Mario Puzo, leggendario scrittore e sceneggiatore americano di origini italiane, è passato alla storia per aver scritto il romanzo Il padrino (1969), dal quale Francis Ford Coppola ha realizzato la pluripremiata trilogia cinematografica con protagonista tra gli altri, Al Pacino.

Nel 1996 Puzo decide di tornare a raccontare la storia di una famiglia mafiosa italo-americana  con un titolo che lascia poco spazio all’interpretazione: “L’ultimo padrino”.

Questa volta i protagonisti si chiamano Clericuzio, una famiglia criminale di New York di origine siciliana così me il suo vecchio boss, Don Domenico.

Riprendendo i temi cari al Padrino, anche in questo caso uno dei business principali della famiglia è il gioco d’azzardo, i Clericuzio infatti detengono una quota significativa del più importante albergo e casinò del Nevada: lo Xanadu Hotel di Las Vegas.

Don Domenico, come si deve a un buon siciliano è il capostipite di una famiglia numerosa, padre di quattro figli maschi – di cui l’ultimo, Silvio, ammazzato durante la sanguinosa faida con i Santadio – e una femmina rimasta vedova, Rose Marie.

Alla corte del vecchio padrino nelle occasioni speciali si ritrovano non solo killer e gangstar di alto livello ma anche insospettabili uomini d’affari, imprenditori e perfino politici di alto rango. Il sogno del boss infatti, dopo la vittoriosa guerra con i nemici del clan Santadio, è far entrare la famiglia e i suoi affari nella piena legalità integrandosi a tutti gli effetti nella società americana nei posti che contano. Per fare questo ha voluto che il suo primogenito Giorgio studiasse per diventare un importante finanziere di Wall Street, mentre la nuova generazione dei Clericuzio rappresentata dai i suoi nipoti diretti sono stati avviati all’istruzione nelle migliori scuole americane ed estere per tenerli lontani dai traffici illegali della famiglia. Il progetto del Don prevede una realizzazione nel lungo periodo e si basa sopratutto sul rendere legale il gioco d’azzardo, attività preferita al traffico degli stupefacenti lasciato in gestione ad altri clan, proprio perché meno rischiosa e compromettente. La realizzazione dell’obiettivo però è al momento lontana e nel frattempo il clan va gestito ancora con la mano ferma e spietata di un vero siciliano qual è il vecchio Don che solo in apparenza ha lasciato le redini in mano al figlio Giorgio ma che nelle decisioni più importanti conserva sempre l’ultima parola.

Ecco quindi che accanto alle speculazioni finanziarie, gli investimenti in immobili e ristoranti, rimane l’esigenza di eseguire esecuzioni punitive esemplari contro chi trama o cerca di fregare la famiglia. Restano perciò attuali espressioni come “cresima o comunione” per indicare un omicidio in cui il cadavere deve essere ritrovato per testimoniare la condanna a morte o sparire in fondo all’oceano senza che nessuna sappia che fine abbia fatto la vittima di turno. Mario Puzo gioca con le parole e una terminologia ben specifica adattata al linguaggio mafioso, così parole come Bruglione Martello (killer numero uno) o frasi come “nuotare in fondo all’oceano” diventano di uso comune nei dialoghi dei personaggi fino ad essere comprese e assorbite facilmente dal lettore.

Il quadro generale è quello di una mafia diversa dal passato, in evoluzione ma per certi versi sempre uguale a se stessa che attraversa un momento di transizione tra passato e presente rappresentati rispettivamente dal boss di origini sicule Don Domenico e i futuri eredi dell’impero mafioso i nipoti Dante e Crocifisso.

Proprio intorno a questi due personaggi si regge l’intreccio creato dall’autore, i due giovani rappresentano l’uno il contraltare dell’altro. Uno, Dante, nipote diretto e prediletto del boss, è basso, tarchiato recalcitrante alle regole e guidato da un istinto aggressivo e animalesco, non obbedisce a nessuno che non sia il boss stesso. L’altro Cross, alto bello come un attore del cinema, segue fedelmente l’insegnamento e i suggerimenti del padre Pippi De Lena, il “Martello numero uno della famiglia”, ovvero il principale sicario del boss. I destini dei due giovani si intrecciano sin da bambini come quello delle rispettive famiglie per poi ritrovarsi protagonisti di un epilogo esplosivo.

Di pari passo con la storia criminale trova ampio spazio la parentesi Holliwoodiana che l’autore ha voluto introdurre come un elemento centrale della narrazione soffermandosi più volte sia sull’aspetto commerciale (diritti introiti etc) che su quello delle relazioni umane tra i protagonisti del jet set. Dai registi agli sceneggiatori, dagli attori ai produttori e così via, il quadro che ne emerge è tutt’altro che lusinghiero, tanto da rendere perfino meno detestabile il mondo del crimine se paragonato ad esso.

Tanti e tutti ben delineati i personaggi da rendere impossibile la descrizione di ognuno di loro in poche righe, anche se uno in particolare tra i personaggi secondari mi è rimasto impresso per la forte caratterizzazione, il latitante italiano Lia Vazzi, una sorta di Totò Riina in salsa italo-americana, un uomo forgiato da antichi principi di omertà siciliana che non si spaventerebbe dinanzi a nulla.

Nelle quasi cinquecento pagine del libro trovano spazio altre storie interessanti e diverse relazioni amorose – quella del protagonista Cross con la diva di Hollywood Athena su tutte – che affiancano e rappresentano l’alternativa alla descrizione delle sole vicende criminali in una sorta di doppio binario narrativo.

Un romanzo circolare che trova nel finale la giusta chiusura del cerchio della trama iniziata nelle prime pagine, una tecnica narrativa non certo innovativa ma sempre affascinante.

Nel mezzo invece, risultano un po’ stucchevoli e ridondanti le infinite descrizioni sulle percentuali di guadagno da dividersi tra i vari ruoli nella realizzazione di un film tratto da una sceneggiatura e in particolare da un romanzo. Forse che l’autore abbia in tal senso un’esperienza diretta delle questione, risultano a mio parere abbastanza noiosi e inutili i continui ricorsi ai dettagli nelle spiegazioni dell’argomento,  più affini a un saggio  che alla narrazione di un romanzo.

A parte qualche prolungazione di troppo L’ultimo padrino si pone come un degno erede del grande bestseller del ’69, un romanzo godibile di uno scrittore che conferma ancora una volta di meritare la fama di maestro che si è guadagnato in tutti questi anni.

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L'ultimo padrino
9 Recensioni
L'ultimo padrino
  • Puzo, Mario (Autore)

Articolo protocollato da Salvatore Chianese

Salvatore Chianese è sociologo e vive e lavora a Napoli. Adora la lettura, la musica e il cinema. Sin da bambino è attratto dal mondo del mistero e dell’horror. È cresciuto ascoltando la musica dei Queen, Led Zeppelin, Black Sabbath, Metallica, Iron Maiden, Y.J. Malmsteen… e tutto il rock hard and heavy. Nutre una venerazione per la letteratura horror di Stephen King, e dei maestri E.A. Poe e H.P. Lovecraft. Le letture che hanno segnato la sua esistenza sono Dracula di Bram Stoker, Il fuggiasco di Carlotto e Il conte di Montecristo di Dumas.

Salvatore Chianese ha scritto 41 articoli: