Riccardo D'AnnaOspite oggi al Thriller Café, Riccardo D’Anna, autore de La figura di cera, recensito sulle nostre pagine il mese scorso. Abbiamo scambiato due chiacchiere con lui…

[TC]: Ciao Riccardo, benvenuto su Thriller Café. Vuoi parlarci brevemente di te mentre ti preparo un Bloody Mary? Presentati ai nostri avventori.
[RDA]: In genere non mi piace parlare di me, e preferirei che fossero altri a parlare dei miei libri. Preferisco cedere la parola a uno scrittore che amo: «I sentieri che conducono alla letteratura possono essere brevi e diretti o lunghi e tortuosi. Il desiderio di continuare a percorrerli senza che necessariamente lo conducano verso alcun luogo sicuro è ciò che farà del bambino uno scrittore…»

[TC]: Com’è nata l’idea di dare un seguito a “Il morso sul collo”, di Raven? Perché, insomma, hai scelto proprio questo libro, tenendo in debita considerazione il fatto che hai effettuato tu l’editing per la ristampa della Gargoyle, ovviamente.
[RDA]: La risposta c’è in parte già nella domanda: a un livello profondo posso dirti che credo nell’ibridazione dei generi, in una letteratura che sappia restituire luci e ombre della nostra epoca. Un libro come Il morso sul collo, che è un horror che horror non è, costituiva forse il terreno più adatto per poter provare a misurarmi a mia volta, da una angolazione affatto particolare, con un esperimento di genere…

[TC]: Ormai da qualche tempo, i romanzi sui vampiri abbondano, e in tutte le salse. Non hai temuto di andare a sovraccaricare ulteriormente un argomento già in pesante overload?
[RDA]: Per rimanere nella tua metafora, direi che la componente horror ne La figura di cera è adoperata più come una spezia che non come una salsa… A un livello non scopertamente commerciale, credo che la figura del vampiro mantenga intatti fascinazione e inquietudine che le sono propri. Per riassumere con un’immagine citerei stavolta il grande poeta Andrea Zanzotto: «In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato o se ingoio…». L’ambivalenza del vampiro è tutta qui.

[TC]: Il tuo romanzo, comunque, non è propriamente horror, né propriamente noir, né thriller, è un mix abbastanza inusuale, visto che si avvicina molto, in più frangenti, anche ai canoni del saggio storico. Tu come lo classificheresti?
[RDA]: Non lo classificherei affatto… Non ne sento il bisogno: i miei, prima che libri di narrativa, sono libri di scrittura. Paradossalmente, ciò che temevo potesse costituire un punto di debolezza del romanzo – l’aver scritto, cioè, un libro d’autore sotto le mentite spoglie di un giallo vampiresco… – si è rivelato presso il pubblico, in maniera per me del tutto inaspettata, un punto di forza.

[TC]: Alla fine di ogni capitolo ci sono delle note, a mio avviso importantissime per “ottimizzare” la lettura del tuo libro. E anche l’introduzione di Stefano Priarone apporta un contributo notevole, in questo senso. Il lavoro di documentazione dietro “La figura di cera” è evidente: quanto è stato difficile conciliare tutte le nozioni “tecniche” con l’impostazione narrativa e la trama che avevi in mente?
[RDA]: Per chi ha scritto molta saggistica, come me, l’accuratezza della documentazione è un aspetto primario, anche in chiave narrativa. Sono partito avvantaggiato, perché mi muovevo su un territorio conosciuto. Mi sono limitato a colmare solo piccoli vuoti…

[TC]: Domanda a cui, se vuoi, puoi anche non rispondere, ma devo fartela: ti piace la copertina del tuo libro? Qualcuno potrebbe dire che “profuma” di Hello Kitty vampirica o che si confonde con le tante copertine di meyeriana discendenza.
[RDA]: Come tutti sanno, l’apparato grafico del libro è pertinenza dell’editore. Per la verità, dato il titolo, avevo proposto che sulla copertina campeggiasse una candela accesa con una goccia di cera che scendesse sul fusto color rosso sangue… Paolo (l’editore) mi ha fatto presente, però, che era un’idea graficamente già utilizzata dalla casa editrice. Credo che la copertina, nonostante lo sfondo rosato, abbia un buon impatto visivo, e che in generale il lavoro grafico sulle copertine di Gargoyle sia ottimo.

[TC]: “La figura di cera” è il primo romanzo che pubblichi con una casa editrice, la Gargoyle, di certa rilevanza. Com’è stata questa esperienza?
[RDA]: Il rilievo di Gargoyle credo sia stato affermarsi in un tempo relativamente breve entro un ambito specifico: sostanzialmente di aver colmato un vuoto. I rapporti sono sempre stati improntati al massimo rispetto e a una calorosa amicizia… E ti posso assicurare che è cosa rara e preziosa…

[TC]: Ultima domanda prima di salutarci. Pensi di dare un seguito a “La figura di cera”? Puoi dircelo? Hai altri progetti in cantiere?
[RDA]: Mi sono lasciato una porta aperta, nel finale, perché non si sa mai… Ho diversi lavori nel cassetto non ancora pubblicati che spero di vedere presto in libreria: la mia, non essendo un autore commerciale così com’è oggi comunemente inteso, è una partita difficile… Bisogna avere pazienza e non perdersi d’animo.

[TC]: Grazie per la chiacchierata, Riccardo, sei stato molto gentile. Ti aspettiamo qui al Café per il tuo prossimo libro. Ah, il Bloody Mary lo offre la casa, naturalmente.
[RDA]: Grazie a voi per l’ospitalità. Un saluto in amicizia a tutti i lettori e speriamo di risentirci presto.

Gabriele Lattanzio

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