solo i costumi di Halloween. Si taglia i capelli da sola, in bagno, davanti allo specchio, considerandosi la creatura meno frivola e leziosa che si possa incontrare, dotata com’è  della grazia di un minatore e del linguaggio di un portuale.
Vani ha quello che considera un “talento grottesco”: sa entrare nella testa della gente e cogliere subito cosa pensano. Occorre capire le persone al volo, afferrare come ragionano e si esprimono, per saperle imitare senza che nessuno si accorga che il libro non l’hanno scritto loro. Dopo quasi dieci anni di allenamento, a forza di scrivere i libri più disparati a nome dei personaggi più strani,  le viene tanto spontaneo “entrare nella zucca del prossimo”, che succede anche quando non vorrebbe.
Vani ha un altro super potere intellettuale: parla la lingua dei libri, ha assimilato e rielaborato tutti i testi che ha letto.
Simpatica alla gente come una zanzara intorno al letto di notte, piace a una sola persona sopra i quindici anni, il commissario Berganza, un soggetto altrettanto sopra le righe. Non ride mai. Si esprime a monosillabi, per giunta raramente. Indossa un impermeabile beige, sempre quello e fuma sigarette senza tregua, come Humprey Bogart, Robert De Niro e Dick Tracy messi insieme.
Con la sua capacità di leggere dentro le capocce, Vani lo ha aiutato in qualche occasione e Berganza si è convinto che la cosa possa diventare abituale. L’ha fatta mettere perciò sotto contratto dalla Polizia, come consulente in materia di relazioni pubbliche, per smascherare la personalità dei delinquenti, indagare su quella delle vittime, verificare l’attendibilità dei testimoni. Lei non è convinta che la cosa abbia un senso, ma perbacco è pur sempre retribuita.
Uno solo ha lasciato un segno nel suo cuore, un solco profondo, Riccardo, un amore d’uomo, tutto sbagliato, compresi i capelli disordinati che a chiunque “starebbero di m….a”, ma che a lui donano tantissimo. Hanno avuto una storia, però la Sarca non intende deflettere dal suo clichè nero-asociale, sebbene “quello” smuova ancora qualcosa dentro di lei. Fatica ad ammetterlo ma è così.
Ora Riccardo le serve, per risolvere l’impegno tassativo imposto dal suo editore: scovare un altro ghostwriter.
Anche il commissario le ha destinato un compito: le indagini sul quasi settantenne imprenditore immobiliare datosi al traffico di eroina in grande stile. La flebite a una gamba gli ha consentito i domiciliari e il sospetto è che il cattivo soggetto riesca ugualmente ad esercitare il malaffare.
Tra una pagina più spiritosa dell’altra, la storia si avvia verso una serie di risvolti noir e qualche pericolo in agguato, che non guasta, tra tanto sorridere.

Massimo Fabi

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Non ditelo allo scrittore (Un'indagine per Vani Vol. 3)
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