Il sospetto - Robert CraisRobert Crais (1953 – Baton Rouge – Louisiana) torna nelle librerie italiane, dopo due anni esatti (Deserto di sangue – giugno 2014), con un nuovo romanzo, Il sospetto, sempre edito da Mondadori.
Abbandonato momentaneamente il team formato da Elvis Cole e Joe Pike, che lo ha fatto conoscere e amare in tutto il mondo, lo scrittore americano ci presenta una nuova coppia di investigatori: Scott James, un poliziotto di Los Angeles, e Maggie, una femmina di pastore tedesco. Si tratta del quarto romanzo scritto al di fuori della serie dedicata a Elvis Cole, dopo Lo specialista, L’ostaggio e Countdown.
Il sospetto ha ottenuto un enorme successo in America (numero 1 sul New York Times best-seller), e la Fox 2000 ne ha già opzionato i diritti per un adattamento cinematografico.

Trama del libro

Per la centesima volta Scott James ripensa a quella notte. A quella sparatoria in cui ha perso la sua partner, uccisa da un proiettile di un AK-47. Lui e lei, due poliziotti della Divisione Metro della polizia di Los Angeles, a terra, insanguinati. Un unico indizio nella sua memoria. L’assassino, per un secondo, si è alzato il passamontagna e delle basette sono comparse, folte, grigio argento. Troppo poco. Eppure in quel piazzale dove è avvenuto lo scontro a fuoco alcune tracce sono rimaste, impalpabili, invisibili, ma il poliziotto non lo può immaginare. E non sa ancora che dalla parte opposta della città c’è un pastore tedesco di nome Maggie, abbandonato in un canile della squadra Cinofila, che ha un fiuto eccezionale ed è capace di “vedere” gli odori come se fossero colori. Anche il cane, come l’agente Scott, è sopravvissuto a un attacco e ha perso il suo accompagnatore in un attentato in Afghanistan, anche il cane sente di non farcela più e si sta lasciando andare, come l’agente Scott. Due sopravvissuti…

Un cane è il protagonista de Il sospetto

Il cuore del romanzo è il rapporto che si instaura tra Scott e Maggie. Crais è bravo a raccontare il modo in cui un uomo e un cane, lentamente, iniziano ad amarsi e a guarirsi a vicenda, sino ad emergere dal buio disperato e paralizzante dell’alienazione in cui erano sprofondati.
Ciò che colpisce di più il lettore è la capacità dello scrittore di descrivere la psicologia di Maggie e la sua sensibilità nei confronti del traumatizzato Scott, che richiamano in modo evidente i capolavori di Jack London (Il richiamo della foresta; Zanna Bianca). Alcune scene, infatti, sono raccontate attraverso gli occhi di Maggie: entriamo nei suoi processi mentali e proviamo i suoi stessi sentimenti, proprio come nei romanzi di London. E Maggie emerge come un personaggio a tutti gli effetti, mettendo spesso in ombra persino il suo compagno di avventure, Scott James.
Crais ha preso ispirazione anche dalla sua vita privata: quindici anni fa, aveva un cane di nome Yoshi, un akita (razza giapponese), che ricorda ancora con grande affetto (cfr. Novelist loses a dog, finds a heroine in Suspect, By Christian Du Chateau). Per scrivere Il sospetto, inoltre, Crais ha fatto lunghe e accurate ricerche sui cani e ha trascorso molto tempo con le unità cinofile della polizia.
Maggie rappresenta, nell’opera di Crais, un’ulteriore prova del suo bisogno di trovare, nell’oscurità del mondo, virtù che sembrano non appartenere più alla maggior parte del genere umano, ossia l’innocenza, la lealtà e la verità. Virtù che, secondo Robert Crais, si possono trovare nei bambini: Crais specifically connects childhood with fundamental values… (LeRoy Panek, New Hard-boiled Writers, 1970s-1990s, Popular Press 1, 2000, p. 148). In Il sospetto, la leale ed eroica Maggie possiede questi alti valori.

“… Sono creature di Dio, fatte di sangue e sentimenti, e vi ameranno con tutto il loro cuore! Vi ameranno quando le vostre mogli e i vostri mariti vi tradiranno. Vi ameranno quando i vostri figli ingrati e bastardi pisceranno sulla vostra tomba! Saranno testimoni dei vostri momenti più disonorevoli e non vi giudicheranno. Questi cani saranno i partner migliori e più fedeli che possiate mai sperare di avere, e daranno la vita per voi. E tutto quello che vi chiederanno, tutto quello di cui avranno bisogno, tutto quello che vorranno da voi è una parola affettuosa. Maledizione, tra i dieci migliori uomini che conosco non ce n’è uno che valga quanto il peggior cane che abbiamo qui…”

Maggie, affetta da PTSD (Disturbo Post-traumatico da Stress) e protagonista della copertina del libro, non è però, come è stato incautamente affermato da alcuni, l’unica ragione d’essere del romanzo. La comparsa in scena di Maggie complica il dramma poliziesco e dona passione al testo, ma non significa che Il sospetto sia un thriller solo per cinofili…

 Il sospetto non è un thriller solo per cinofili

La storia inizia con il topos dell’agente segnato da un tragico avvenimento, accaduto nel suo passato, e il conseguente “riscatto”. Molti dei romanzi di Crais utilizzano questa fortunata, anche se forse un po’ troppo abusata, formula.

Un personaggio, per essere avvincente, deve lottare contro le sue debolezze e affrontare situazioni come la colpevolezza, il dubbio, il rammarico e il timore. Sennò non è interessante. Dobbiamo sempre lottare un po’ contro noi stessi. Queste sono le cose che ci rendono umani.

(Robert Crais citato in Luca Crovi, Noir. Istruzioni per l’uso, Garzanti 2013, p. 182)

Il premio Strega Fulvio Tomizza, nel suo romanzo L’amicizia (Rizzoli, 1980), dichiara che non esiste argomento su cui non sia già statoscritto qualcosa, e che ciò che differenzia e dà valore ad un testo è il “modo” in cui lo si scrive e affronta. Merito di Crais è appunto di saper tirare fuori il meglio anche da una storia “consumata” come questa e di saperla sviluppare in modo convincente.

Come tutti i romanzi di Crais, anche Il sospetto è caratterizzato da una scrittura coinvolgente, da dialoghi veloci, dall’alternarsi perfetto tra descrizioni psicologiche e sequenze d’azione, tra scene commoventi (leggetevi il finale!) e violente. Crais crea così un effetto “dinamico” di forte e piano, con crescendo finale, che richiama la musica. Effetto voluto che deriva allo scrittore dalla sua vasta esperienza di sceneggiatore televisivo (Baretta, Quincy, Hill Street giorno e notte, The Twilight Zone, Miami Vice e Avvocati a Los Angeles).

Adoravo Miami Vice: mi piaceva molto l’uso della velocità, il ritmo, l’ambientazione, la musica e soprattutto amavo due personaggi eccezionali come James «Sonny» Crockett e Ricardo «Rico» Tubbs… Ancora oggi, quando scrivo i romanzi di Elvis Cole uso il metodo Miami Vice e mi immagino la musica perfetta per ogni sequenza.

(Robert Crais citato in Luca Crovi, Noir. Istruzioni per l’uso, Garzanti 2013, p. 181)

Crais riesce, infatti, a catturare l’attenzione del lettore fin dall’inizio, con la scena dell’imboscata in piena notte, ad un incrocio di un quartiere del centro di Los Angeles.

… un brontolio sordo e rabbioso scosse il silenzio perfetto, e dalla traversa arrivò un camion Kenworth nero lanciato a tutta velocità. Prese in pieno la fiancata della Bentley con una violenza tale che la berlina si cappottò facendo un giro completo e andò a fermarsi, sul fianco sinistro, sul lato opposto della strada… Si trovavano a metà strada rispetto al punto in cui era avvenuto l’incidente, quando da dentro il camion esplosero dei lampi di luce gialla e tra gli edifici echeggiò un crepitio martellante… Istintivamente Scott si tuffò di lato mentre Stephanie cadde a terra, lanciò un urlo, uno solo, e si portò le braccia al petto.

Nei capitoli seguenti, Crais tiene alta la tensione su questo misterioso agguato mortale, centellinando le informazioni, così che il lettore è spinto a girare pagina per cercare di scoprire la verità. E, pur essendo lontani da un capolavoro come L.A. Killer(L.A. Requiem, 1999), il romanzo forse più intrigante ed ambizioso di Crais, Il sospetto è un bel thriller che si legge tutto d’un fiato. Il fatto che sia stato “One of Booklist’s 10 Best Crime Fiction Books of the Year” (2014) né è una prova.

Il “passato” e il “riscatto” nei romanzi di Crais

Un passato, segnato da una tragedia, e il conseguente riscatto attraverso la ricerca della verità sono i temi fondamentali non solo de Il sospetto, ma di tutta l’opera di Crais.
Nei grandi romanzi hard-boiled degli anni trenta fino agli anni cinquanta non troviamo nulla di simile: gli investigatori non hanno un passato da riscattare e non si fanno coinvolgere personalmente nelle indagini, a meno che non incontrino una “femme fatale”. Questo tipo di approccio cambia con l’arrivo di Lew Archer (protagonista dei romanzi polizieschi di Ross Macdonald), detective privato, con un matrimonio fallito alle spalle, che indaga spesso su crimini e segreti di famiglia, con cui si confronta personalmente: “ho tentato di creare un investigatore che fosse più un uomo che un eroe letterario. È il tipo capace di dedicarsi al lavoro investigativo a causa del suo interesse per gli altri esseri umani, con le loro debolezze, le loro crisi, ma anche con le qualità che compensano i loro difetti… “ (Ross Macdonad, citato in C’era una volta il giallo II. L’età del piombo, a cura di G.F. Orsi e L. Volpatti, Alacran, 2006, p. 196). Macdonald crea così, per la prima volta, un collegamento tra la psicologia delprotagonista e il lavoro investigativo. È solo alla fine degli anni ottanta, però, che il tema del “riscatto personale” diviene un topos sia nei romanzi che nei film.
Nei primi romanzi di Crais, da The Monkey’s Raincoat del 1987 (Corrida a Los Angeles, Il Giallo Mondadori n. 2120) fino a Indigo Slam del 1997 (Senza protezione, Il Giallo Mondadori n. 2606), il passato del protagonista Elvis Cole è solo abbozzato: sappiamo che è un veterano del Vietnam e che faceva parte dei Rangers. Già in queste opere, Cole e Pike affrontano indagini che li coinvolgono personalmente, cercando bambini scomparsi o proteggendo donne da mariti potenti e violenti; ma è, nel suo ottavo romanzo, L.A. Killer (L.A. Requiem, 1999), che Robert Crais cambia registro e stile. In questo romanzo, sia Elvis Cole che il suo compagno Pike acquistano una maggiore profondità psicologica e umana. In L.A. Killer, l’indagine su una ragazza morta si intreccia con il passato di Pike, con continui flash-back, rivelando il mistero che si nasconde dietro il suo carattere violento e taciturno. In The Last Detective del 2003 (L’ultimo detective, Mondadori) è invece il passato di Elvis Cole ad essere svelato, mentre cerca di salvare il figlio della donna di cui è innamorato. In queste due opere, quindi, vita privata e indagine si intrecciano in modo perfetto.
In Il sospetto, il cane Maggie svolge il ruolo del leale Pike e Crais approfondisce “the positive and brotherly nature of these relationships” (Elisabeth Weston, La Noir and the family romance: The novels of Robert Crais and Michael Connelly, in Analyses of Cultural Productions: Papers of 30th Conference of Psyart Porto, 2013, editors Bastos José Gabriel Pereira,Cayolla Ribeiro Diniz,Fox Elizabeth , i2ADS, Porto, 2014, p. 134), ma ciò che è più importante l’indagine è strettamente intrecciata alla vita personale e al passato di Scott, che ha perduto la sua partner Stephanie durante una sparatoria. Per Scott, scoprire la verità sulla terribile notte in cui è stato ferito e ha visto morire la sua amica, diventa un’ossessione; e trovando i colpevoli forse non sarà più tormentato dagli incubi e dai sensi di colpa.

La città di Los Angeles e la visione ottimistica di Crais

La tradizione del poliziesco americanoè strettamente legata agli ampi e violenti spazi urbani delle città moderne. Dashiell Hammett e Raymond Chandler spostarono per primi l’azione del poliziesco dalle biblioteche, dalle ville di campagna e dai castelli isolati, alle città che meglio conoscevano: San Francisco e Los Angeles. È emblematica, in questo senso, la riflessione di Marlowe, in Il lungo addio (1953), sul suo lavoro di investigatore legato proprio alla città di Los Angeles.

L’altra parte di me voleva andarsene e disinteressarsi della faccenda, ma era questa la parte alla quale non davo mai retta. Poiché, se l’avessi ascoltata, sarei rimasto nella mia città natale e avrei lavorato nel negozio di ferramenta e sposato la figlia del padrone… Forse avrei anche conquistato la ricchezza delle piccole cittadine di provincia… una casa di otto stanze, due automobili nel garage, pollo tutte le domeniche, “Selezione” sul tavolino del salotto, la moglie con la permanente e io con un cervello tipo sacco-di-cemento. Sceglietelo voi questo genere di vita, amici. Io preferisco la grande, sordida, sporca, corrotta metropoli.

(Raymond Chandler, Il lungo addio, Feltrinelli, Milano, 2004, 208)

Crais ha dichiarato più volte che Los Angeles è lo scenario ideale per le sue storie: ha una geografia complessa e diversificata, dalle montagne alle pianure, dai laghi sino a Long Beach, e a nord il deserto. Lo scrittore utilizza la geografia della città con maestria e precisione, nel corso delle indagini di Scott e Maggie.

Tyler’s era stato il punto di partenza di Pahlasian e Beloit, e Scott cominciò da lì.
Il ristorante occupava l’angolo di un edificio piuttosto antico decorato con fregi su un incrocio non lontano da Bunker Hill. La facciata era coperta da pannelli di vetro nero su cui era fissata l’insegna con il nome in ottone. Era chiuso, ma Scott si fermò comunque a studiare la zona. Non vide parcheggi lì attorno, e immaginò che durante l’orario di apertura ci fossero degli addetti, all’angolo, che si occupavano di parcheggiare le auto dei clienti. Si chiese se la Gran Torino stesse sorvegliando la loro postazione quando Pahlasian era arrivato, o se lo avesse seguito fin lì dall’aeroporto.
Il Club Red si trovava a soli nove isolati da lì. Scott ci mise dodici minuti per arrivare, la maggior parte dei quali impiegati a far attraversare i pedoni. All’una e mezzo di notte, quel tragitto non doveva aver richiesto più di quattro minuti…

Contemporaneamente, Los Angeles è una città multietnica che attrae unainfinta di persone che insegue il proprio sogno: avere l’opportunità di cambiare la propria esistenza, diventare attore o scrivere un romanzo (come è accaduto allo stesso Robert Crais). È chiaro che, in un luogo simile, esiste il rischio che delle persone sfruttino la città e gli abitanti, trasformandoli in un business. Ed è questo che fa di Los Angeles il posto adatto per scrivere Crime-Novel.

Proprio perché scenario tra i più avanzati per tutto ciò che attiene all’urbanizzazione e alle sue ricadute più immediate, la realtà statunitense ha da sempre rappresentato una fucina ideale per il genere noir… Ed è appunto nella città del cinema che quell’amalgama tra crimine, detection e sfondo urbano ha trovato fin dall’inizio degli anni Trenta una sua precisa codifica, facendo sì che Los Angeles assumesse rapidamente quel ruolo di città del noir che le spettava di diritto fin dai tempi dell’hardboiled e di Black Mask…

(Ugo Rubeo, Mean Streets: la città USA si tinge di noir, in RomaNoir 2011. Le città nelle scritture nere, a cura di Elisabetta Mondello, Robin Edizioni, 2011, pp. 114-115)

Ogni romanziere offre, però, una sua visione personale di Los Angeles. Leggendo i romanzi di James Ellroy, abbiamo, ad esempio, una descrizione piuttosto pessimista della città degli angeli, abitata soprattutto da personaggi senza scrupoli. Nell’opera di Crais, invece, Los Angeles è vista nella sua ambigua complessità: è certamente un luogo oscuro di corruzione e morte, ma anche quando lo scrittore si addentra nel mondo depravato del cinema, della mafia o descrive la corruzione della polizia, non abbandona mai la speranza nella possibilità di un“riscatto” (Cfr. David M. Fine, Imagining Los Angeles, A City in Fiction, University of Nevada Press, Reno, 2004, pp. 142-143). Nonostante i continui omaggi tematici e stilistici all’opera di Chandler, Hammett, e Macdonald, i romanzi di Crais non condividono la stessa visione pessimistica della società, e temi ricorrenti della sua opera sono i valori di onestà e lealtà: “Thematically, again and again, my books are about people who are trying to be better than they have been.” (Interview with Robert Crais – The Strand Magazine).

Crais come Balzac… Maggie incontra Elvis Cole

“War dog! Man, these dogs saved my ass too many times to count.”
Pike moved closer, and studied her scars.
“IED?”
“She was shot.”
Pike offered the back of his hand. Maggie sniffed, and wagged her tail.
“Welcome home, Marine.”
Cole stared at the ridge as if trying to see something too far away. Scott was about to tell him to go to hell when Cole turned.
“If I helped you, I’d need your help in return.”
The blond burst out laughing, but Pike stood like a statue.
“What are you talking about?”
“You came here for help, didn’t you?”

(Robert Crais, The promise, G.P. Putnam’s Sons, New York, 2015)

Deve ancora arrivare in Italia il nuovo romanzo di Crais con protagonisti Elvis Cole e Joe Pike, The promise (2015). La sorpresa è che, in questo libro, Elvis e Joe si incontrano con Scott e Maggie, per combattere trafficanti di droga e un gruppo di veterani di guerra afgani, con legami con una cellula terroristica.

Scene ideas for Elvis and Joe with Scott and Maggie were bubbling even before I finished SUSPECT. I had fallen in love with Maggie and Scott … Having them cross paths with Elvis and Joe was a no-brainer. I jumped into THE PROMISE head first, and never looked back. (Traduzione: Avevo la testa piena di scene di Elvis e Joe insieme a Scott e Maggie,ancora prima che avessi terminato Suspect. Mi ero innamorato di Maggie e Scott… Farli incontrare con Elvis e Joe è stato facile. Mi sono gettato a capofitto su The Promise e non mi sono mai guardato indietro)

(Robert Crais Interview – The Promise, POSTED BY JON THE CRIMESPREE GUY ON NOV 3, 2015 IN BOOKS, INTERVIEWS)

Si tratta di un motivo ricorrente nella letteratura contemporanea. Abbiamo già visto come Massimo Carlotto, nel suo recente “Per tutto l’oro del mondo”, fa incontrare l’Alligatore e Giorgio Pellegrini. Questa circolazione dei personaggi “da un’opera all’altra” risale alla Comédie humaine di Balzac, “circolazione che comporterà trasformazioni… allo statuto gerarchico del personaggio, per cui da una posizione di primo piano esso può ripresentarsi in posizioni di secondo piano e addirittura di semplice comparsa…” (Cfr. Agosti Stefano, Il romanzo francese dell’Ottocento. Lingue forme genealogia, Il Mulino, 2010, pp. 110-111). Balzac, infatti, creò un vero e proprio mondo alternativo, in competizione con quello reale, in cui i suoi personaggi comparivano come protagonisti in un romanzo per poi affacciarsi come mere comparse in un altro. Balzac ebbe questa intuizione nel 1833.

Recensioni

“Maggie ci cattura con le sue stupefacenti capacità, descritte dalla vivida e affascinante scrittura di Crais.”
New York Times

“Un capolavoro emozionante. Suspect è senza dubbio il miglior romanzo di Crais fino ad oggi.”
Author Magazine

“Il Best-seller di Robert Crais è eccezionale nel descrivere il mondo dei cani. L’intenso legame uomo-animale, e le sorprendenti capacità dei cani di comprendere il nostro mondo, non sono mai stati meglio ritratti che in Suspect
Ernie Slone, Editor, Dog Fancy Magazine

“Anche i lettori più incalliti piangeranno quando volteranno le ultime pagine di questo emozionante capolavoro. Suspect è senza dubbio il miglior romanzo di Crais fino ad oggi.”
Jeff Ayers, AUTHOR Magazine

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Articolo protocollato da Alessandro Bullo

Alessandro Bullo è nato a Venezia. Si è laureato in lettere con indirizzo artistico, mantenendosi con mestieri occasionali; dopo la laurea ha lavorato per alcuni anni presso i Beni Culturali e poi per la Questura di Venezia. Successivamente ha vissuto per quasi dieci anni a Desenzano del Garda per necessità di lavoro. Attualmente vive a Venezia e lavora come responsabile informatico per un’importante ditta italiana. Sue passioni: Venezia, il cinema noir, leggere, scrivere. Autori preferiti: Dino Buzzati, Charles Bukovski, Henry Miller. Registi preferiti: Elia Kazan e Alfred Joseph Hitchcock. È arrivato per due volte in finale al premio Tedeschi e una al premio Urania. Nel 2012 con “La laguna degli specchi” (pubblicato sotto lo pseudonimo Drosan Lulob) è stato tra i vincitori del concorso “Io scrittore”.

Alessandro Bullo ha scritto 66 articoli: