Exit WoundViviana Giorgi ci presenta anche questo mese qualche libro da leggere in lingua originale…
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Ecco cosa ho per le mani in questi giorni. Visto la mia totale mancanza di obiettività quando si tratta di Andy McNab (autore ampiamente tradotto anche in Italia), non potevo che buttarmi sul suo ultimo romanzo, EXIT WOUND, letteralmente foro d’uscita. Di un proiettile, evidentemente. E’ il dodicesimo romanzo che ha per protagonista Nick Stone, l’ex SAS – come fu lo stesso McNab – cui agenzie sommerse e firms al di sopra di leggi e governi affidano il lavoro sporco. Quello veramente sporco. Le sue missioni sono pura adrenalina per il lettore, ma anche viaggi tragici attraverso il disastrato privato del nostro eroe. In EW due ex SAS, commilitoni di Nick durante la prima Guerra del Golfo, cercano di fare il colpo della loro vita: mettere le mani su 3 tonnellate d’oro dimenticato da Saddam Hussein in un magazzino di Dubai. Ma finiscono i loro giorni sotto il piombo di un’imboscata. Sarà Nick a vendicarli e a portare a galla, seguendo le tracce dei killer dall’Iran alla Russia, verità e intrighi che molti preferirebbero lasciare sepolti. Vi farò sapere.
Altro imprescindibile, per me, è Ken Bruen di cui, per la verità, ho letto ancora poco della sua vastissima produzione. A settembre è uscito in Uk e USA, TOWER scritto a quattro mani con Reed Farrel Coleman (bella coppia, no?). Di solito arriccio il naso quando vedo due firme sulla stessa copertina, ma questa di Bruen e Coleman è un’operazione che incuriosisce, anche se non nuova. Entrambi, infatti, raccontano lo stesso periodo della vita spericolata e in caduta libera di due amici, Nick e Todd, entrambi bassa manovalanza nella banda di un gangster irlandese a Brooklyn. La storia di Nick, la cui eredità irlandese sta solo nella Guinness che gli circola nel sangue, è ovviamente raccontata da Bruen. Quella di Todd, di origini ebraiche e patito di baseball, dall’americano Coleman. Molto alcool, rock, coca e disperazione punteggiano le righe di questa straordinaria e non comune ballata, partita come un semplice pezzo eseguito a quattro mani, e finita per essere una sinfonia per grande orchestra. Da leggere in originale, possibilmente, perchè secondo me Bruen è intraducibile. Nonostante tra gli ultimi letti il libro che più mi ha entusiasmata sia stato “The cold dish” dell’americanissimo Craig Johnson, recentemente mi trovo più spesso sul versante Uk di quello USA. Non saprei dirne il motivo, anche perché degli scrittori britannici mi annoia un po’ l’eccessiva inclinazione per lo slang e per il boozing continuo (“boozing” = bere) dei protagosti, usato come implicita misura del disagio del vivere (vero, ma non originale). Anche questo TARGET, uscito l’estate scorsa e book 9 di Simon Kernick (classe ’66, London), inizia con una bevuta di quelle che stendono. Rob Fallon, scrittore, è talmente pieno da tentare di farsi la fidanzata del suo miglior amico, Jenny, ma prima che ci riesca due uomini rapiscono la donna e cercano di farlo fuori. Che sia successo davvero o che sia solo una paranoia dovuta all’alcool? La polizia non gli crede, nessuno, per la verità, gli crede. Ma quando Rob diventa un target, un bersaglio da tiro a segno, si accorge che la paranoia non è un’opzione. Non sa dove andare. Non sa di chi fidarsi. Non sa dove nascondersi. Giudizi entusiasti, ritmo incessante, e un inglese decisamente abbordabile. Mi stupisco che non sia stato ancora tradotto in italiano (almeno da quanto mi risulta).
Infine un americano, Brian Haig (classe 1953). Per inquadrare l’uomo, vi dirò che dopo West Point Haig ha servito come officiale dell’ US Army per più di vent’anni, in luoghi diversi e con ruoli diversi. Una carriera militare costellata da onorificenze e non certo imprevedibile, visto che il padre è il generale Alexander Kraig, Chief of Staff alla Casa Bianca sotto Nixon e Ford e Segretario di Stato per Reagan. I primi sei romanzi di Brian Haig sono ambientati nell’ambiente militare e il suo eroe, Sean Drummond, è un maggiore ex special forces diventato un army jag, un avvocato militare (mi risulta che solo i primi due siano stati tradotti in italiano da Rizzoli, ma che attualmente non siano più disponibili se non su ebay: Mortal Allies -“Alleati Mortali”- e Secret Sanction, “Missione d’onore”). L’ultimo suo romanzo, uscito lo scorso agosto negli USA, si intitola THE HUNTED, il braccato, e si ispira a una storia vera, quella di un multimiliardario russo che, dopo essere stato derubato di tutti i suoi averi e della sua vita dal solito cattivaccio del KGB, si rifugia negli USA. Credete che le cose lì andranno meglio? Questo è il primo stand alone per Haig che concede una licenza premio a Sean Drummond. Già mi manca.
E per il momento è tutto.

Articolo protocollato da Viviana Giorgi

Un tempo andavo soprattutto al cinema. Oggi soprattutto leggo. Solo in inglese, perchè è la lingua degli action thriller, il mio genere. Non sopporto più i vari procedural, né i legal o court thrillers, né le vecchiette inglesi coi loro pizzi. Se l'azione latita, il libro non fa per me. Se non si spara e non ci si prende a botte, il libro non fa per me. Se l'eroe (o l'eroina) non sono sufficientemente tormentati dai fantasmi del loro passato, il libro non fa per me. I miei autori preferiti (al momento) sono Lee Child, Andy McNab e Robert Crais. Sono entrata in questo Café per scroccare una birra al barman. Era buona, quindi ci sono tornata. Anche per aiutarlo a farne il thriller joint più noto del web. Sono presuntuosa, giornalista e tifo Milan.

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