I sotterranei del Majestic - Georges SimenonLes caves du Majestic è il XX romanzo della saga Maigret. Fu scritto da Georges Simenon nel dicembre del 1939 a Nieul-sur-Mer, ma pubblicato solo nel 1942 per il nuovo editore Gallimard.
In Italia apparve a puntate dal 1949 al 1950, con il titolo I sotterranei del Majestic, sulla rivista settimanale “Settimo giorno”. In volume, fu pubblicato da Mondadori solo nel 1960, con il titolo Maigret e il sergente maggiore.

TRAMA

Prosper Donge lavora nella caffetteria dell’albergo “Majestic”, maestoso e lussuoso albergo situato sugli Champs-Elysées. Una mattina scopre, nello spogliatoio del personale dentro un armadio, il corpo senza vita di una giovane donna.

Probabilmente lo avevano ficcato lì dentro in piedi e solo in seguito si era ripiegato su se stesso. Era una donna sui trent’anni, biondissima ma di un biondo artificiale, con un vestito nero di lana leggera.

Si tratta di Mrs Clark, moglie di un ricco industriale di Detroit, che occupava una suite, insieme al marito e al figlio di 6 anni.
Maigret si reca sul luogo del delitto e vi rimane lunghe ore, osservando tutti i possibili sospetti: Donge che ha scoperto il corpo; il contabile Jean Ramuel; Mr Clark che aveva finto di partire per Roma, per incontrarsi invece di nascosto con la giovane Ellen Darroman, istitutrice di suo figlio.
Sempre nei sotterranei dell’albergo, il giorno seguente viene trovato morto anche il portiere notturno dell’hotel. Il commissario è sempre più confuso, anche perché non sa spiegarsi la presenza di Mrs Clark nei sotterranei:

«… È questo lo strano della faccenda… Provi a immaginare una cliente, una cliente facoltosa, scesa al Majestic con il marito, il figlio, una governante ed un’istitutrice… Un appartamento da più di mille franchi al giorno… Bene, questa donna viene strangolata alle sei del mattino, e non in camera sua ma nello spogliatoio dei sotterranei… Perché con ogni probabilità è lì che è stato commesso il delitto… Che cosa ci faceva una così nei sotterranei? … Chi ha potuto attirarla là sotto e come? … E per giunta ad un’ora in cui gente come lei di solito è ancora immersa in un sonno profondo…».

A questo punto, Maigret parte per Cannes, dove pare che Donge e la vittima avessero avuto una relazione e anche un figlio. Mrs Clark era di origine francese, un tempo si faceva chiamare Mimi e lavorava come entraîneuse, insieme a Charlotte, la fidanzata di Donge, e a una certa Gigi. A questo punto, tutto pare indicare che Prosper Donge sia l’assassino e, sospettato di aver commesso il reato, viene arrestato su ordine del giudice istruttore.
Ricostruendo con ostinazione il passato e le varie storie dei personaggi incontrati nell’albergo, Maigret riesce a scoprire che il colpevole altro non è che un vile ricattatore …

Perché leggere I sotterranei del Majestic?

Simenon aveva deciso che il romanzo Maigret, scritto nel gennaio del 1934, sarebbe stato l’ultimo dedicato al commissario parigino. Ma circa sei anni dopo, nel 1939, scrisse all’amico André Gide che aveva intenzione di tornare a scrivere dei Maigret. In realtà, il romanzo Les caves du Majestic fu anticipato da una prima serie di nove racconti, scritti verso la fine del 1936, seguita da una seconda di dieci, tra il 1937 e il 1938, tutti dedicati a Maigret.
Perché Simenon mutò idea? È probabile che la ragione principale sia stata quella economica: come aveva previsto Fayard, Simenon era ormai identificato dai lettori come il creatore delle indagini di Maigret, mentre i «roman-roman» vendevano solo perché li aveva scritti l’autore del commissario parigino. Simenon, inoltre, aveva bisogno di denaro: nel 1939 era nato il suo primo figlio e, a causa dell’inizio della seconda guerra mondiale, lui e la sua famiglia erano stati costretti a spostarsi di paese in paese. L’altro motivo è legato al fatto che la creazione dei «roman-roman» era molto più faticosa e lunga rispetto ai Maigret, considerati da Simenon quasi un passatempo (Cfr. Eskin Stanley G., George Simenon, Marsilio 2003, pp. 187-188).
Nel 1939, Maigret ritorna quindi in I sotterranei del Majestic, opera che però il pubblico potrà leggere solo nel 1942, quando Gallimard lo pubblicherà in una raccolta che comprenderà altri due nuovi romanzi del commissario.
I sotterranei del Majesticè una storia convincente sia dal punto di vista del plot poliziesco che dell’ambientazione, quasi completamente parigina, a parte un breve viaggio a Cannes. Tra il 1933 (Maigret) e il 1939 (Les Caves du Majestic), Simenon scrisse più di trenta romanzi. In questi sei anni, l’autore aveva avuto modo di scrivere quelli che lui definiva i «roman-roman», con cui aveva potuto migliorare le sue capacità di descrivere gli ambienti e la psicologia dei personaggi, come anche di sviluppare la tecnica narrativa. Questa esperienza è evidente nella stesura del nuovo Maigret.
Rispetto alla maggior parte dei Maigret, in questo romanzo non vi è un personaggio che emerge sugli altri e diviene protagonista della scena; con I sotterranei del Majestic siamo di fronte ad un romanzo “corale”. Ogni personaggio è un tassello, senza il quale la storia non avrebbe senso.

«Ciascuno al suo posto», si disse «chi dietro le quinte, chi nelle sale e nella hall… I clienti da una parte, il personale dall’altra…».
Non che ci trovasse qualcosa di male. Figuriamoci! Ognuno era al proprio posto, attorno a lui, ognuno faceva quel che doveva fare.

Persino la vittima e il colpevole, su cui di solito Maigret/Simenon attira la nostra attenzione, scavandone il passato e la psicologia, sono solo due degli attori del dramma poliziesco. Allo stesso tempo, i personaggi minori sono molto ben disegnati: il direttore del Majestic, ossessionato dallo scandalo più che dalla ricerca della verità, il banchiere Atoum, “vestito con ricercatezza, profumato, le dita inanellate”, Gigi che si prostituisce per potersi drogare. Lo scrittore raggiunge con questa storia un equilibrio perfetto fra le varie parti che la compongono. Se un protagonista volessimo trovarlo, esso è l’albergo …

L’albergo e Maigret …

Quasi tutto il racconto è ambientato all’interno del vasto albergo Majestic, lo stesso usato nel primo romanzo Pietr il Lettone. E come era accaduto nel precedente romanzo, scritto all’inizio degli anni trenta, Maigret dimostra di non trovarsi a suo agio in questi ambienti lussuosi: “Plebeo fino all’osso, anzi fino al midollo, Maigret provava ostilità verso tutto ciò che lo circondava lì al Majestic …”. Opinione del commissario con cui Simenon pare non fosse in realtà d’accordo.

“In viaggio si lavora benissimo. Ormai tutti gli alberghi sono uguali. Le sale da pranzo e le stanze da bagno si assomigliano sempre, ed è soprattutto l’atmosfera neutra degli alberghi che mi aiuta a concentrarmi e a lavorare. A casa ci sono sempre mille cose da fare: occuparmi dell’andamento, dei bambini, del giardino… sempre tanti problemi… E si perde del gran tempo…”

(Intervista a George Simenon, Simenon dal barbiere, in Alberto Arbasino, Parigi o cara, Adelphi 1995, pp. 208-209)

Maigret si costringe comunque, per dovere, a rimanere interminabili ore dentro l’hotel, cercando di comprenderne i meccanismi, gli orari: “a vederlo lo si sarebbe creduto intento a svolgere uno studio personale sul funzionamento dei servizi in un albergo di lusso …”. Ciò che colpisce di più il commissario è l’agitazione frenetica del personale, il dedalo di corridoi e scale, le porte e porticine dietro cui può nascondersi la verità di quel terribile delitto.

“… i vasti sotterranei, un labirinto di corridoi su cui si aprivano porte e porticine, coi muri dipinti di grigio come quelli di un cargo, erano deserti. Attraverso le vetrate divisorie si vedevano qua e là le fioche lampadine dai filamenti giallastri che costituivano l’illuminazione notturna”

Eppure tutte queste persone, tutta questa frenesia, denunciano l’isolamento dei personaggi in scena. E non è affatto un caso che Simenon sia stato definito il “grande pittore della solitudine più atroce tra tutte, la solitudine nella folla” (Cfr. Paul Morand, Una sera triste, a Valvins…, citato in Simenon, a cura di Bernard de Fallois, Feltrinelli 1962, p.11). Il tema della solitudine e la conseguente incomunicabilità sono tra i più presenti nella produzione di Simenon.

“… è il problema della comunicazione. Parlo della comunicazione tra due esseri. Il fatto che siamo non so quanti milioni di individui e che tuttavia la comunicazione, la comunicazione totale, sia perfettamente impossibile tra due di questi individui, è per me uno dei più grandi temi tragici dell’universo. Quando ero ragazzo, questo fatto mi spaventava. Ne avrei quasi urlato. Mi dava una tale sensazione di solitudine, di isolamento! È un tema che ho ripreso non so quante volte. Ma so che tornerà. Tornerà sicuramente …”

(Georges Simenon, L’età del romanzo, Edizioni Lucarini 1990, pp. 46-47)

“… ho scritto molto sulla solitudine, tanto che alcuni critici mi hanno definito il romanziere della solitudine. Forse perché la capisco a fondo, l’ho sperimentata a lungo e ho sempre temuto di ricadervi … Per strada, in treno, dovunque ho sempre individuato immediatamente i solitari. Camminano in modo diverso. Uomini o donne, sembrano spenti, completamente privi di gioia. Camminano come se non avessero meta. Non guardano i passanti perché sanno che non possono avere da loro il minimo aiuto.”

(Georges Simenon, Un uomo come un altro, Mondadori 1981, pp. 140-141)

Ciò che colpisce il lettore del romanzo è anche il ripetersi, giorno dopo giorno, di gesti vuoti e assurdi.Si veda il risveglio di Prosper Donge e il saluto veloce alla compagna Charlotte che torna dal turno di notte:

“Il caffè sul fornello della cucina era caldo, troppo caldo. Lo bevve senza nemmeno sedersi. Poi, con l’aria di chi ogni giorno, alla stessa ora, ripete gli stessi gesti, si avvolse attorno al collo una sciarpa di maglia, indossò il cappotto e si mise in testa il berretto”

Ma è soprattutto nella descrizione del lavoro quotidiano e ripetitivo del personale, caratterizzato da una routine freneticama disciplinata, e dell’albergo visto come un labirinto, che Simenon supera la mera narrativa ed entra quasi nella “metafisica”. L’albergo è, infatti, descritto come una specie di universo perfetto, regolato da orari, in cui ogni ingranaggio fa la sua parte. Ma è solo un’illusione! È sufficiente che Donge arrivi in ritardo una mattina, a causa di una gomma forata, perché quell’universo perfetto mostri le instabili fondamenta su cui si regge: una donna viene trovata assassinata proprio nei sotterranei. Il caso o destino entra nell’esistenza di uno degli ingranaggi, in questo caso Donge, e genera il caos. Poche ore dopo, l’albergo sembra riprendere i propri ritmi usuali, come se niente fosse accaduto, ma la presenza ossessiva di Maigret è come quella di una coscienza che non concede tregua, che osserva ogni cosa e persona e non permette di dimenticare ciò che è accaduto: la morte è entrata in quell’universo all’apparenza perfetto. E da quel momento, niente è più come prima: i gesti ripetuti meccanicamente tutti i giorni rivelano ormai il vuoto assurdo dell’esistenza, del tempo che scorre senza aver vissuto veramente. Solo la morte, infatti, ha il potere di metterci di fronte alla pazzia dell’uomo, fedele per giorni, mesi e anni, ad un’esistenza che non sente sua.

Gigi e Charlotte, donne povere ma orgogliose e fedeli …
Simenon ama molto raccontare storie di povera gente: stranieri, proletari, operai, prostitute, emarginati. Egli è debitore della grande stagione del romanzo ottocentesco francese: Balzac, Zola, Hugo.  Nel 1864 i fratelli Edmond e Jules de Goncourt pubblicarono Germinie Lacerteux, che è considerato uno dei primi romanzi della narrativa naturalista. Esso racconta la storia di Germinie, una povera ragazza di campagna che si trasferisce a Parigi, dove l’incontro con il giovane e scapestrato Jupillon la condurrà ad una progressiva degradazione e perdizione morale.
Per comprendere quanto Simenon fosse legato a questo tipo di letteratura è significativa la dichiarazione dello stesso Edmond de Goncourt in un’annotazione del Journal del 3 dicembre 1871:

“Mais pourquoi… choisir ces milieux? Parce que c’est dans le bas que dans l’effacement d’une civilisation se conserve le caractère des choses, des personnes, de la langue, de tout… Pourquoi encore? peut-ˆtre parce que je suis un littérateur bien né, et que le peuple, la canaille, si vous voulez, a pour moi l’attrait de populations inconnues, et non découvertes, quelque chose de l’exotique que les voyageurs vont chercher…” (Ma perché… scegliere questi ambienti? Perché, nello sparire di una civiltà, è in basso che si conservano i caratteri delle cose, delle persone, della lingua, di tutto… E perché ancora? Forse perché sono un letterato di buona nascita, e il popolo, la canaglia, se così vi piace, ha per me l’attrattiva di popolazioni sconosciute e non esplorate, qualche cosa di quell’esotico che è cercato dai viaggiatori…)

(Citato in Auerbach Erich, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, vol. II, edizioni Einaudi, 2000, p. 281)

Pare di sentire parlare lo stesso Simenon, che appena arrivava in un nuovo paese andava a sedersi nel bar, per ascoltare la gente del posto. Abbiamo già sottolineato quanto Simenon provasse simpatia nei confronti delle prostitute, delle entraîneuse e delle ballerine, nel precedente articolo Maigret e il nipote ingenuo. Anche in questo romanzo, Simenon/Maigret dimostra di stare dalla parte degli emarginati. Il personaggio di Gigi, ad esempio, è rappresentato in modo molto realistico, ma è evidente la simpatia e la compassione che l’autore prova per lei. Gigi viene rappresentata come una donna povera ma orgogliosa, che tiene molto al legame di amicizia che la lega a Charlotte e Donge, tanto da sfidare lo stesso Maigret.

«Me la pagherà cara, glielo giuro! … Anche se Prosper ha davvero ucciso quella carogna di Mimi… Le dico solo questo, commissario… Se lo condannano, giuro che la vengo a cercare e le ficco una pallottola nella pancia, parola di Gigi, di una puttana, di una disgraziata che ha toccato il fondo e non ha più niente da perdere…».

Gigi non si fida della polizia, non si fida di nessuno. È probabile che abbia sofferto troppi torti, durante la sua difficile esistenza.e che ora le sia impossibile avere fiducia nelle persone. Per questo non si fida neppure di quello strano commissario che dice di volere aiutare i suoi amici, Charlotte e Donge. Alla fine del libro, il commissario, vedendo Gigi in crisi di astinenza, le passerà di nascosto addirittura una dose di droga.

Gigi era in piedi in un angolo, appollaiata sulle lunghe gambe secche. Troppe emozioni: aveva un tale bisogno di droga che si sentiva mancare e le sue narici palpitavano come un uccello ferito … Senza un motivo apparente Maigret cominciò ad aprire i cassetti della sua scrivania. Si era ricordato di aver messo da qualche parte dei sacchettini sequestrati di recente nel corso di una perquisizione. Ne prese uno, esitò un attimo, poi scrollò le spalle.
Quando vide che Gigi era sul punto di svenire, le andò vicino e le sfiorò la mano con la sua.

L’altra qualità di queste due donne, Charlotte e Gigi, è la fedeltà. Simenon colloca spesso al centro delle sue storie il tradimento e, anche in I sotterranei del Majestic,il ricco e borioso Mr Clark tradisce la moglie con la giovane Ellen Darroman, istitutrice di suo figlio. Al negativo comportamento della classe agiata, Simenon contrappone la fedeltà e l’amore di Charlotte per il suo uomo, il povero ma onesto Donge. Charlotte è solo una cameriera, “grassa e rosea come un Rubens”, Gigi una prostituta, “magra, ossuta, coi capelli nerissimi”, ma entrambe vogliono bene a Donge, uno che “non è come gli altri… Troppo buono …”.
Il brano in cui Simenon raffigura le due donne che attendono Donge, vicino all’ingresso della Polizia giudiziaria, è così “pittorico” che pare di vederle queste due misere, a cui la vita ha concesso solo tribolazioni e infelicità.

Prese separatamente, potevano anche passare. Ma una accanto all’altra, ritte vicino all’ingresso della Polizia giudiziaria come all’uscita di una fabbrica, formavano una coppia grottesca e patetica. Gigi, appollaiata sulle lunghe gambe secche, con la pelliccia di coniglio spelacchiata, lanciava occhiate di sfida all’agente di guardia alla porta e al minimo rumore di passi si sporgeva con ansia febbrile per vedere chi stesse arrivando. La povera Charlotte non aveva trovato la forza di sistemarsi i capelli né di truccarsi e, dato che non aveva smesso un attimo di piangere, aveva il faccione di luna piena chiazzato di rosso e il naso paonazzo che spiccava come una pallina in mezzo al viso.

Maigret al cinema

Les caves du Majestic è un film del 1944, tratto dal romanzo omonimo di Simenon. Fu girato da Richard Pottier, con Albert Préjean (Maigret), Suzy Prim (M.me Petersen), Odette Fiordi (Charlotte Donge), e prodotto dalla Continental. Il film è inedito in Italia.
Dopo le esperienze negative dei primi anni trenta, Simenon dichiarò più volte di non voler più cedere i diritti dei suoi romanzi al cinema. Ma già nel 1936, durante un’intervista, ammette che potrebbe succedere se avesse bisogno di denaro. Nel 1937 riprende i contatti con il cinema e successivamente incarica l’agenzia Synops di rappresentarlo per i diritti cinematografici dei suoi libri. Nel marzo del 1942, accetta di offrire in esclusiva il personaggio di Maigret ad Alfred Greven, che dirigeva la Continental, per la somma di cinquecentomila franchi. La Continental fu la casa di produzione che realizzò il maggior numero di film tratti dalle opere di Simenon. Era stata fondata a Parigi nel 1940 con il finanziamento dei tedeschi, per dare ai nazisti un certo controllo sul cinema francese (Cfr. Simenon e il cinema: un rapporto difficile, in Georges Simenon …mon petit cinéma, a cura di Angelo Signorelli Emanuela Martini Arturo Invernici, Bergamo Film Meeting 2003, pp. 141-142).
In quel periodo, la Continental produceva film spesso antisemiti. La stampa clandestina legata alla Resistenza iniziò quindi ad attaccare i film e a condannare tutti coloro, registi, attori e scrittori, che lavoravano per lacasa cinematografica di Greven. Simenon non solo cedette i diritti dei suoi libri alla Continental, ma anche a Radio-Paris, che dopo la liberazione, fu denunciata come strumento di propaganda nazista. Questi rapporti, alla fine della guerra, fecero sospettare Simenon di collaborazionismo e lo costrinsero ad emigrare in America (per ulteriori informazioni si veda la nota dettagliata n. 10 di Gianni Da Campo, in Stanley G. Eskin, Georges Simenon, Marsilio 2007, pp. 368-373; Patrick Marnham, L’uomo che non era Maigret. Ritratto di Georges Simenon, Milano 1994, pp. 233-234; Pierre Assouline, Georges Simenon. Una biografia, Edizioni Odoya 2014, pp. 274-276).
In ogni modo, la Continental produsse tre film in tre anni, tratti da romanzi del commissario Maigret: Signé Picpus, Cécile est morte e Les caves du Majestic. Le riprese di Picpus vennero realizzate nell’ottobre del 1942 da Richard Pottier, mentre Cécile est morte fu girato da Maurice Tourneur, nel dicembre del 1943.
Per Les caves du Majestic fu confermato per la terza volta Albert Préjean nel ruolo del commissario. Préjean era un ex pilota, attore di teatro e di cinema lanciato dal regista René Clair. Quando si vede il film, la prima cosa che colpisce è quanto fisicamente l’attore fosse differente dal commissario creato da Simenon. Lo sceneggiatore Charles Spaak rese Maigret molto più attivo e loquace di quanto lo sia nel romanzo: Prejan gira per l’albergo esibendo la sua eleganza e prestanza fisica, interrogando con ironia e umorismo, fino a sembrare quasi un guitto, come quando imita al telefono uno dei sospettati. Non ci stupisce, quindi, che Maigret, quando viene colpito da Mr Clark (nel film si chiama Petersen) risponde con un diretto alla mascella, mentre nel romanzo si limita a rimanere “impassibile come se avesse ricevuto un buffetto” e poi a sorridere “immaginando la faccia del giudice istruttore”.
Lo sceneggiatore Charles Spaak non si limitò a cambiare fisicamente e caratterialmente Maigret, modificò quasi completamente il romanzo di Simenon, rispettando solo la struttura principale del plot poliziesco. Charles Spaak invece di far iniziare il film con il ritrovamento del cadavere, si inventa un’intera giornata precedente l’omicidio, presentandoci la vittima come una donna odiosa che molti avrebbero desiderato morta. Spaak inserì nel film più personaggi rispetto a quelli presenti nel libro e modificò anche in modo radicale quelli creati da Simenon. Si inventò, inoltre, diverse scene, come quella in cui Maigret fa incontrare ad una cena Mr Clark e Donge, per decidere chi dovrà tenere il bambino.
È ben noto che Charles Spaak, sospettato di appartenere alla Resistenza, fu arrestato dalla Gestapo e fu costretto a terminare la sceneggiatura in carcere.
Dei tre film con protagonista Maigret prodotti dalla Continental, questo è considerato dalla critica il meno riuscito.In effetti, non si tratta di un grande film: non solo rimane ben poco del romanzo di Simenon nella sceneggiatura di Spaak, ma anche dello stile del cinema francese degli anni trenta e quaranta. La pellicola, però, è un documento storico di fondamentale importanza, perché è una testimonianza del progetto ambizioso di Greven, deciso a trasformare la Continental in una casa di produzione, simile a quelle presenti a Hollywood (Cfr. Charles Drazin, The Faber Book of French Cinema, Faber & Faber 2011, pp. 207-208).

Curiosità

«Commissario Maigret scomparso. Massima preoccupazione»
Dopo aver abbandonato il suo personaggio più famoso, Simenon dovette affrontare non solo l’ira del suo editore Fayard, ma anche quella dei suoi lettori, tanto che Claude Farrère, romanziere, membro dell’Accademia di Francia, se ne fece portavoce, spedendo un telegramma alla polizia giudiziaria: «Commissario Maigret scomparso. Massima preoccupazione».

Passaggio da Fayard a Gallimard
Dopo aver abbandonato l’editore Fayard, che lo voleva costringere a continuare a scrivere “Maigret”, Simenon fu contattato dal famosissimo Gaston Gallimard, che lo voleva nella scuderia della sua prestigiosa casa editrice. Curioso è come Simenon descrive il primo approccio con l’editore più importante di Francia:

“Mi recai, su suo invito trasmessomi da altri, da Gaston Gallimard. Egli mi disse: ‘ Io vorrei avervi come autore. Uno di questi giorni mangeremo insieme e fisseremo le condizioni a tavola. Iogli risposi: ‘Mi ascolti signor Gallimard – tutti lo chiamavano Gaston – primo: io non vi chiamerò mai Gaston; secondo: io non discuterò mai affari con voi in un ristorante; terzo: io desidero una dattilografa che assista al nostro colloquio e lo trascriva; quarto: io voglio che il vostro telefono sia staccato durante il nostro colloquio al fine di non essere interrotti’. Egli era sbalordito. Era uno dei Papi della letteratura. La Nouvelle Revue-Francaise, a quell’epoca, aveva operato una vera rivoluzione nel mondo letterario. Ebbene, redasse un contratto e lo firmò subito, e venne ogni anno, trattandosi di un contratto annuale, a una data determinata, sia a Nieul-sur-mer, in Charente Maritime e nel Midi, per rinnovarlo. Io non sono mai più ritornato nel suo ufficio da allora.” 

(Testimonianza di Simenon a Fenton Bresler, citata inGeorges Simenon, un uomo non come un altro, a cura di A. Del Vecchio e P. Guella, Mostra di immagini e opere dalla collezione Romolo Ansaldi, 3 aprile – 9 maggio 2008, pp. 57-58)

Tutti i brani de I sotterranei del Majestic sono tratti dall’edizione Adelphi, collana gli “Adelphi – Le inchieste di Maigret” – traduzione di Elena Vicari Fabris.

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I sotterranei del Majestic
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I sotterranei del Majestic
  • Simenon, Georges (Autore)

Articolo protocollato da Alessandro Bullo

Alessandro Bullo è nato a Venezia. Si è laureato in lettere con indirizzo artistico, mantenendosi con mestieri occasionali; dopo la laurea ha lavorato per alcuni anni presso i Beni Culturali e poi per la Questura di Venezia. Successivamente ha vissuto per quasi dieci anni a Desenzano del Garda per necessità di lavoro. Attualmente vive a Venezia e lavora come responsabile informatico per un’importante ditta italiana. Sue passioni: Venezia, il cinema noir, leggere, scrivere. Autori preferiti: Dino Buzzati, Charles Bukovski, Henry Miller. Registi preferiti: Elia Kazan e Alfred Joseph Hitchcock. È arrivato per due volte in finale al premio Tedeschi e una al premio Urania. Nel 2012 con “La laguna degli specchi” (pubblicato sotto lo pseudonimo Drosan Lulob) è stato tra i vincitori del concorso “Io scrittore”.

Alessandro Bullo ha scritto 66 articoli: