Nella luce di un’alba più fredda non si potrebbe definire il classico libro giallo. Sì, ci sono degli omicidi e gli agenti guidati da Norberto Melis cercano di scovare gli assassini ma l’atmosfera, le elucubrazioni del protagonista e i dialoghi ne fanno molto di più, un romanzo denso di significato dove i delitti sembrano quasi un piccolo effetto collaterale.

A Milano, a fine 1990, ci sono ben tre morti ammazzati che sembrano collegati tra loro: Loris Calamatta, imbroglione e truffatore d’annata, Rosa Pitanga, lettrice di tarocchi e Annunziata Sarnataro, vecchietta che sembra apparentemente innocua.

Le indagini portano alla luce i loschi traffici dei tre defunti che, con un novello “schema Ponzi”, offrivano alle loro vittime lauti guadagni in cambio di piccoli investimenti, ovviamente, però, il denaro che veniva restituito era falso.

Ma lo scrittore non si accontenta solo di un filone d’indagine e aggiunge un altro caso per il commissario Melis: l’omicidio di un avvocato, Ario Galeotti, e della sua amante.

Questa duplice via che prende il romanzo è sicuramente uno degli aspetti più strani della lettura: solitamente, infatti, un giallo prevede una pista non due ma, come ho già detto, in questo romanzo le indagini sono solo uno sfondo collaterale.

La scrittura di Hans Tuzzi è scorrevole, piena, bella e, a tratti, molto profonda: capisco benissimo perché lo scrittore abbia un vero zoccolo duro di proseliti che lo leggono sempre volentieri, in quanto il suo stile è davvero particolare e unico.

L’ambientazione milanese mi ha conquistato: il libro narra le vicende a Natale e ho potuto assaporare la bellezza della metropoli sotto le feste, durante la prima della Scala, a Sant’Ambrogio, tra feste in famiglia, regali sotto l’albero e cieli color lavagna, plumbei e soffocanti.

Sicuramente l’obiettivo dell’autore non era far apparire affascinante Milano, infatti, non viene tratteggiata come la città perfetta, eppure io ne ho subito l’ammaliante fascino, anche per i miei trascorsi felici in terra meneghina.

Questo romanzo non si può definire un capolavoro eppure lo si legge volentieri: lo stile, come dicono in molti, è simile a Maigret anche se io non ne sono mai stata molto appassionata, eppure è stata una bella scoperta perché mi ha concesso di passare qualche pomeriggio immersa nella lettura, curiosa di venire a scoprire gli assassini e anche di leggere le faccende esistenziali di Melis, di Iurilli e di tutti i loro aiutanti.

Nel complesso, Hans Tuzzi non mi ha deluso e non nego che mi piacerebbe leggere altro scritto da lui, probabilmente, cercando tra le altre indagini di Melis, si potrebbe trovare anche un caso maggiormente difficile da risolvere rispetto a quelli contenuti in questo testo oppure una gatta da pelare che possa coinvolgerlo di più personalmente, in quanto, per il momento, l’ho percepito molto freddo nei confronti del suo lavoro.

In ogni caso, per passare un bel momento di relax in compagnia di un buon libro ve lo consiglio e, chissà, magari vi divertirete come me a provare a scoprire l’assassino!

Recensione di Laura Pagura.

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