Con la recensione di oggi ci spostiamo in Danimarca, protagonista Bastarde, romanzo di Gretelise Holm edito da Lantana.

Titolo: Bastarde
Autore: Gretelise Holm
Editore: Lantana
Traduttore: Bruno Berni
Anno: 2012

Danimarca. All’università popolare di Skovholm, all’indomani della festa mascherata per Ognissanti, viene ritrovato il corpo senza vita della studentessa Rebekka Madsen, strangolata nel suo letto con la corda di un accappatoio. Per l’omicidio, la polizia arresta il professor Jonas Kamper, insegnante e amante di Rebekka, dedito alle storie di sesso con le studentesse dell’università.
Durante il processo, tutte le prove e le testimonianze sembrano inchiodare Kamper, che viene condannato e vedrà quindi scemare la possibilità di riabbracciare presto moglie e figli.
A un anno di distanza, sarà proprio Sara, la moglie tradita che accettava di buon grado le scappatelle del marito, a chiedere alla giornalista in pensione Karin Sommer di indagare sul caso alla ricerca di qualche elemento che porti al ribaltamento della sentenza.
Le indagini controcorrente della Sommer, donna moderna e combattiva, ma in lotta contro gli spettri della solitudine dopo la morte del marito e quelli della mancanza di gratificazioni personali dovuti alla pensione, si svolgeranno in una Danimarca sconvolta dagli episodi di violenza che una psicopatica, ribattezzata “l’Amazzone” dai media, compie di pari passo con i fatti di cronaca nera: per ogni violenza su una donna, un atto di violenza su un uomo, per ogni femminicidio, un uomo morto.
Karin parlerà con tutti i personaggi che gravitano attorno a Jonas e Rebekka e grazie al suo intuito arriverà alla soluzione di entrambi i casi.

Furono in molti a vedere la Morte baciare lo Scheletro dietro la mostruosa ragnatela nell’angolo, ma demoni, diavoli e zombi non si scandalizzarono. Le storie fra insegnanti e allievi erano più la regola che l’eccezione alle feste dell’università popolare di Skovholm. In seguito, streghe, maghi, boia e pipistrelli avrebbero ricordato proprio quel bacio dietro la ragnatela, durante gli interrogatori della polizia.

Da amante dell’Europa del Nord, ho scelto Bastarde nella speranza di leggere una storia “ambientata in una città che dietro i ritrovi alla moda e gli scorci da cartolina nasconde mille ombre e inquietudini”, come promesso dall’editore in seconda di copertina. Mi aspettavo immagini vivide e atmosfere dense, ma le mie aspettative non sono state del tutto soddisfatte.
L’incipit mi ha subito entusiasmato, con uno stile molto personale che non indugia ma scivola sui fatti riportandoli con un’ironia un po’ cinica che, trattandosi di un thriller, fa ben sperare per il seguito. La Holm fa muovere i suoi personaggi identificandoli con la maschera che indossano e le scene prendono vita e colore davanti agli occhi del lettore, mescolandosi a pulsioni sessuali e sentimenti di gelosia che creano un mix interessante, oltre a gettare le prime ombre sui personaggi in gioco. Primo capitolo da manuale: l’attenzione del lettore c’è tutta.
In seguito il romanzo si spegne un po’, nel senso che devia dalla traccia che normalmente ci si aspetta da un thriller e diventa una storia più d’informazione che di suspance: il processo è descritto in dettaglio, con tutta una serie di riflessioni sul sistema giudiziario danese che, seppur potenzialmente interessanti, possono forse far calare l’attenzione del lettore italiano, poco coinvolto dal dibattito che si svolge in Danimarca sui meccanismi che regolano l’intervento della giuria popolare nei processi.
Terminato il processo, si apre una disquisizione abbastanza consistente sulla vita in carcere, e anche qui le informazioni non sono lesinate: l’autrice presenta quella che è la situazione delle carceri danesi e le problematiche che i detenuti e le loro famiglie – con un’attenzione particolare alle loro compagne e a come la vita di coppia, soprattutto dal punto di vista intimo, ne sia sconvolta – che non sembrano molto diverse da quelle di tutti gli altri paesi, compresa l’Italia. È una parte più interessante della precedente, forse perché meno tecnica, ma comunque molto diversa da quello che ci si aspetterebbe.
Le indagini della Sommer, se così si possono chiamare, sono in realtà delle chiacchierate, non molto intense e avvincenti, con i vari personaggi coinvolti, nemmeno troppo da vicino, con la vittima e il presunto assassino.
La scrittura dell’autrice è ottima, sono le atmosfere a mancare, la tensione, le ombre. Lo stile pulito e lineare non crea quelle suggestioni noir che a questo punto sarebbero necessarie per infondere carattere alla storia.
Degli “scorci da cartolina” promessi non c’è traccia e mi chiedo come mai si sia scritto una cosa del genere. Il paesaggio non viene mai descritto, ma tutta l’ambientazione è demandata a citazioni di luoghi e regioni che chi non conosce bene la Danimarca non può immaginare: Selandia, Jutland, Schleswig sono solo indicazioni sulla carta che non prendono forma, né colore, né odore. È un’occasione mancata per approfondire l’ambientazione e rendere il romanzo più corposo e interessate.
Per quanto riguarda i personaggi, in perfetto stile nordico la Holm non indugia più di tanto sulle loro emozioni e questo non dispiacerebbe, se ci fossero più scene ad alta tensione o se non altro più coinvolgenti, ma ci sono aneddoti che li rendono vivi e credibili. L’unica caratterizzazione che a mio parere non è molto riuscita è quella dell’Amazzone: i suoi flussi di pensiero sotto forma di lettere avrebbero reso meglio se sviluppati con uno stile più intimo ed empatico, e presentano alcuni casi di infodump.
L’elemento più interessante del libro è il suo filo conduttore, la tematica di fondo che muove tutta la storia, cioè la condizione femminile in Danimarca. La Holm, per mezzo dell’Amazzone, ci spiega che “la violenza è un delitto quasi impunito in Danimarca. Solo un quinto delle violenze denunciate porta a una condanna. Nel 60 per cento dei casi di aggressione […] l’accusa non procede all’azione legale perché considera insufficienti le prove. Infatti le parole di un uomo contano più di quelle di una donna. Amnesty International ha criticato lo Stato danese perché non difende i diritti umani delle donne, lasciando in pratica che la maggior parte delle violenze non porti a una condanna.”
Durante tutta la storia si evince che la Danimarca è sconvolta per le violenze compiute dall’Amazzone, ma dimentica quelle inflitte ogni giorno da tanti uomini a danno delle donne, come se le donne non siano anche loro capaci di essere violente.

In sostanza, per chi si aspetta un thriller classico questo romanzo può risultare un po’ lento. È un libro scritto in modo eccellente, con una trama non molto complessa ma coerente, che avrebbe potuto essere più coinvolgente se le parti di informazione e puramente descrittive fossero state alternate da altre più cariche di tensione. Romanzo non adrenalinico ma con un suo perché molto forte.

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Articolo protocollato da Ilaria Tuti



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