L'impiccato di Saint-Pholien - Georges SimenonContinua con L’impiccato di Saint-Pholien (titolo originale francese Le pendu de Saint-Pholien) la nostra serie di articoli dedicati ai romanzi di Maigret. Scritto nell’autunno del 1930, presso la villa M. Gloaguen a Concarneau, e pubblicato da Fayard nel 1931, in Italia fu tradotto da Guido Cantini e pubblicato per la prima volta nel 1932 da Mondadori, con il titolo Il viaggiatore di terza classe nella collana “I libri neri. I romanzi polizieschi di Georges Simenon”. Sempre per le edizioni Mondadori, il romanzo fu ripubblicato nel 1969 con il titolo Maigret e il viaggiatore di terza classe (traduzione di Elena Cantini) e nel 1988 (traduzione di Donatella Zazzi). Recentemente (1993) è stato ripubblicato da Adelphi con il titolo L’impiccato di Saint-Pholien nella collana Gli Adelphi. Le inchieste di Maigret (traduzione di Gabriella Luzzani).

Trama
Siamo alla stazione di Neuschanz, nel Nord dell’Olanda, al confine con la Germania. Maigret, incuriosito dallo strano comportamento di un poveraccio, inizia a seguirlo. Ad un certo punto, mentre attendono il treno in una stazione, il commissario sostituisce la valigia dell’uomo con un’altra uguale, riempita con vecchi giornali. Segue poi l’uomo fino ad un albergo di Brema, dove questi, dopo aver aperto la valigia e scoperto che non si tratta della sua, si suicida, sparandosi un colpo di pistola in bocca. Maigret dalla camera contigua, vede tutto dal buco della serratura, ma non può fare nulla per fermarlo. Un certo Joseph Van Damme si presenta all’obitorio, per vedere la vittima, anche se dice di non conoscerla. Si tratta di un ricco intermediario di Brema, che Maigret incrocerà spesso durante le sue indagini. Maigret, tornato a Parigi, viene derubato di una delle borse, fortunatamente quella piena di giornali. Aperta la borsa originale, non trova altro che vestiti lisi e vecchi. Perché allora l’uomo si è suicidato?
Il mistero si infittisce sempre più, quando scopre che il suicida, pur vivendo quasi in povertà, bruciava le migliaia di corone che lui stesso si spediva. L’inchiesta condurrà poi Maigret a Reims, e infine in Belgio, a Liegi (città natale dello stesso Simenon), dove il commissario scoprirà che il suicidio di cui è stato testimone è legato ad un fatto accaduto dieci anni prima nella città belga.

Perché leggere L’impiccato di Saint-Pholien?
In poche righe e con uno stile essenziale, Simenon descrive la stazione di Neuschanz. Poi con leggerezza e sapienza tecnica, come se avesse tra le mani una cinepresa e stesse girando un lungo piano sequenza, Simenon passa dalla descrizione della stazione a quella di un uomo misterioso:

“In un angolo, la sagoma di un uomo sulla trentina, con gli abiti logori, il viso smunto, mal rasato, e un cappello floscio, di un grigio indefinibile, che aveva forse girato tutta l’Europa… Aveva gli occhi febbricitanti, troppo infossati nelle orbite. Fumava tenendo la sigaretta incollata al labbro inferiore, e bastava questo piccolo particolare a esprimere stanchezza o sdegnosa noncuranza. Ai suoi piedi, una valigetta di fibra, di quelle che si vendono in tutti i grandi magazzini – nuova.”

(tratto da L’impiccato di Saint-Pholien – Edizioni Fabbri Editori, 2003, Le grandi inchieste del Commissario Maigret, traduzione di Gabriella Luzzani)

Bastano poche pagine e Simenon immerge il lettore nel nord estremo dell’Olanda, tra i treni e le persone che frequentano la stazione, e contemporaneamente lo incuriosisce con un primo piano su questo poveraccio, che ha attratto l’attenzione di Maigret. Il commissario lo ha per caso visto tirare fuori dalle tasche circa trenta banconote da mille franchi, impacchetarle e spedirle a se stesso.
Semplicità e linearità, sta tutta qui la bravura dello scrittore belga. Nelle pagine successive, Simenon è ancora più bravo, insinuando nel lettore altre domande e curiosità. Poco dopo, infatti, l’uomo si suicida perché Maigret gli ha sostituito la valigia. Il commissario apre la borsa, credendo di trovarvi chissà quali segreti, e invece vi sono solo degli indumenti lisi e sporchi. Perché quello strano uomo si è ucciso? E perché quella valigia è così importante?
Anche in questo caso, Maigret inizia le sue indagini dalla vittima, cercando di ricostruirne il passato.

“Attorno alla figura magra e al viso smunto del vagabondo di Neuschanz e di Brema sembravano addensarsi molteplici misteri. Delle ombre si agitavano, come sulla lastra fotografica quando la si immerge nel rivelatore. E bisognava precisarne i contorni, mettere a fuoco i visi, a ciascuno di essi attribuire un nome; bisognava ricostruire personalità, intere esistenze. Per il momento, al centro della lastra c’era solo un cadavere privo di indumenti, una testa che i medici tedeschi avevano rimaneggiato per restituirle il suo aspetto normale e che si stagliava nettamente nella luce cruda.”

(tratto da L’impiccato di Saint-Pholien – Edizioni Fabbri Editori, 2003, Le grandi inchieste del Commissario Maigret, traduzione di Gabriella Luzzani)

Dalle indagini di Maigret, esce piano piano una figura ambigua, quasi un alter ego dello stesso Simenon, con la sua attrazione-repulsione verso la vita ordinaria e borghese. Ecco come lo descrive la moglie:

«Non so come spiegarle… Eppure ho sempre sentito che qualcosa non andava! … Ecco, per dirle, era come se Louis non appartenesse al nostro mondo, come se quell’atmosfera a volte lo opprimesse… Era molto tenero…».
Si confuse. Diventò quasi bella mentre confessava:
«Penso che siano pochi gli uomini così… Mi abbracciava all’improvviso… Mi guardava negli occhi, con uno sguardo così profondo che faceva male… E qualche volta mi respingeva con un gesto che non mi aspettavo, che ho visto fare solo a lui …

(tratto da L’impiccato di Saint-Pholien – Edizioni Fabbri Editori, 2003, Le grandi inchieste del Commissario Maigret, traduzione di Gabriella Luzzani)

Il mistero diviene ancora più oscuro e inquietante, quando Maigret, a casa di uno dei sospettati, trova una serie di disegni che raffigurano degli impiccati e una chiesa che non esiste più.
In questo romanzo, il passato è ancora più importante che nelle precedenti storie di Maigret: è come un acido che corrode anima e mente degli uomini, rendendoli fragili e ostili sino all’assassinio. Si tratta di un’opera molto introspettiva, ispirata in parte a ricordi di gioventù dello stesso Simenon: a Liegi, infatti, Simenon aveva frequentato una specie di società segreta, La Caque, molto simile a quella descritta nel romanzo. La società si sciolse quando uno dei frequentatori si impiccò al portone della chiesa di Saint-Pholien. Forse per questo i personaggi del libro risultano così veri!

Stanley G. Eskin accosta il realismo psicologico di questo romanzo di Simenon a quello introspettivo di Dostoevskij:
“Inserendo nel genere poliziesco la visione pessimistica di una bohème alienata che aveva conosciuto durante la giovinezza, Simenon arriva a dare al romanzo l’andamento di un racconto dostoevskiano. Maigret fruga nelle coscienze piene di rimorsi, ipocrite e meschine …”
(tratto da Stanley G. Eskin, Georges Simenon, Marsilio 2003, p. 122)

Se l’inizio del romanzo, con tutti i casi fortuiti che si succedono, risulta a tratti inverosimile; se la parte centrale perde un po’ di ritmo, mentre il commissario fa le sue solite domande; i capitoli finali con la rivelazione della verità posseggono una potenza narrativa assoluta. Si tratta probabilmente di uno dei migliori finali della serie dedicata a Maigret, dove la precisa descrizione psicologica dei personaggi si sposa felicemente con la motivazione del terribile avvenimento che lega il passato al presente. E ha ragione Maigret, quando alla fine del racconto, dice ad un suo collega:

«Sai che ti dico, vecchio mio? Dieci casi come questo e do le dimissioni… Perché sarebbe la prova che lassù c’è un Dio galantuomo che si incarica di fare il poliziotto…».
Vero, però, che chiamando il cameriere aggiunse:
«Ma non preoccuparti!… Non ci saranno dieci casi come questo…

(tratto da L’impiccato di Saint-Pholien – Edizioni Fabbri Editori, 2003, Le grandi inchieste del Commissario Maigret, traduzione di Gabriella Luzzani)

In questo romanzo, Simenon da un’altra lunga e particolareggiata descrizione del suo eroe, molto simile a quella che gli aveva dedicato nel primo romanzo Pietro il Lettone. Maigret è una presenza massiccia e ingombrante e viene colto mentre beve un boccale di birra, tra le sue bevande preferite.

“… la mole del commissario contribuiva a dare a quella presenza forzata un significato minaccioso. Era grande e grosso, soprattutto grosso, tarchiato, solido, e i suoi vestiti privi di ricercatezza sottolineavano quanto vi era di plebeo nella sua struttura. Un volto massiccio, nel quale gli occhi erano capaci di mantenere una fissità bovina.
Assomigliava a certi personaggi che popolano gli incubi infantili, a quelle figure mostruosamente ingigantite e senza espressione che avanzano verso chi dorme come per schiacciarlo con il loro peso.
Qualcosa di implacabile, di inumano, che evocava un pachiderma in marcia verso una meta dalla quale niente possa distoglierlo.
Maigret beveva, fumava la pipa e guardava… Pareva non occuparsi di nessuno, eppure spiava le minime manifestazioni di vita alla sua destra e alla sua sinistra.”

(tratto da L’impiccato di Saint-Pholien – Edizioni Fabbri Editori, 2003, Le grandi inchieste del Commissario Maigret, traduzione di Gabriella Luzzani)

Curiosità
– Fino a questo romanzo, la moglie di Maigret era apparsa solo alla fine della storia, qui compare verso la metà, nel capitolo sesto, intitolato GLI IMPICCATI. La scena è ambientata a casa in boulevard Richard-Lenoir, a Parigi, e Louise Léonard è intenta a cucire.
– La casa editrice Fayard con cui Simenon pubblicò i primi Maigret era specializzata nella pubblicazione di narrativa commerciale, probabilmente la casa editrice francese più importante in questo settore. Per intenderci, fu la casa editrice che pubblicò serie famose ancora oggi: Rouletabille di Leroux Gaston, che con il celebre “Il mistero della camera gialla” diede origine a un ciclo con protagonista Joseph Joséphin, detto Rouletabille, un giovanissimo reporter parigino;Fantomas, frutto della collaborazione di Marcel Allain e Pierre Souvestre. Insieme scrissero ben 32 romanzi con protagonista Fantomas. Altri 11 furono scritti da Marcel Allain dopo la morte di Souvestre.

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L'impiccato di Saint-Pholien
  • Editore: Adelphi
  • Autore: Georges Simenon , Gabriella Luzzani

Articolo protocollato da Alessandro Bullo

Alessandro Bullo è nato a Venezia. Si è laureato in lettere con indirizzo artistico, mantenendosi con mestieri occasionali; dopo la laurea ha lavorato per alcuni anni presso i Beni Culturali e poi per la Questura di Venezia. Successivamente ha vissuto per quasi dieci anni a Desenzano del Garda per necessità di lavoro. Attualmente vive a Venezia e lavora come responsabile informatico per un’importante ditta italiana. Sue passioni: Venezia, il cinema noir, leggere, scrivere. Autori preferiti: Dino Buzzati, Charles Bukovski, Henry Miller. Registi preferiti: Elia Kazan e Alfred Joseph Hitchcock. È arrivato per due volte in finale al premio Tedeschi e una al premio Urania. Nel 2012 con “La laguna degli specchi” (pubblicato sotto lo pseudonimo Drosan Lulob) è stato tra i vincitori del concorso “Io scrittore”.

Alessandro Bullo ha scritto 66 articoli: