la bambola che dorme - jeffery deaverCon La bambola che dorme, Jeffery Deaver si guadagna una nuova recensione al Thriller Cafè, anche in virtù del fatto che il suo prossimo libro in uscita in America, Roadside Crosses ha per protagonista Kathryn Dance, ormai diventata un personaggio seriale al pari di Lincoln Rhyme.

Titolo: La bambola che dorme
Autore: Jeffery Deaver
Editore: Sonzogno
Anno di pubblicazione: 2007
Pagine: 464
Traduttore: A. C. Cappi, C. Astori
Prezzo: € 9,50

Trama in sintesi de La bambola che dorme:
Daniel Raymond Pell è soprannominato il “figlio di Manson”, perché come questi ha plagiato i giovani adepti della sua setta e con l’aiuto di uno di loro ha ammazzato una famiglia intera. Alla strage è però sopravvissuta una bambina, che dormiva confusa tra le sue bambole. Era il 1999: otto anni dopo Pell sta scontando l’ergastolo in un carcere di massima sicurezza e attende un nuovo processo per un altro delitto cui pare collegato. In tribunale, è interrogato da Kathryn Dance, l’agente del California Bureau of Investigation esperta in cinesica. Di solito questa riesce sempre a scoprire quando le persone mentono, ma Pell è intelligente e manipolatore. Quando Kathryn riesce a farlo scomporre è già troppo tardi: il “figlio di Manson” è evaso dal tribunale. Comincia dunque la caccia…

La bambola che dorme è un titolo acchiappa-lettori ma che col romanzo c’entra molto poco. E già qui partiamo male, perché bisogna aspettare 300 e passa pagine per incontrare questa fantomatica “bambola”. Che poi questa serva davvero all’intreccio, è da chiederselo: sicuramente è necessaria la sua esistenza per uno dei colpi di scena più importanti del romanzo, ma per il resto se ne poteva fare a meno. In ogni caso, non è la prima volta che i titoli dei libri di Jeffery Deaver richiamano elementi secondari, quasi inutili, delle trame: per dirne un altro, La luna fredda viaggia sugli stessi binari da questo punto di vista. Non è certo un peccato mortale, ma faccio questa premessa sperando che indurrà a non leggere il romanzo solo perché affascinati dal titolo.
E veniamo ora alla storia, lenta all’inizio, caracollante più avanti, quando la “twist and turn mania” di Deaver inizia a farsi sentire. E’ una cosa che già si era notata in altri libri recenti: sembra che il buon Jeffery non sia soddisfatto se non infila colpi di scena in serie, con lo sconveniente risultato che non tutti siano così sorprendenti, o peggio, che non tutti siano necessari, o ancora verosimili. Il libro però si fa comunque leggere, più per la scrittura pulita e scorrevole che per l’ansia di sapere cosa succederà. Probabilmente giocano in negativo anche le caratterizzazioni dei personaggi, soprattutto dell’antagonista. Perché se Kathryn Dance è interessante, vista la sua specializzazione in cinesica e l’originalità della sua figura professionale, Daniel Pell è invece proprio poco incisivo. Non fa paura, né per i gesti, né per per i pensieri da malvagio edulcorato. Deaver cerca di farne un ossessionato dal controllo, ma senza esiti apprezzabili. Parlando chiaramente a titolo personale, direi che al lettore importa quasi niente che venga acciuffato o meno: viene meno così l’intero scopo del romanzo. E se si arriva comunque alla fine, troviamo un’ultima sorpresa un po’ fiacca che di certo non ci fa rivedere il giudizio complessivo. Che per quanto mi riguarda, visto l’impietoso confronto con L’inverno di Frankie Machine, che ho letto la settimana scorsa, non è sufficiente.

Articolo protocollato da Giuseppe Pastore

Da sempre lettore accanito, Giuseppe Pastore si diletta anche a scrivere e ha pubblicato alcuni racconti su antologie e riviste e ottenuto vittorie e piazzamenti in numerosi concorsi letterari. E' autore (assieme a S. Valbonesi) del saggio "In due si uccide meglio", dedicato ai serial killer in coppia. Dal 2008 gestisce il ThrillerCafé, il locale virtuale dedicato al thriller più noto del web.

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