Il cavallante della ProvidenceProsegue con questo articolo la serie di recensioni dedicata ai romanzi di Georges Simenon con protagonista Maigret. L’ordine in cui sono pubblicate le recensioni segue quello cronologico di stesura e non di pubblicazione. Questo nostro secondo appuntamento con Maigret è dedicato quindi a Il cavallante della Providence(1997 – Adelphi – Emanuela Muratori traduttore), pubblicato in Italia anche con altri due titoli: Maigret si commuove (1966 – Mondadori – Elena Cantini traduttore) e Il carrettiere della “Provvidenza” (1932 – Mondadori – Guido Cantini traduttore).
Il romanzo fu scritto nell’estate del 1930, a bordo dell’Ostrogoth, e pubblicato da Fayard nel 1931, con il titolo Le charretier de “La Providence”.

Trama
Simenon ambienta la seconda inchiesta di Maigret nei pressi della chiusa di Dizy. Il villaggio di Dizy si trova nel dipartimento della Marna a circa 140 km ad est di Parigi. Poco prima dell’arrivo dell’alba, in una delle stalle, dove riposano sia i cavalli che trascinano le chiatte lungo il canale sia i cavallanti, viene trovato il cadavere di una donna strangolata. Responsabile delle indagini è il commissario Maigret che nota subito gli orecchini di perle, il braccialetto firmato, le scarpe di camoscio. Che cosa ci faceva quella donna sconosciuta dall’abbigliamento curato e mondano in un posto simile?
La sera successiva arrivano alla chiusa due stranieri che parlano inglese. Maigret mostra loro la foto della donna strangolata e non ancora identificata. Uno di essi, sir Walter Lampson, un colonnello inglese in pensione,  dichiara senza batter ciglio che si tratta di sua moglie, Mary Lampson. Il colonello invita poi Maigret a salire a bordo del suo yacht, la Croce del Sud. Qui il commissario scopre che Lampson non ha una fissa dimora, preferendo vivere sullo yacht insieme alla moglie e a Willy Marco, suo uomo di fiducia. Il colonello e i suoi compagni di viaggio vivono un’esistenza dissoluta al di sopra delle loro possibilità finanziarie.
Indagando sul passato di Mary Lampson, si scopre che questo non è il suo vero nome. Le tracce di catrame e crine di cavallo, trovate sul corpo della donna, inducono inoltre Maigret a sospettare dei padroni della Providence. La chiatta era, infatti, ormeggiata a Dizy la notte prima del ritrovamento del corpo.  Il padrone si chiama Jean Liberge, un tipo scontroso e taciturno che colpisce il commissario per il suo aspetto “primitivo”. Alcuni giorni dopo, il corpo senza vita di Willy Marco emerge dall’acqua di un canale, anche lui è stato strangolato …
Alla fine delle sue indagini, Maigret scoprirà che l’amore vero non si dimentica, che può ferire così nel profondo l’anima di un uomo da trasformarsi in odio, e questo odio diventare un’ossessione che conduce a distruggere l’oggetto stesso del desiderio …

Perché leggere “Il cavallante della Providence”?
Pur utilizzando la solita prosa scarna che lo ha reso famoso, Simenon ci offre una descrizione molto affascinante del funzionamento dei canali e delle chiuse: le imbarcazioni mercantili che percorrono il canale, i cavalli che dagli argini trascinano le chiatte.

Maigret aveva così imparato che la carretta è un rimorchiatore, che il panama è un’imbarcazione senza motore e senza cavalli propri, per cui a ogni viaggio deve ingaggiare un cavallante con le sue bestie, e che questo tipo di navigazione viene definito «a giornata».
(tratto da Il carrettiere della “Provvidenza”  – edizione 1932 della Mondadori)

All’epoca Simenon viveva insieme alla prima moglie sull’Ostrogoth, una imbarcazione ormeggiata presso Morsang-sur-Seine, un piccolo comune di pochi abitanti nella regione dell’Île-de-France. Simenon conosceva molto bene le osterie e i negozi che nascevano vicino alle chiuse, così come le persone e i marinai che le frequentavano. Da questa esperienza personale dello scrittore, scaturisce una rappresentazione molto realistica della vita fluviale dell’epoca.
L’ambientazione aiuta sicuramente Simenon nel suo volersi sganciare dal tipico intreccio giallo all’inglese, preferendo inserire personaggi ben definiti in una atmosfera reale.
È interessante notare come lo scrittore contrapponga due stili di vita: da una parte la gente rozza ma gentile e bonaria che lavora e vive presso la chiusa, dall’altra gli aristocratici che vivono sullo yacht di Sir Lampson. La prima cosa che colpisce Maigret salendo sullo yacht è l’aria malsana e pregna di odore di alcolici della cabina, acuita dall’uso di raffinati profumi. Il colonnello e il suo seguito vivono un’esistenza dedita all’ozio e al vizio. E lo stesso Maigret, che cerca sempre di comprendere le motivazioni anche delle azioni più atroci dei criminali, è nauseato dal loro modo di vivere.
In Il cavallante della Providence” viene mostrato come Maigret non abbia un vero e proprio metodo di indagine, ma ami immergersi nell’ambiente dove è avvenuto il crimine:

Tutti si chiedevano cosa pensasse, mentre in realtà non pensava nulla. Non stava nemmeno cercando di scoprire degli indizi nel vero senso della parola: si limitava a lasciarsi permeare dall’ambiente, a cogliere l’essenza della vita del canale, così diversa dalla vita a lui nota.

(tratto da Il carrettiere della “Provvidenza”  – edizione 1932 della Mondadori)

Anche in questo romanzo, come nel precedente Pietr il lettone, la fine è dedicata alle motivazioni che hanno condotto un uomo a uccidere. Stavolta, però, non è il colpevole a confessare ma lo stesso Maigret a rivelare quanto da lui scoperto. E anche in questo caso, il commissario pare quasi giustificare l’omicidio.

Altro tema tipico dello scrittore belga è quello della fuga. Simenon amava descrivere uomini delusi e falliti, costretti a fuggire da un passato oscuro e tremendo nel tentativo di rifarsi una vita. Si tratta di uomini alienati, sradicati dal proprio ambiente di origine. L’alienazione non è solo il frutto di questa separazione dal proprio passato, ma anche del desiderio intenso e paradossale per ciò che ha causato la fuga: in questo romanzo, l’amore per una donna volubile, interessata solo al denaro e al piacere. La vita ricostruita con fatica in un altro luogo e con un’altra compagna si rivela quasi sempre una “maschera”, che scivola al primo contatto con il passato che ritorna. A questo tema si lega spesso quello del destino inesorabile, che conduce i protagonisti a scontrarsi con quella parte di se stessi che credevano di avere sepolto e dimenticato: è la fatalità che fa incontrare Jean Liberge e la donna che amava e che lo aveva tradito. Questo tipo di trama sarà alla base di molti dei romanzi “impegnati”, scritti da Simenon tra il 1934 e il 1940.

Altro tema amato da Simenon è quello di sentirsi simile e al tempo stesso diverso dalla povera gente, vicino e distante. In molti romanzi, troviamo il protagonista che osserva da lontanto o da una posizione elevata la gente del popolo; lo sguardo è spesso colmo di affetto e di interesse. In questo romanzo, Maigret noleggia una bicicletta per andare da una chiusa all’altra, e dall’alto degli argini osserva con attenzione e partecipazione la vita dei marinai, dei battellieri, di tutta la povera gente che lavora presso le chiuse e i canali.

Alla terza chiusa comparve un sole ancora un po’ pallido, che faceva scintillare le goccioline d’acqua sui giunchi. Ogni tanto Maigret doveva scendere dalla bicicletta per superare i cavalli di qualche chiatta … Due di essi erano guidati da una bambina di otto o dieci anni, vestita di rosso e con una bambola in braccio. I villaggi erano quasi tutti piuttosto lontani dal canale, cosicché quel nastro d’acqua piatto e regolare sembrava dipanarsi nella solitudine più assoluta. Qua e là si vedevano dei campi, e uomini curvi sulla terra scura … Una chiatta stava caricando del gesso vicino a una cava, in una nube di polvere bianca che aveva completamente avvolto lo scafo e gli uomini intenti al lavoro.”
(tratto da Il carrettiere della “Provvidenza”  – edizione 1932 della Mondadori)

Curiosità
– Famosa la velocità con cui Simenon scriveva i suoi romanzi. Un capitolo al giorno e un paio di giorni per la revisione. Simenon stesso sostiene che, negli anni venti e trenta, poteva scrivere anche 80 pagine al giorno. In pratica terminava un romanzo in meno di due settimane. Simenon, inoltre, si rifiutava di correggere quanto scritto di getto.
– Nel 1929, Simenon si fa costruire una barca a vela e a motore di dieci metri. La battezza Ostrogoth e lui e la moglie ci vivranno per due anni, soggiornando solo per alcuni periodi nella casa di Parigi. In una delle cabine si trova la macchina da scrivere, ed è qui che prenderà vita il primo romanzo con protagonista Maigret, Pietr il lettone. In realtà pare che l’idea del personaggio di Maigret sia nata in un bar chiamato “Le Pavillon”, presso il porto olandese di Delfzijl. Mito o realtà che sia questo aneddoto, la nascita di Maigret in questa città olandese è oggi attestata da una statua del commissario, opera dello scultore Pieter De Hont.

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Il cavallante della «Providence»
  • Simenon, Georges (Autore)

Articolo protocollato da Alessandro Bullo

Alessandro Bullo è nato a Venezia. Si è laureato in lettere con indirizzo artistico, mantenendosi con mestieri occasionali; dopo la laurea ha lavorato per alcuni anni presso i Beni Culturali e poi per la Questura di Venezia. Successivamente ha vissuto per quasi dieci anni a Desenzano del Garda per necessità di lavoro. Attualmente vive a Venezia e lavora come responsabile informatico per un’importante ditta italiana. Sue passioni: Venezia, il cinema noir, leggere, scrivere. Autori preferiti: Dino Buzzati, Charles Bukovski, Henry Miller. Registi preferiti: Elia Kazan e Alfred Joseph Hitchcock. È arrivato per due volte in finale al premio Tedeschi e una al premio Urania. Nel 2012 con “La laguna degli specchi” (pubblicato sotto lo pseudonimo Drosan Lulob) è stato tra i vincitori del concorso “Io scrittore”.

Alessandro Bullo ha scritto 66 articoli: