james-lee-burkeHe is now, without doubt, the greatest living mystery writer in America, and also one of the country’s finest novelists… (Egli è ora, senza dubbio, il più grande scrittore di polizieschi vivente in America, e anche uno dei migliori romanzieri del paese… – James Lee Burke, interviewed by John Connolly).
James Lee Burke attualmente vivea Missoula nel Montana. Per raggiungere la sua casa isolata, costruita in legno, si deve percorrere una lunga strada di montagna, affiancata da boschi e torrenti. Ci si trova lontano dallo smog e dalla civiltà, in uno dei luoghi più belli d’America. Qui Burke vive con la moglie Pearl, conosciuta alla fine degli anni cinquanta, da cui ha avuto quattro figli.

James Lee Burke nasce a Houston, in Texas, nel 1936. Trascorre l’adolescenza sulla costa del Golfo del Texas-Louisiana, dove suo padrelavora per una società di gasdotti di Houston. Trascorre le vacanze d’estate nella vecchia casa del nonno che si affaccia su Bayou Teche a New Iberia, una piccola cittadina nel cuore di Cajun Country, a sud ovest di New Orleans. Un luogo magico e suggestivo che rimarrà sempre nel cuore dello scrittore, tanto da ambientarci quasi tutti i suoi romanzi con la sua creatura più famosa, Dave Robicheaux. Burke dice: “Ho sempre considerato questo posto la mia vera casa. La mia famiglia ha vissuto a New Iberia dal 1836. “ (cfr. The Man Behind Dave Robicheaux by R. Reese Fuller).

Il giovane Burke frequentala University Southwestern Louisiana a Lafayette, ed è qui che inizia la sua passione per la scrittura. È qui, infatti, che incontra l’insegnante che cambierà la sua vita, Lyle Williams. Burke, arrabbiato per aver ricevuto D-minus su ogni suo tema, si fa ricevere dal suo professore di inglese per chiedere spiegazioni e anche eventuali scuse. Lyle gli dice: “Mr. Burke, your handwriting is a violation to the eyeballs. Your spelling makes me wish that the Phoenicians had not invented the alphabet. But I could not give you an ‘F’ because you write with such heart.” (La sua scrittura, signor Burke, è una violenza ai bulbi oculari. La sua ortografia mi fa desiderare che i Fenici non abbiano inventato l’alfabeto, ma scrive con tale passione che non ho potuto darle una F.” – cfr.Cover story: Burke’s law on the bayou by Clifford Pugh). Lyle fa un patto con Burke, se si presenterà ogni sabato mattina nel suo ufficio per scrivere un tema, rivedrà i suoi voti. Il risultato di questo tirocinio forzato è una menzione d’onore in un concorso di scrittura, con un racconto che viene pubblicato sulla rivista letteraria del college.

Gli anni cinquanta e la morte del padre

Nel 1955,suo padre muore in un incidente stradale. Burke ha 19 anni e inizia allora il suo consumo di alcolici e di guai, tanto da finire anche nella prigione distrettuale. Nello stesso carcere, in quel periodo, viene giustiziato un uomo sulla sedia elettrica. Si tratta di un’esperienza che segna il giovane Burke, che da allora dimostrerà sempre un profondo disprezzo verso la pena di morte, vista come un’usanza barbara, soprattutto perché colpisce solo il popolo più povero e indifeso. Nei suo romanzi, Burke denuncia spesso come la legge non sia uguale per tutti, ma faccia evidenti differenze di classe (cfr. Interview to James Lee Burke by John Williams).

La gente che occupa la parte inferiore della società è cibo per cani. I proprietari degli edifici nei bassi fondi, i membri della commissioni urbanistica, venditori di porno, e inquinatori industriali solitamente la passano liscia. La gente ricca di solito non finisce sul tavolo dell’iniezione letale e nessuno si preoccupa quando le formiche operaie vengono calpestate.

(James Lee Burke, Creole Belle, 1rosso, 2015, p. 192)

Questa dura e traumatica esperienza in carcere fa comprendere, inoltre, a Burke come la galera, umiliando e degradando le persone, possa trasformarle in modo negativo. Per questo i primi romanzi di Burke raccontano spesso di personaggi che fuggono dal carcere, o della loro difficoltà a reintegrarsi dopo essere stati rilasciati. Ne sono un esempio Avery Broussard e Toussaint Boudreaux, protagonisti del suo primo romanzo, terminato nel 1960, ma che sarà pubblicato solo nel 1965, Half of Paradise.
Mentre scrive Half of Paradise, Burke frequentauna scuola di specializzazione presso l’Università del Missouri, per studiare scrittura creativa. È qui che conosce la sua futura moglie Pearl Pai Chu, originaria di Taiwan. La sua famiglia era fuggita in America nel 1949, quando i comunisti avevano preso il sopravvento. Pearl e Burke si sposano pochi mesi dopo. Dopo essersi laureato nel 1960, Burke decidedi tornare alla University of Southwestern Louisiana per fare l’insegnante. Ma non riesce a ottenere il posto.
Sono anni molto duri. Sua moglie Pearl partorisce il primo figlio e i soldi non bastano mai. Burke è demoralizzato, non riesce a trovare un agente che creda in lui o un editore che pubblichi i suoi romanzi; beve sempre di più ed èormai un alcolizzato cronico.Al primo figlio ne seguono altri due, e Burke è così costretto a fare i lavori più disparati: assistente sociale nei bassifondi di Los Angeles (1962-1964), reporter a Lafayette, Louisiana (1964), geometra in Colorado, impiegato nel Servizio Forestale degli Stati Uniti in Kentucky (1965-1966), autista di camion.

Gli anni sessanta e settanta e le prime pubblicazioni

Finalmente, nel 1964, trovaun editore per Half of Paradise, e la recensione del New York Times è entusiastica. Il critico lo paragona a William Faulkner, Ernest Hemingway, Thomas Hardy e John Paul Sartre. Ma l’arrivo di un quarto figlio lo costringe a continuare a lavorare. Prima per l’US Forest Service nel Kentucky e poi come insegnante in diverse università: University of Southern Illinois, University of Montana, Miami-Dade Community College, Wichita State University.
Devono passare altri cinque anni, prima che Burkeriesca a trovare un editore per To the Bright and Shining Sun(1970). Nel 1971 pubblicaTwo for Texas e l’anno dopo Lay Down My Sword and Shield. In tutti e tre i romanzi, Burke mostra di essere influenzato dal naturalismo di Dreiser. Si tratta, inoltre, di opere che traggono ispirazione dalle sue esperienze personali: in quegli anni Burke e la moglie sono costretti a spostarsi continuamente, a cambiare casa e lavoro. Sono anni di intensa esperienza di vita di cui Burke farà largo uso anche nei romanzi successivi.
Hack Holland, il personaggio principale di Lay Down My Sword and Shield, è il primo eroe con problemi esistenziali di Burke, e anche il suo primo alter-ego: anche lui è alcolizzato, odia l’ingiustizia dei potenti, è alla ricerca continua di una specie di redenzione per il proprio passato. Hack Holland è quindi considerato da molti un precursore del più famoso Dave Robicheaux. In Lay Down My Sword and Shield, inoltre, Burke sperimenta per la prima volta la narrazione in prima persona, che gli consente di rendere più vere e drammatiche le lotte interioridel suo protagonista.
All’età di trentaquattro anni, con tre romanzi pubblicati in rapida successione, Burke è riconosciuto come un giovane scrittore con davanti una promettente carriera.Sembra che Burke ce l’abbia fatta finalmente, ma non è così. Continua a bere troppo e le sue storie, basate sul realismo sociale e su forti figure maschili, negli anni settanta non vendono più.

“Quando cercai di sfondare come scrittore, a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio del decennio successivo, l’America non accettava di buon grado, in libreria, i libri scritti da gente di sesso maschile e di razza bianca. Allora, sembrava che tutti volessero dar retta alle minoranze del nostro Paese. Prima ci fu la moda degli scrittori afro-americani, poi quella dei pellerossa e, per concludere, prima che Ronald Reagan venisse eletto Presidente, gli editori diedero voce alle donne… Insomma, a quel tempo, mi dicevano che nessuno avrebbe mai letto uno solo dei miei libri perché non appartenevo ad alcuna minoranza.”

(Pike Borsa, James Lee Burke. Alcol, inchiostro e polvere da sparo, in Black Cherry Blues, Il Giallo Mondadori – Settimanale N. 2330 – 26 settembre 1993)

Burke diventa così il tipico scrittore promettente che non è riuscito a sfondare.
Nel 1977, amareggiato dai continui rifiuti degli editori e dal suo mediocre lavoro di insegnante, Burke sembra ormai finito e un alcolizzato all’ultimo stadio. Ci vorranno ben cinque anni e mezzo di recupero per uscire dall’inferno dell’alcol. Burke, in varie interviste, lo ha definito il periodo peggiore della sua vita, e ha dichiarato che deve tutto alla riscoperta del cattolicesimo e a un programma, promosso dalla Chiesa Episcopale, chiamato i 12 passi. Questo programma è destinato alle persone con problemi di alcolismo, e si basa sulla responsabilità personale e la fede in un potere superiore.

Gli anni ottanta e l’arrivo del successo con Dave Robicheaux

Ci vogliono quasi quindici anni, perché Burke, nel 1985, torni a pubblicare. Si tratta di una serie di racconti, The Convict and other stories. Ma è il 1986 l’anno in cui Burke inizia a capire che forse il vento sta per cambiare. La Louisiana State University Press pubblica, infatti, The Lost Get-Back Boogie che viene nominato per un Premio Pulitzer. Il romanzo, in realtà, era stato scritto da Burke tredici anni prima ed era stato rifiutato ben 111 volte dagli editori. È la storia di Iry Paret, un giovane musicista alcolizzato che, dopo il suo rilascio da una prigione della Louisiana, si trasferisce in Montana, dove viene coinvolto nella lotta tra una famiglia del posto e una società che sta inquinando il fiume. In quest’opera Burke, sposta maggiormente la propria attenzione sulla psicologia dei personaggi e sulla loro continua lotta interiore tra il bene e il male.
È il 1984, Burke sta pescando insieme al suo amico scrittore Rick DeMarinis sul fiume Bitterroot nel Montana. DeMarinis gli suggerisce che forse dovrebbe provare a scrivere un romanzo poliziesco. Mentre sta volando da Missoula a San Francisco, Burke inizia ad avere un’idea sul nuovo romanzo. Ne scrive i primi due capitoli, seduto ad un tavolino di un caffè italiano, che si trova a pochi passi dalla famosa casa editrice City Lights Bookstore. Si tratta dei primi capitoli di quello che sarà un successo editoriale,The Neon Rain (Pioggia al neon, pubblicato in Italia da Baldini & Castoldi, 1998, e da Meridiano Zero, 2007), ambientato a New Orleans, con protagonista Dave Robicheaux.Tre importanti case editrici newyorchesi si interessano subito al romanzo e gli fanno un’offerta. È la svolta della carriera letteraria dello scrittore texano.
Burke sembra ispirarsi alla grande tradizione hard-boiled da Hammett a Chandler, ma i temi principali rimangono quelli dei romanzi precedenti. Lo stesso Burke, in diverse interviste, ha dichiarato che quando scrisse il primo romanzo con Dave Robicheaux, non modificò il suo stile e non abbandonò i suoi temi o i suoi personaggi:

  • complessità dei personaggi e approfondimento delle pulsioni più oscure dell’animo umano;
  • i protagonisti sono degli antieroi e dei peccatori, disillusi dalla vita e alla ricerca disperata di un senso per continuare ad esistere (resistere!);
  • il passato cela misteri e ricordi dolorosi che tormentano i protagonisti, e come una dannazione li perseguitano, fino a che essi non li affrontano;
  • la luce e l’oscurità, ciò che legale e illegale, hanno confini labili e spesso si confondono in zone grigie, e anche i personaggi positivi sono combattuti da desideri e passioni negativi;
  • l’eroe è spesso costretto a scendere nell’oscurità per sconfiggere i mostri, e ogni volta la sua risalita è sempre più difficile;
  • non esistono veri happy end, ma solo piccole vittorie momentanee;
  • predomina su tutto una visione disincantata e pessimistica dell’esistenza.

Dave è prima di tutto un discendente dei cajun. Questo popolo vive oggi nelle regioni a ovest di New Orleans. Originari della regione della Nuova Scozia nel Nord America, i cajun furono deportati dagli Inglesi in Louisiana, nella seconda metà del XVIII secolo. Mal visti dalla ricca aristocrazia francese, si rifugiarono nelle paludi, vivendo tra i bayou. Essi sopravvissero alla deportazione e alla malaria della Louisiana, e per questo rappresentano la forza e l’ostinazione del carattere di Dave.
Alla fine di The Neon Rain, Robicheaux si dimette dalla squadra omicidi di New Orleans, e si ritira in un angolo isolato sul bayou Teche a vendere esche e a fare l’aiuto sceriffo a New Iberia. Le storie sono quasi tutte ambientate in Louisiana, tra paludi, pioggia, nebbia e afa. Raccontando le avventure di Robicheaux, Burke ci fa conoscere il lato più oscuro dell’America del Sud, mettendo in risalto le grandi contraddizioni di una terra bellissima e al tempo stesso segnata da razzismo e violenza.
Come Hack Holland, anche Dave Robicheaux è considerato un alter-ego di Burke. In una vecchia intervista, lo scrittore ha dichiarato che Dave Robicheaux è in larga parte frutto della fantasia, ma anche di persone che ha realmente conosciuto e di esperienze personali: “Well, his life is fiction by-and-large, but all the experiences in most of those three novels – as well as, I’d say, most of what I’ve written – in one way or another is kind of a synthesis of either people I’ve known or things out of my own experiences. Sometimes it’s hard to separate one from the other. But in my novels, the autobiographical elements are such that, like most fiction, after the experience is translated into the pages of a novel it becomes hardly recognizable. Dave Robicheaux is a far better person than I.” (cfr. Intervista di James Lee Burke, a cura di Wallace Stroby).
A The Neon Rain, sono seguiti altri diciannove episodi con protagonista Dave Robicheaux. Questo personaggio ha fatto diventare Burke uno degli scrittori più letti a mondo. Molti dei libri della saga sono stati premiati, e Burke è uno dei pochi scrittori ad aver vinto due volte l’Edgar Award, nel 1990 e nel 1998, oltre al premio alla carriera, il Grand Master Award nel 2009.

Beginning with The Neon Rain in 1987 and continuing most recently with Purple Cane Road, the Robicheaux novels constitute the most important sequence of mystery novels published in the last 20 years, and one of the finest ever written… (A cominciare da The Neon Rain nel 1987 e continuando con l’ultimo Purple Cane Road, i romanzi di Robicheaux costituiscono la più importante serie di romanzi gialli pubblicati negli ultimi 20 anni, e una delle più belle mai scritte…)

(James Lee Burke, interviewed by John Connolly).

Dave Robicheaux è stato portato sul grande schermo due volte, ma con scarso successo: la prima volta dal regista Phil Joanou, con Omicidio a New Orleans (1996), la seconda da Bertrand Tavernier, con L’occhio del ciclone (2009). Ho visto entrambi i film e, anche se non si tratta di capolavori del cinema, li consiglio agli appassionati dei romanzi di Burke. Soprattutto L’occhio del ciclone ha un grande protagonista in Tommy Lee Jones, che somiglia anche in modo impressionante a Burke stesso. Una parte importante dei romanzi di Burke è anche la musica blues, e Bertrand Tavernier è riuscito a farci partecipi della passione di Burke/Robicheaux per quest’arte, nella meravigliosa colonna sonora che accompagna il film.

Burke, il “Faulkner della Crime Fiction”

Burke has been able to bridge what is often a chasm between “popular” and “literary” works (Burke è stato abile a creare un ponte su quello che è spesso un abisso tra opere “popolari” e “letterarie” – cfr. Shelton Frank W., “James Lee Burke’s Dave Robicheaux Novels”, inThe World Is Our Home: Society and Culture in Contemporary Southern Writing, Jeffrey J. Folks and Nancy Summers Folks, Lexington: University Press of Kentucky, 2000, p. 233)
Burke è un autore che riesce a scrivere romanzi di genere, fondendoli con maestria ad una ambientazione, a dialoghi e a personaggi che ricordano la grande letteratura del sud, tanto da essere stato definito “il Faulkner della Crime Fiction”.
Molti critici hanno sottolineato l’influenza delle opere di Faulkner. Alcuni dei temi prediletti da Burke, infatti, sono il confronto con il proprio passato, gli scontri di razza e classe, i drammi familiari, e le atmosfere gotiche alimentate dalle leggende e dai sinistri personaggi che vagano per le paludi nebbiose.
Ma è soprattutto nella lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, che si svolge nell’anima dell’uomo, che Burke ricorda Faulkner (Cfr. Samuel Coale, The Mystery of Mysteries: Cultural Differences and Designs, Bowling Green State University Popular Press, 2000, pp. 130-131).

“He is not just writing crime fiction,” says Patricia Mulcahy, who has edited 11 of Burke’s novels… “He is writing moral allegories. He is interested in good and evil in a larger sense and that’s what gives him another dimension beyond genre fiction.” (“Lui non è solo uno scrittore di romanzi polizieschi”, dice Patricia Mulcahy, che ha curato 11 dei romanzi di Burke… “Sta scrivendo delle allegorie morali. Si interessa del bene e del male in un senso più profondo e ciò lo eleva su una dimensione altra, che va oltre la narrativa di genere”

(Cfr. Intervista a James Lee Burke, a cura di John Connolly).

Burke stesso è conscio di quanto le sue opere siano debitrici nei confronti di Faulkner.

“Read Faulkner. It’s all in there. The Sound and the Fury… is technically better than Ulysses and in it Faulkner puts his hand deep into the fury and mire of human beings. The central theme that runs throughout all western literature is the search for redemption…”
“Leggi Faulkner. E tutto lì. L’urlo e il furore è tecnicamente migliore dell’Ulysses, e in esso Faulkner mette la mano in profondità nella furia e nel fango degli esseri umani. Il tema centrale che corre per tutta la letteratura occidentale è la ricerca di redenzione…”)

(Cfr. A life in writing: James Lee Burke, by Nicholas Wroe)

Altri autori cui Burke ha dichiarato più volte di essersi ispirato sono: John Steinbeck, James T. Farrell, Flannery O’Connor, John Dos Passos e Tennessee Williams.

Burke in Italia

Strana storia quella della pubblicazione in Italia dei romanzi di James Lee Burke che vede, dopo Mondadori, Baldini &Castoldi, Meridiano Zero e Fanucci, un nuovo marchio editoriale cercare di fare sfondare, anche nel mercato italiano, questo stupendo autore di “crime novel”. Gli ultimi due libri della serie (Creole Belle e Light of the world), infatti, vengono pubblicati dalla 1rosso, un marchio editoriale di Parallelo45 Edizioni, nato da poco meno di un anno, dedicato esclusivamente alla letteratura straniera.

Burke ha i suoi fan anche in Italia, ma non ha ottenuto il successo che Mondadori e gli altri si aspettavano. Difficile dare una spiegazione convincente.
Sicuramente non ha aiutato il fatto che Burke sia stato pubblicato con discontinuità.  Mondadori ha iniziato nel 1993 la pubblicazione della saga di Dave Robicheaux, partendo dal terzo romanzo, Black Cherry Blues (1989), probabilmente a seguito della vittoria del premio Edgar Award nel 1990. Baldini & Castoldi, subentrata alla Mondadori, ha iniziato pubblicando nel 1994 Prigionieri del cielo (Heaven’s Prisoners, 1988), il secondo romanzo della serie, e solo quattro anni dopo il primo, Pioggia al neon (The Neon Rain, 1987). Ma questa non è certo una giustificazione sufficiente, sappiamo che in Italia è ormai una nefasta tradizione quella di pubblicare i romanzi di una saga in un ordine che pare del tutto casuale, e altri autori famosi sembrano non averne sofferto.
Un motivo più valido potrebbe essere il fatto che alcuni dei romanzi più belli di Burke sono stati pubblicati nei Gialli Mondadori, quindi disponibili solo per un breve periodo in edicola. Anche il continuo cambio di casa editrice sicuramente non ha aiutato Burke a farsi apprezzare quanto merita dai lettori italiani.

Premi letterari

Burke ha vinto numerosi premi che testimoniano le sue notevoli capacità letterarie.
Nel 1990 vince l’Edgar Award con il romanzo Black Cherry Blues (Black Cherry Blues – Mondadori, 1993).
Nel 1995 vince l’Hammett Prize con il romanzo Dixie City Jam (Rabbia a New Orleans – Baldini & Castoldi, 1997).
Nel 1998 vince l’Edgar Award con il romanzo Cimarron Rose (Terra violenta -Mondadori, 2000).
Nel 1998 vince il Gold Dagger Award con il romanzo Sunset Limited (Sunset Limited   – Meridiano Zero, 2004).
Nel 2003 è finalista all’Edgar Award con il romanzo Jolie Blon’s Bounce (La ballata di Jolie Blon – Meridiano Zero, 2005).
Nel 2007 è finalista al Duncan Lawrie Dagger con il romanzo Pegasus Descending (Prima che l’uragano arrivi – Meridiano Zero, 2008).
Nel 2009 vince il Grand Master Award (premio alla carriera) assegnato dai Mystery Writers of America.
Nel 2010 è finalista al Gold Dagger Award con il romanzo Rain Gods (inedito in Italia).

Breve bibliografia di James Lee Burke

Naturalmente non esistono in Italia che delle brevi biografie di Burke, pubblicate in internet o in dizionari del giallo. Tra le poche che vale la pena leggere c’è James Lee Burke. Alcol, inchiostro e polvere da sparo di Pike Borsa (in Black Cherry Blues, Il Giallo Mondadori – Settimanale N. 2330 – 26 settembre 1993), oppure quella contenuta nel volume C’era una volta il giallo III. L’età del sangue, di G. Franco Orsi e Lia Volpatti, pubblicato da Alacrán nel 2007 (purtroppo ormai introvabile). Interessante anche il breve New Orleans has a language all its own, che la traduttrice Nicoletta Brazzelli ha dedicato al linguaggio utilizzato da Burke nei suoi romanzi: “fortemente radicato nel suo territorio d’origine, riflette la storia etnica e le consuetudini del profondo Sud degli Stati Uniti” (in James Lee Burke, L’urlo del vento, Fanucci, 2008).
Per avere notizie più approfondite su Burke e i suoi romanzi è necessario fare riferimento al alcuni testi stranieri.

  • A Violent Conscience: Essays on the Fiction of James Lee Burke, a cura di Leonard Engel, Mcfarland & Co Inc Pub, 2010;
  • Andrew Pepper, The Contemporary American Crime Novel: Race, Ethnicity, Gender, Class, Edinburgh University Press, 2000;
  • Barbara Bogue, James Lee Burke And the Soul of Dave Robicheaux: A Critical Study of the Crime Fiction Series, Mcfarland & Co Inc Pub, 2006;
  • Geherin David, James Lee Burke: Southern Louisiana, in Scene of the Crime: Importance of Place in Crime and Mystery Fiction, Jefferson NC: Mc­Farland, 2008, 93-108;
  • Patrick Anderson, The Triumph of the Thriller: How Cops, Crooks, and Cannibals Captured Popular Fiction, New York: Random House, 2007;
  • Richard Schwartz, Nice and Noir: Contemporary American Crime Fiction, University of Missouri Press, 2002;
  • Shelton Frank W.,“James Lee Burke’s Dave Robicheaux Novels”, in TheWorld Is Our Home: Society and Culture in Contemporary Southern Writing, a cura diJeffrey J. Folks and Nancy Summers Folks, Lexington: University Press of Kentucky, 2000, 232-243;
  • Samuel Coale, The Mystery of Mysteries: Cultural Differences and Designs, Bowling Green State University Popular Press, 2000;
  • Stuart Sim, Justice and Revenge in Contemporary American Crime Fiction, Palgrave Macmillan, 2015.

Articolo protocollato da Alessandro Bullo

Alessandro Bullo è nato a Venezia. Si è laureato in lettere con indirizzo artistico, mantenendosi con mestieri occasionali; dopo la laurea ha lavorato per alcuni anni presso i Beni Culturali e poi per la Questura di Venezia. Successivamente ha vissuto per quasi dieci anni a Desenzano del Garda per necessità di lavoro. Attualmente vive a Venezia e lavora come responsabile informatico per un’importante ditta italiana. Sue passioni: Venezia, il cinema noir, leggere, scrivere. Autori preferiti: Dino Buzzati, Charles Bukovski, Henry Miller. Registi preferiti: Elia Kazan e Alfred Joseph Hitchcock. È arrivato per due volte in finale al premio Tedeschi e una al premio Urania. Nel 2012 con “La laguna degli specchi” (pubblicato sotto lo pseudonimo Drosan Lulob) è stato tra i vincitori del concorso “Io scrittore”.

Alessandro Bullo ha scritto 66 articoli: