dolores-redondoDopo aver recensito qualche settimana fa il suo romanzo Il guardiano invisibile, al Thriller Café ospitiamo oggi Dolores Redondo: avvicinatevi al tavolo per ascoltare la nostra chiacchierata.

[D]: Benvenuta al Thriller Café, Dolores. Cosa ti ha spinta a scegliere la valle del Baltzan come ambientazione del tuo romanzo?
[R]: Il paesaggio ricorda un po’ la zona dove sono cresciuta, però la verità è che non conoscevo questo luogo: arrivai a Elizondo durante una gita con la mia famiglia e me ne innamorai immediatamente. Quindi, apprendendo e investigando di più, ho scoperto non solo i suoi paesaggi pregni di forza e mistero ma anche una storia in cui il passaggio dell’Inquisizione spagnola ha lasciato dei segni in un posto in cui le tradizioni di una religione anteriore al cristianesimo e centrate sulla forza della natura ancora oggi hanno un’impronta ben visibile.

[D]: Hai pensato sin da subito a una trilogia o è stata un’idea che hai maturato durante la stesura de Il guardiano invisibile?
[R]: Che domanda azzeccata. Quando cominciai a scrivere Il guardiano invisibile mi dissi che la valle di Baztan aveva potenziale per molto di più: avevo raccolto una vasta documentazione e mentre scrivevo nascevano nuove storie da approfondire intorno ad Amaia Salazar. Una trilogia, o di più? Lo dirà il pubblico. La verità è che mi sento molto a mio agio a scrivere di Amaia.

[D]: La protagonista Amaia vive in una famiglia matriarcale: qual è il ruolo della donna nella cultura basca?
[R]: La donna basca è una donna moderna integrata in un mondo che continua a cambiare, ma con i piedi ben piantati in una tradizione che è ancora presente nella cultura. Il matriarcato non è tanto una questione di carattere ma di esigenze. A una donna basca, della costa o dei Pirenei, tradizionalmente è toccato trovarsi sola di fronte alla terra, case coloniche da mandare avanti, mentre gli uomini erano in guerra o in tempo di pace partivano in cerca di fortuna. E, a differenza di altre culture dove un altro uomo era al comando, un figlio, il fratello, o anche un manager, le donne dei Paesi Baschi si convertivano nelle signore delle loro stesse terre, prendendo decisioni relative agli affari, alla vita familiare, ecc. Chiaro che quando questi costumi sono perdurati nel corso del tempo il carattere e la forza di queste donne è cresciuto dando vita a una società orgogliosa del loro coraggio.

[D]: Quanto è importante la cultura del cibo per te, visto il ruolo che essa ha nel romanzo e dato che tu stessa sei una chef?
[R]: In Italia lo capirete bene. Il cibo è cultura, e il cibo di un posto preciso è la traccia del passato, del presente e della natura della regione. Do sempre importanza al cibo nella mia vita e nei miei romanzi, perché il fatto tanto mediterraneo di sedersi attorno a un tavolo per mangiare con la famiglia, parlare, e perché no, discutere, è qualcosa di molto nostro, che non si trova in altre culture. Lo dico sempre quando parlo del romanzo: la mia ispettrice va a casa sua a mangiare, seduta, con la sua famiglia, e usa le posate, non mangia un sandwich, freddo e in piedi. Lo diceva anche mia nonna: mangiare piatti caldi, riscalda il cuore.

[D]: Che ne pensi della letteratura di genere?
[R]: La fiction muove il mondo. L’industria cinematografica, i fumetti o la letteratura muovono milioni di euro e il novanta per cento di quello che si produce è fiction. Necessitiamo di fiction per vivere, ci pone in contatto con la nostra parte infantile che ancora conserviamo e che dobbiamo preservare per non perdere la ragione. Ho bisogno di scrivere fiction, e il lettore ha bisogno di leggerne, una comunione tra due estremi dell’immaginazione. Per me è un lavoro di ricerca tra le mie emozioni, per trovare quel luogo in cui abita la paura, il dolore, l’amore e le emozioni più forti; il lettore è un ricettore saggio che sa che sta leggendo fiction, che non è stupido e non crede a tutto e che per questo è tanto esigente da spingermi a scavare di più fino a raggiungere le mie stesse paure, la mia propria passione, il mio proprio dolore.

[D]: L’evoluzione digitale: un bene o un male per l’editoria?
[R]: Non lo so, però nel bene o nel male è una realtà che già è qui e che esige cambiamenti e adattamenti a un sistema che è diventato obsoleto (sembra un discorso politico, scusatemi!).

[D]: Qualche anticipazione sui prossimi libri?
[R]: Il secondo episodio della trilogia del Baztan si intitola Legado en los huesos (“Lascito nelle ossa”). Il titolo si riferisce al DNA, che ci è dato in eredità genetica, che tramanderemo alla generazione successiva e a cui non possiamo sfuggire, facendo sì che l’appartenenza a una famiglia sia così arricchente e a volte una condanna. Ne sapremo di più delle circostanze che hanno segnato la nascita di questa donna e che hanno segnato la sua vita, il rapporto con la madre e le ragioni per cui ha sempre voluto chiudere con lei. Tutto questo mentre affronta un’indagine che ha forse le sue radici in un crimine del passato, in quelle ossa abbandonate in una grotta.

[D]: Una frase per salutare i lettori di ThrillerCafe.it…
[R]: Sicuramente il nome di questo sito non poteva essere più adeguato, visto che coniuga due delle cose che mi piacciono di più e che spesso mescolo mentre scrivo: caffè e mistero criminale. Un piacere salutarvi e invitarvi a conoscere il misterioso Baztan.

L’intervista a Dolores Redondo termina qui: se vi ha incuriosito, non mancate di leggere il suo Il guardiano invisibile e di farci sapere se anche a voi sarà piaciuto.

(Credits: foto di Alfredo Tudela).

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